Ho seguito e amato “Il foglio” sin da quando uscì il primo numero, nel lontano 1996. Allora ero un giovane ingenuo e non apprezzavo fino in fondo, come ho fatto poi, la politica del Cavaliere, a cui il quotidiano fondato e diretto da Giuliano Ferrara faceva costante riferimento. Forse è stata proprio quella talpa a scavare e a lavorare sulla mia coscienza e a far sì che io col tempo rivedessi tante mie posizioni culturali e politiche. Ma sono sicuro che, anche se io fossi rimasto lì da dove ero partito, nell’angusto mondo del liberalsocialismo nostrano, avrei letto e amato comunque il giornale. Il perché è presto detto: “Il foglio” era di parte ma lo era in un modo così raffinato, colto, anticonformista, che un liberale come me non avrebbe potuto assolutamente non apprezzare.

Tanti anni dopo, c’è stato l’innamoramento di Ferrara per Renzi, il “royal baby”, ma anche questo fatto segnava una continuità con la battaglia di sempre: “spezzare le catene della sinistra” e farla diventare una quasi destra. Poi, in tempi a noi vicinissimi, qualcosa di più sostanziale è successo, un filo si è spezzato. Sia chiaro: si può accettare tutto, anche un sostanziale cambio di linea politica in direzione liberal, europeista e multiculturalista, ma, a parte la repentinità sospetta della svolta, ciò che proprio non può andar giù ad un lettore di vecchia data come me è il cambio dello stile e del tono del giornale: ridotto a un foglio mainstream qualunque.

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I titoli ormai sono quelli di un giornale di partito, faziosi e manichei; ogni ironia (vi ricordate “il nostro amore” rivolto al Cav.?) e raffinatezza è stata messa da parte (a cominciare dagli editoriali del direttore); non si riesce più a cogliere i chiaroscuri delle vicende e dei personaggi; si dà spazio esagerato a vecchi tromboni del parastato o a leader e leaderini di quel partito-zombie che si chiama PD; non si colgono e intuiscono i nuovi movimenti che si fanno strada nello scenario globale, oltre che italiano. Fa poi un po’ pena come (tranne pochissime eccezioni, a cominciare da quella del grande Giulio Meotti) le firme del giornale si siano adeguate al nuovo clima. Quanto a noi, non ci resta che il ricordo di quel “Foglio” che abbiamo amato!


Corrado Ocone è un filosofo e saggista, tra i maggiori teorici contemporanei del liberalismo italiano.