Lo storico Marco Gervasoni, membro del Consiglio Scientifico del Centro Studi Machiavelli, si è visto togliere il corso che da anni teneva presso la LUISS, università romana patrocinata da Confindustria. A causare la fine del rapporto, secondo quanto raccontano i media (vedi in particolare l’articolo di Daniele Capezzone su “La Verità”, non smentito dall’Ateneo), non sarebbero state manchevolezze in ambito di insegnamento o ricerca (ricordiamo che Gervasoni è professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università del Molise), bensì la sua attività in Twitter, dove esterna cinguettii “sovranisti” evidentemente in grado di scandalizzare la buona borghesia che frequenta la LUISS.

In particolare, nell’occhio del ciclone è finito un suo tweet in cui auspicava, in linea con la proposta di Giorgia Meloni, che la Sea Watch fosse, dopo la confisca dello scafo, affondata. Per quell’opinione espressa dal Prof. Gervasoni l’ANPI Molise ne aveva richiesto anche il licenziamento dall’ateneo campobassano, ma fortunatamente nell’università pubblica permangono solide tutele alla libertà di pensiero ed espressione dei docenti. Fatto quest’ultimo sgradito a chi mira a unanimità bulgare (e “progressiste”) nei centri intellettuali, ma che si sta risolvendo alla radice non facendo proprio entrare nei ranghi accademici chi si distingue per pensiero dissonante.

Tornando a Gervasoni, va notato che, laddove un ateneo privato ha senz’altro il diritto di improntare l’insegnamento alla propria visione ideologica, non risulta che nei propri corsi lo storico abbia professato visioni in antitesi col credo confindustriale. Ciò che fa o dice da privato cittadino, sempre nell’ambito della legalità, rientra nelle tutele istituzionali alla libertà di pensiero ed espressione e non dovrebbe giustificare la perdita di un lavoro.

A rendere ancor più fosco il quadro, una Sottosegretaria dell’attuale Governo, Alessia Morani, ha usato un tweet per ironizzare compiacente sul licenziamento del Prof. Gervasoni. È bene ricordare il contesto in cui ci troviamo: il principale social network ha bloccato le pagine di due piccoli partiti d’opposizione (mossa subito elogiata da “Repubblica”, quotidiano di riferimento della Sinistra italiana), il Premier ha aperto le porte all’introduzione di nuovi reati d’opinione e teorizzato che il potere giudiziario abbia la facoltà di reinterpretare ogni norma approvata dal legislativo; quest’ultimo fine settimana i gazebo del principale partito d’opposizione sono stati oggetto d’episodi di violenza ed intimidazione. Ed ecco che un membro del Governo si permette di compiacersi se un professore universitario viene allontanato da un ateneo perché esprime idee in consonanza con quelle dell’opposizione.

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Per mesi i commentatori e i politici di sinistra hanno denunciato una minaccia al sistema e alle libertà democratiche. Finora avevamo pensato che fosse solo retorica anti-salviniana, ma forse abbiamo colpevolmente mal compreso il loro messaggio: più che una denuncia, era una dichiarazione d’intenti.


Daniele Scalea è Presidente del Centro Studi Machiavelli.

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Fondatore e Presidente del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Scienze storiche (Università degli Studi di Milano) e Dottore di ricerca in Studi politici (Università Sapienza), è docente di "Storia e dottrina del jihadismo" presso l'Università Marconi e di "Geopolitica del Medio Oriente" presso l'Università Cusano, dove in passato ha insegnato anche in merito all'estremismo islamico.

Dal 2018 al 2019 è stato Consigliere speciale su immigrazione e terrorismo del Sottosegretario agli Affari Esteri Guglielmo Picchi; successivamente ha svolto il ruolo di capo della segreteria tecnica del Presidente della Delegazione parlamentare presso l'InCE (Iniziativa Centro-Europea).

Autore di vari libri, tra cui Immigrazione: le ragioni dei populisti, che è stato tradotto anche in ungherese.