L’Unione Europea elargisce fondi a un think-tank (SETA) legato al partito islamista turco AKP (quello di Erdoğan per intenderci) per scrivere e pubblicare un rapporto sull’islamofobia in Europa. Ebbene sì, adesso anche la Turchia, paese tristemente noto per la violazione dei diritti umani di oppositori politici, giornalisti non allineati e curdi, si permette di dare lezioni di tolleranza, ovviamente prendendo di mira il sovranismo, ritenuto dagli autori il grande responsabile della presunta ondata islamofobica (in copertina campeggia niente meno che Matteo Salvini). Da notare che l’UE finanzia il report, ma prende preventivamente le distanze da esso: “…Il contenuto è prettamente sotto la responsabilità dei rispettivi autori dei report nazionali e non riflette necessariamente la visione dell’Unione Europea“.
La parvenza di formalismo accademico-scientifico del report traballa verso l’attivismo ideologico-politico già in terza pagina quando, nell’indice dei Paesi europei analizzati, compare “Ucraina e Crimea occupata”. Da notare poi come il termine “islamofobia” venga trasformato in un gran calderone che ingloba in maniera confusa concetti come “Islam”, “islamismo” e persino il fenomeno migratorio, tutto in chiave anti-destre chiaramente.
Il paradosso, sul caso italiano, si raggiunge però nel momento in cui gli autori tirano in ballo un collegamento tra “clima xenofobo e anti-Islam”, alimentato (sempre secondo loro) da vari attori tra cui i quotidiani di destra, e un presunto aumento di atti violenti nei confronti di immigrati e musulmani. Purtroppo però non risulta chiaro in base a quali indicatori oggettivi gli autori siano giunti a tale conclusione; del resto sono loro stessi, a pagina 4, ad affermare che in Italia non esistono dati ufficiali provenienti da istituzioni o pubblici uffici e dunque le informazioni devono essere reperite da Ong o “movimenti anti-fascisti” come il sito web “Cronache di ordinario razzismo”. Insomma, non i migliori presupposti per una ricerca scientifica con tanto di finanziamento dell’UE.
Tornando alla Turchia, è paradossale che un Paese noto come una delle più grandi galere per giornalisti al mondo, più volte preso in castagna mentre riforniva jihadisti in Siria e li curava nei propri ospedali, in territorio turco, il cui presidente Erdoğan glorificava e incitava bambini al martirio, pensi di poter impartire lezioni.
Ankara farebbe bene a tacere e a rivolgere l’attenzione a casa propria mentre l’Unione Europea dovrebbe esaminare attentamente i propri referenti prima di elargire fondi ed incorrere in situazioni di tale imbarazzo.
Giovanni Giacalone è senior analyst presso l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Itstime) dell’Università Cattolica di Milano e presso il Center for Strategic Analysis (Kedisa) di Atene.
Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.
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