In una recente intervista rilasciata al Financial Times, in occasione del G-20 di Osaka, Vladimir Putin ha svolto una radicale e profonda critica al liberalismo, sostenendo che esso sarebbe ormai “sorpassato” e “obsoleto”, e non più in grado di rispondere al modo in cui i rapporti politici e geopolitici si sono definiti negli ultimi trent’anni.

Su ciò, si è aperto – come era naturale che fosse – un ampio dibattito. In cui però molti confondono, senza distinguerli in alcun modo, ideologie profondamente diverse: il populismo, l’antiparlamentarismo, il sovranismo. Non credo – ed è sufficiente leggere l’intervento di Putin per rendersene conto – che la crisi del liberalismo coincida, per lui, con la necessità di esautorare le istituzioni democratiche ed in particolare il ruolo del Parlamento, dell’assemblea rappresentativa, nei nostri sistemi politici.

Certo, la concezione politica di Putin riprende alcuni dei motivi propri di una tradizione radicata in Russia, quella che lui stesso, in una intervista nel 2000, ha chiamato «democrazia guidata» o «sovrana». Ma è troppo facile liquidare il modo in cui la democrazia si è andata determinando e organizzando nella Russia post-comunista – e che ha sicuramente visto anche la critica di una democrazia liberale «d’importazione» – tacciandolo di “dittatura” o di “populismo”.

Bisognerebbe infatti analizzare tali trasformazioni della democrazia russa in corrispondenza con le sue esigenze geopolitiche, con il modo in cui la Russia uscita sconfitta dalla guerra fredda tenta, oggi, di ridefinire i suoi rapporti con l’Occidente. Per questo Putin con la sua intervista parla, soprattutto, agli occidentali e dell’Occidente, parla a noi europei ed alle nostre istituzioni. Forse per dirci, anche, che il neo-liberalismo è proprio ciò che ha prodotto una Europa, una Unione europea che di “democratico” ha l’“elezione” di una von der Leyen come Presidente della Commissione europea.

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Putin ha espresso, da vero leader politico – l’unico sul pianeta ad aver colto hegelianamente lo spirito del tempo – la trasformazione fondamentale della politica del XXI secolo rispetto a ciò che lo ha preceduta, ossia la sua ridefinizione attraverso l’opposizione populismo/globalismo, che ha ormai sostituita quella, obsoleta, tra destra e sinistra. E’ questo il messaggio che Putin ha lanciato, ed è questo che spiega nel contesto anche la sua difesa dei valori religiosi, del cristianesimo ortodosso quale radice dell’ identità russa e della famiglia tradizionale: Putin ha capito che il populismo a livello planetario, e il sovranismo in Europa, sono le categorie su cui dovrebbe essere costruita, oggi, una nuova teoria politica, dopo il fallimento delle grandi narrazioni – e tra queste anche quella del liberalismo.


Paolo Becchi, docente universitario, è saggista ed editorialista di «Libero»