di Veronica Veronese

Già all’inizio dell’era moderna il Potere veniva dipinto come prerogativa soprattutto maschile, il che se da una parte trova fondamento nei diversi contesti sociali, dall’altro ha fatto comodo ad una certa propaganda che ha raggiunto senza difficoltà i nostri giorni.

La Storia dimostra che di Donne al potere ve ne sono sempre state poche, eppure tutte coloro che hanno raggiunto l’apice di Regni ed Imperi si sono rese indimenticabili, tutte ben coscienti della loro differenza rispetto al mondo maschile, ma da tale divergenza ne hanno costruito la propria forza. L’imperatrice Eugenia, storica consorte del più celebre Napoleone III, seppe bene come rubare la scena politica nella sua epoca risultando poi ben oltre che una semplice moglie. Sicché fu proprio lei a dire: “All’inizio dell’Impero ero la donna inutile, adesso sono divenuta la donna fatale, che si è resa responsabile di tutte le vittorie e di tutte le sventure. La mia leggenda è fatta, e la leggenda vince sempre sulla storia”, assumendo nel corso della sua vita sempre più potere e risultando essenziale per lo stesso marito che la riteneva la sua più affidabile stratega.

Quindi, per quanto la storia subisca continuamente interpretazione in chiave favorita all’ideologia di riferimento, è giusto mettere in chiaro che il dualismo donne-potere non è mai stato estraneo alla logica dei moderni, ancor prima che movimenti femministi potessero occuparsene. Risulta chiaro che un’analisi di questo tipo necessiterebbe delle dovute precisazioni relative a classe sociale e status economico, eppure far riferimento ad esempi noti permette di comprendere la faziosità relativa a certe contemporanee campagne che vedrebbero nella donna un essere a parte incapace di autodeterminarsi senza quote rosa o aiuti esterni. A questo proposito è proprio la politica spicciola e quotidiana a mettere in risalto le contraddizioni di un sistema che difende le donne senza mai sceglierle: perché per quanto risulti strano alla narrazione neofemminista, è proprio la destra oggi ad avere più fiocchi rosa in posizioni di risalto e leadership.

Se da un lato questo polo femminile ha risentito della propaganda relativamente bassa e sessista portata avanti dalla sinistra quando bisognava contrastare le politiche berlusconiane, dall’altro non si è fatto scoraggiare inglobando sempre più Donne competenti e di ferro. C’è da riconoscere che il mainstream non rende facile e fruibile il riconoscimento di queste figure nell’agone politico conservatore; sotto questo aspetto lavora tanto una questione di sconvenienza pubblicitaria: infatti siamo abituati ad una narrazione che ci parla di donne forti e progressiste che si candidano contro l’uomo “etero, bianco e cattivo”, esaltando questa contrapposizione come se fosse un romanzo tolkeniano tra bene e male. Basti riflettere su quanta pubblicità sia stata riservata a personaggi come Alexandra Ocasio Cortez, Hillary Clinton e Michelle Obama, esaltate tanto anche dalla nostra stampa nostrana e dalla Michela Murgia che ha dedicato un libro alle “donne”, raccolte tutte ovviamente dal credo femminista.

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Eppure è giusto ricordare, soprattutto alle giovani donne che si apprestano ad entrare in politica senza sentirsi attratte dalle idee progressiste, che esistono ben altre figure che non hanno bisogno di citare il manspreading o fare la guerra alla controparte maschile, e in Europa come nel mondo rappresentano sempre più un’altra percentuale nelle cariche di potere. Abbiamo Marine Le Pen e Marion Maréchal in Francia, Siv Jensen primo ministro in Novergia, Inger Støjberg, già ministro dell’immigrazione in Danimarca, Alice Weidel candidata cancelliera della AfD nel 2017 in Germania, Pritti Patel ministro dell’interno del governo Johnson. Le uniche due donne primo ministro del Regno Unito sono espressione del Partito Conservatore: Margaret Thatcher e Theresa May. Fuori dall’Europa c’è Aylet Shaked già ministro della giustizia di Netanyahu, e in Usa Nikki Haley, già ambasciatore all’Onu di Trump. Arrivando al Belpaese gli esempi sono lampanti: Giorgia Meloni risulta essere l’unica leader donna di partito. Forza Italia, che tanto in passato è stata criticata da una strumentale stampa, è oggi l’unico partito ad avere come capogruppo due donne.

Entrare nel contesto politico è molto semplice, ma farsi valere e raggiungere alte cariche richiede una dose di sforzo e resistenza che delle volte sono sinceramente fuori dal comune. Non è semplice per i colleghi uomini, ma forse ancor meno lo è per le donne, soprattutto se sono stordite da una propaganda che le obbliga ad occupare un mondo a parte, messe al pari di una categoria senza arte né parte. Ed è proprio per questa ragione se a destra vi sono più esempi di leadership e comando rispetto alla controparte di sinistra: non vi è una guerra aperta al sesso in quanto tale, non c’è bisogno di imitare l’uomo né volersi sostituire ad esso. La donna di destra sa che se vuole raggiungere un ruolo dovrà combattere con tutte le sue forze per ottenerlo; è spesso una tra poche perché le altre del suo stesso sesso hanno simpatie politiche diverse, sicché sin da giovane è abituata a combattere il doppio per affermarsi nella società, e specularmente farà lo stesso in politica. Bisogna restare in piedi e dimostrare competenza e cultura, vi sono guerre e guerre, ma l’importante è proseguire senza lasciarsi intimorire da poteri ben più veri e tangibili del patriarcato, andando avanti combattendo duramente ma senza mai perdere la tenerezza.

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Politologa e romanticamente innamorata di un'idea di Italia ed Occidente che non c'è più. Attualmente blogger.