Dall’insediamento di Donald Trump alla Presidenza statunitense si è assistito ad una totale inversione di tendenza dell’azione esecutiva sia nel panorama politico interno sia in quello internazionale.
Per il tycoon di New York la Presidenza, nello scacchiere internazionale, doveva sfruttare completamente gli strumenti militari coordinandosi con quelli della diplomazia e delle pressioni economiche (ad es. le sanzioni). L’obiettivo finale era di obbligare gli alleati ad accettare le richieste di Washington; mentre per quanto riguarda gli avversari, l’obiettivo primario era costringere quest’ultimi ad aprire tavoli negoziali, in cui rivedere gli accordi precedenti. Accordi che secondo Trump sono fortemente svantaggiosi per gli Stati Uniti.
Nel pensiero di Donald Trump le relazioni bilaterali sono inserite in un percorso preferenziale, con il fine di instaurare un rapporto diretto. Così il Presidente mette in soffitta la piattaforma obamiana del multilateralismo. Nella sua visione la riorganizzazione della politica estera ha come obiettivo la sfida a quello che viene visto come il futuro competitor nella partita globale: la Repubblica Popolare Cinese.
Dopo la sua vittoria e l’insediamento nello studio ovale Trump incomincia ad applicare una strategia aggressiva. Nella odierna guerra commerciale vengono colpite, in primis, il 5G e la Huawei, che viene esclusa, su pressione di Washington, dai bandi di sviluppo per la rete infrastrutturale.
Nei pensieri di Trump ciò deve spingere la Cina a rinegoziare gli accordi commerciali con Washington, nel tentativo di attuare un contenimento della potenza asiatica, con il fine di conservare lo status di potenza egemonica globale e nel Pacifico agli USA.
L’allarme sulla modernizzazione militare cinese, per Trump, è un chiaro segnale delle ambizioni egemoniche della Cina. Al pari del progetto delle nuove vie della seta, Belt and Road Initiative, piano che mira a collegare, attraverso un piano infrastrutturale mastodontico, la Cina con il vecchio continente connettendo le varie economie dell’Asia. Per gli ambienti statunitensi il progetto di Xi Jinping nasconde una globalizzazione con caratteristiche cinesi e un rafforzamento, a discapito degli USA, della proiezione di potenza di Pechino.
Ma per colpire la Cina, Trump comprende che deve contenere la sua espansione in Europa e ricostruire un dialogo serio con la Federazione Russa di Vladimir Putin. Un dialogo con la Russia sarebbe necessario per allontanare Mosca dall’alleanza di convenienza con la Cina di Xi Jinping. Per diversi analisti l’asse Mosca-Pechino rischia, nel lungo-periodo, di veder diventare il Cremlino il junior partner.
Francesco Cirillo
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