Estratto dal libro “Vaticano e Russia nell’era Ratzinger” (Tau Editrice)
La comune “battaglia culturale” portata avanti dalla Chiesa ortodossa russa e da quella cattolica, secondo l’analisi di Roccucci, avrebbe dei risvolti geopolitici che coinvolgerebbero anche il governo russo: infatti, se l’Europa conserverà un profilo cristiano, ascoltando i moniti del patriarca e del papa, risulterà più facile per la Russia di Putin mantenere buoni rapporti con il nuovo soggetto sovrannazionale. In questo caso, infatti, si potrà scongiurare più agevolmente una linea continentale ostile alla politica estera putiniana, sia rivendicando l’appartenenza russa alla stessa civiltà degli Stati comunitari, sia avvalendosi dell’influenza spirituale del Patriarcato di Mosca su paesi aderenti all’UE.
In una prospettiva di cooperazione con l’UE, considerata partner chiave sulla scena internazionale, il Cremlino diventa, strumentalmente, il principale sponsor del dialogo interreligioso tra le due Chiese sorelle. Infatti, «la sostanziale concordanza di vedute con il pensiero di Benedetto XVI» suggerisce alla Chiesa ortodossa russa, con l’avvento del pontificato ratzingeriano, di considerare quella cattolica come l’alleata naturale per la definizione di un profilo identitario dell’Europa contemporanea, che tenga conto del cristianesimo. L’asse culturale tra cattolici ed ortodossi russi viene interpretato in ottica politica dal Cremlino: effettivamente, Putin vi rintraccia l’opportunità per creare una connessione con la Roma cattolica, utile in considerazione dell’autorevolezza di cui essa dispone all’interno della società occidentale.
Il diplomatico russo Ghennadi Uranov riconosce che: «Il fattore Vaticano diventa sempre più presente nello spazio della politica estera della Russia. Certo è che il successo del dialogo tra la Chiesa russa ortodossa e la Santa Sede, una crescente intesa tra di loro, contribuirebbe molto all’ulteriore approfondimento delle relazioni interstatali russo-vaticane». Allo stesso modo, secondo Roccucci, «per la Chiesa di Roma che elabora […] la sua visione geopolitica in una prospettiva prevalentemente europea, la Russia non [può] essere ignorata». Ciò risulta particolarmente vero con Benedetto XVI, il quale identifica nell’autoproclamazione di Mosca a Terza Roma nel XV secolo, l’evento storico che comprova come «l’Europa […] più che come luogo geografico, […] è qualificabile prevalentemente come un concetto culturale».
Del resto, dopo la fine della contrapposizione bipolare, la Chiesa cattolica, secondo l’analisi di Fabrizio Mastrofini, prediligerebbe un’idea multipolare delle relazioni internazionali. Ratzinger, in particolare, appare piuttosto critico di fronte alla realtà di un mondo unipolare plasmata dal processo di globalizzazione in corso: nei suoi interventi che affrontano l’argomento del nuovo assetto internazionale, Benedetto XVI lascia trasparire una preferenza per la «ragionevolezza della cooperazione» adatta ad un «quadro policentrico», piuttosto che per la stabilità globale garantita dall’unipolarismo. Tenendo conto di questo, Fausto Fasciani sostiene che durante il pontificato benedettino, «la diplomazia vaticana […] si è mossa nella direzione di favorire la costruzione di un mondo che vedesse la presenza di più attori». Alla luce di ciò, si capisce cosa spinga il già citato Uranov ad affermare che: «Ambedue le parti hanno praticamente gli stessi fondamentali approcci per la vita internazionale di oggi […]. La Russia si esprime perché il nuovo mondo multipolare con la sua interdipendenza economica ed il suo completarsi reciproco porti con sé la democratizzazione dei rapporti internazionali, assicuri la giustizia alla gente ed ai popoli».
Difatti, la visione vaticana delle relazioni internazionali fa sì che il Cremlino, impegnato a rilanciare l’aspirazione russa ad un mondo multipolare, guardi con particolare interesse all’attività della Santa Sede specialmente durante il pontificato di Benedetto XVI. La ricerca di una connessione con la Roma cattolica, in una prospettiva di interessi geopolitici, viene perseguita dalla Russia di Putin attraverso l’impegno a favorire una cooperazione tra il Vaticano ed il Patriarcato di Mosca. Nella lettura di Uranov, la scelta di questa strada risulta particolarmente opportuna, considerando che nel mondo contemporaneo «molti problemi internazionali rivestono […] il carattere non solo di problemi interstatali, ma anche di problemi interreligiosi». La stretta correlazione esistente tra il Cremlino ed il Patriarcato, unita alla «specificità del Vaticano, stato sovrano, da una parte, e centro della Chiesa universale, dall’altra», fanno sì che, durante il pontificato di Benedetto XVI, l’accelerazione del dialogo interreligioso tra cattolici ed ortodossi russi vada di pari passo con il miglioramento delle relazioni bilaterali tra la Santa Sede e la Federazione Russa. Non a caso, i passi in avanti registrati nei rapporti diplomatici russo-vaticani hanno sempre o seguito o preceduto altrettanti passi in avanti fatti nel cammino ecumenico tra le due Chiese.
Nico Spuntoni è uno storico e vaticanista.
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