L’On. Palmieri ha descritto uno scenario d’azione collettiva, in cui ogni militante può trasformarsi sui social in un “missionario politico”, in grado di portare al capitale del proprio leader un apporto singolarmente piccolo, ma significativo nella somma dei vari militanti. Luca Donadel ha invece sottolineato l’importanza di presentarsi col proprio nome e cognome e col proprio volto, così da creare un rapporto di fiducia con gli utenti. A suo avviso, la scelta migliore per un influencer è quella di finanziarsi tramite le donazioni del pubblico, così da non dipendere da una piattaforma e le sue opzioni di monetizzazione.
Tommaso Longobardi, che ha oltre 650.000 seguaci su Facebook, ha svelato un segreto del suo successo nel saper sfruttare le falle dei media tradizionali, dando per primo notizie che essi hanno trascurato. Il rapporto si è rovesciato rispetto al passato, quando una notizia era tale solo se presente su tv e giornali: oggi Internet ha il potere di imporre una notizia ai media tradizionali.
Inevitabilmente si è toccato anche il tema delle fake news. Daniele Scalea, nell’introduzione a nome del Centro Studi Machiavelli, lo ha inquadrato come un tentativo di silenziare le voci di opposizione: “Oltre alla battaglia per comunicare efficacemente valori e soluzioni conservatori, bisogna combattere un’altra battaglia per essere liberi di comunicare tout court”. Tommaso Longobardi ha notato che spesso le bufale più virali non nascono come tali, ma sono pezzi satirici travisati dal pubblico. Polemicamente, il giovane web influencer, si è chiesto perché i vari Renzi e Boldrini, anziché denunciare le pagine fake solo al pubblico, non le denuncino anche alle autorità per farle chiudere.
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