di Ambassador*

La proposta di Luigi Di Maio di indicare Emanuela Del Re quale ministro degli esteri di un ipotetico governo M5S ha destato non poca delusione fra i diplomatici. Quello degli esteri è tradizionalmente un ministero pesante e di grande esposizione. Di conseguenza, pur con le inevitabili riserve per l’irrituale designazione dei ministri prima delle elezioni, fra le feluche ci si aspettava che per la Farnesina il M5S calasse l’asso: un candidato di forte peso politico e dal consistente curriculum internazionale. Il titolare degli esteri è il membro dell’esecutivo più esposto a livello internazionale e siede ai principali tavoli del mondo per difendere gli interessi dell’Italia. La scelta del M5S avrebbe dovuto essere coerente con questa esigenza.

Ora – si osserva alla Farnesina – la Del Re non sembra possedere l’autorevolezza che dovrebbe avere colui o colei che siederà alla scrivania che fu di Cavour. Sconosciuta ai più, come testimoniato impietosamente dai modesti 342 follower del suo profilo Twitter, la Del Re non dispone di un seguito popolare né di consensi elettorali, ciò che ne farebbe un ministro degli esteri dal peso politico nullo. Un dato, questo, di cui le principali cancellerie internazionali hanno già preso nota.

Inoltre, il profilo della ricercatrice non appare solido nemmeno alla luce del suo curriculum accademico: gli osservatori dell’attualità internazionale non ricordano suoi contributi di particolare rilievo, in termini di ricerche, analisi, pubblicazioni, agli studi di relazioni internazionali. La Del Re insomma non è considerata, fra gli addetti ai lavori, un’accademica di punta.

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Insomma – questa è la preoccupazione degli ambasciatori – l’eventuale nomina della Del Re agli esteri rischierebbe di accentuare la perdita di peso della Farnesina, ormai sotto gli occhi di tutti: negli ultimi anni infatti la dirigenza del ministero ha passivamente subito la riduzione all’osso di bilanci e risorse umane, con il risultato di inanellare un’imbarazzante sequenza di ceffoni internazionali, di cui il fallimento della candidatura di Milano a ospitare l’EMA – il cui successo era alla Farnesina dato per sicuro ancora il giorno del voto… – è solo l’ultimo, doloroso esempio.

Infine, osservano altri, il profilo della Del Re si distingue per altre due caratteristiche: l’orientamento politico a sinistra e il terzomondismo. Dato, questo, da cui emerge una palese comunanza di interessi fra M5S e centrosinistra, ciò che porta a pensare che la politica estera di un eventuale governo Di Maio si porrebbe in una linea di sostanziale continuità con quella del premier Gentiloni. Qual è il dato politico che emerge da questa vicenda? Innanzi tutto che questa fase politica, anche post-elettorale, sarà caratterizzato da un durissimo scontro per l’egemonia a sinistra fra M5S e PD, la cui contesa dell’elettorato progressista è destinata a lasciare sul campo morti, feriti e rovine. In secondo luogo che, tanto sul piano elettorale quanto su quello delle direttrici di politica estera, in particolare sui dossier europei, della sicurezza e dell’immigrazione, la vera alternativa è rappresentata da un esecutivo di centrodestra a forte trazione Lega.

* Pseudonimo di un gruppo di diplomatici italiani