Pare che finalmente la cappa del conformismo ideologico in Occidente attorno al mito del riscaldamento globale di origine antropica si vada allentando. In realtà il dissenso contro questa ipotesi – animata da una ideologia antiumanista e anti-industrialista – è sempre stato diffuso tra gli scienziati, nonostante le statistiche manipolate che la accreditavano di un presunto consenso unanime. Ma si trattava di voci intimidite dal bombardamento propagandistico, demonizzate come “negazioniste”. Ora invece sempre più spesso i ricercatori anticonformisti trovano il coraggio di alzare insieme la voce per contrastare allarmismi.
Un segno confortante in tal senso è la petizione diffusa qualche giorno fa da un nutrito e illustre gruppo di accademici italiani (geologi, fisici, oceanografi, astronomi, metereologi) guidato da nomi di indiscussa autorevolezza come Franco Prodi e Antonino Zichichi: petizione in cui si afferma che “è scientificamente non realistico attribuire all’uomo la responsabilità del riscaldamento osservato dal secolo passato ad oggi” e che dunque sarebbe un colossale errore promuovere politiche di “riduzione acritica della immissione di anidride carbonica in atmosfera con l’illusoria pretesa di governare il clima”. Parole di buon senso che danno nuovo vigore alla libera discussione sull’argomento.
In realtà l’impressione è che la recente comparsa sulla scena pubblica della giovane Greta Thunberg abbia contribuito in misura decisiva a rafforzare una reazione intellettuale e civile in senso opposto a quello desiderato dai suoi sponsor. Le sue prediche neo-savonaroliane, le sue profezie apocalittiche espresse in parole sciatte e generiche, hanno conseguito un clamoroso effetto boomerang. La dottrina che proclamava di voler “salvare il pianeta” ammantandosi di indiscutibilità scientifica si rivela improvvisamente per quello che è: una somma di infantili banalità e superstizioni, fondate sul senso di colpa atavico diffuso nella civiltà occidentale.
Eugenio Capozzi è professore ordinario di Storia contemporanea.
Professore ordinario di Storia contemporanea all'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. È Consigliere Scientifico del Centro Studi Machiavelli.
Fa parte del comitato scientifico della rivista accademica "Ventunesimo secolo. Rivista di studi sulle transizioni".
Che la giovane Greta sia un prodotto di laboratorio appare evidente a chiunque ma non è questo il problema. Del resto la propaganda si fa con i mezzi della propaganda. Un po’ piu’ difficile il negare la mano dell’uomo nei cambiamenti climatici. Innanzi tutti perché gli scienziati che dissentono sono veramente pochi…fisiologicamente pochi e scrivere che quelli che sostengono questa teoria siano solo dei pavidi che temono la vulgata mi sembra una teoria insostenibile proprio come la “spontaneita’” di Greta. Gli scienziati, al contrario, sono generalmente persone che dicono quello che pensano…proprio perché scienziati. Ma se anche, improvvisamente, tutti gli scienziati del mondo avessero deciso di compiacere una non si sa bene quale multinazionale, sostenere che il pianeta stia andando a ramengo a causa dell’uomo, è comunque funzionale ad un altro discorso. Ossia che è interesse di tutti noi occidentali che alcune potenze economiche emergenti e che inquinano massicciamente il pianeta, rallentino produzioni e crescita, quale conseguenza indiretta della riduzione delle emissioni. Giocare con giganti del calibro della Cina, come fa qualche dissennato membro dell’attuale compagine di governo, è estremamente pericoloso. Sarebbe il caso che questi giganti dell’italica politica estera si leggessero (non scrivo a caso rileggessero…)l’Arte della Guerra di un tal Sun-tzu dove dice che in una competizione tra stati “la strategia ottimale è in primo luogo quella che fa fallire i piani del nemico, in caso d’insuccesso, quella che ne fa fallire le alleanze, in terza battuta quella che fa fallire il modello strategico dell’avversarie e, solo come extrema ratio, quella che prevede d’affrontarlo e sconfiggerlo sul campo”. I cinesi Sun-tzu lo studiano lo applicano mentre noi, che strizziamo l’occhio a Pechino, non comprendiamo o fingiamo di ricordare di essere legati con un alleanza al competitore della Cina (vedi secondo punto della citazione) che invece Sun-tzu lo studia e si ricordera’, a tempo debito, di chi, tra i suoi alleati, gli ha remato contro.