Povero Giovanni Gentile, che per tutta la vita, prima che essa gli venisse strappata dai partigiani comunisti in un attentato terroristico, aveva indicato nei maestri e nei professori di scuola superiore le forze atte a fare gli italiani. Oggi, se esistono elementi di disgregazione non solo della nazione ma della stessa società, sono invece da cercare proprio lì.

Ultimo caso, i professori di un liceo di Venezia, boicottatori dell’invito rivolto dal dirigente scolastico ad alcuni graduati della Guardia di Finanza per commemorare il 4 novembre. Cacciati dalla scuola i militari. Che la vittoria non si festeggi! Che non se ne parli proprio, anzi che ce se ne dimentichi. Fare il contrario, sentirsi orgogliosi di quella data, magari cercare di accendere in adolescenti, nati più di un secolo dopo quelli che andarono a morire, una scintilla di interesse, e pure di passione; che non sia mai. Quei professori sono ideali eredi dei bolscevichi che, proprio un secolo fa, bruciavano i tricolori e lanciavano sassi e insulti sui reduci di ritorno dalle trincee. Ma almeno quelli possedevano una idealità, sia pure deviata, credevano nel comunismo. I loro discendenti invece, al di là dei truci slogan che immaginiamo lordare le loro bocche, non credono in nulla: il nichilismo, l’egoismo più misero, la più totale povertà di spirito, il disprezzo verso ogni forma di idealità, li anima e li fa vivere, ammesso che di vita si possa parlare. E poi, certo, ignoranza, tanta ignoranza. Peccato per quei giovani costretti ad essere diseducati da docenti così.

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Questo fatto meschino di cronaca ci invita a festeggiare il 4 novembre con ancora maggiore forza. E a chiedere, a un eventuale nuovo governo (da questo, asservito anche ai paesi che allora sconfiggemmo, nulla si può pretendere) che il 4 novembre ritorni ad essere giorno festivo, e che non sia coperto dal linguaggio anodino del politicamente corretto, ma che il nome sia: festa della Vittoria. Né più né meno di quanto fanno i francesi l’11 novembre. Noi abbiamo smesso di festeggiare il 4 novembre un po’ per economia un po’ per pavidità ma soprattuto per quella postura da cappello in mano che larga parte della classe politica della prima e della seconda repubblica ha dimostrato verso l’Unione europea e verso la Germania. Si adombreranno i secondi se ricorderemo che, anche quella guerra, la persero? Peggio per loro. Noi siamo felici di celebrare quel giorno.


Marco Gervasoni , professore ordinario di Storia, è consigliere scientifico del Centro Studi Machiavelli.