Quando nel 2012 Usman Khan (l’attentatore del London Bridge di venerdì scorso) fu condannato a 16 anni per terrorismo, il giudice stabilì che – stante la sua enorme pericolosità – avrebbe potuto accedere alla libertà condizionale solo previa valutazione di un’apposita commissione. L’anno seguente, tuttavia, la Corte d’Appello riconobbe al ventiduenne, che progettava attentati in Gran Bretagna e aveva creato in Pakistan un campo d’addestramento per estremisti, l’automatico rilascio sulla parola una volta scontati 8 anni di carcere. Eppure l’estremista anglo-pakistano non ha nemmeno dovuto attendere questi otto anni, perché dopo sei, a fine dicembre 2018, era già fuori con braccialetto elettronico e obbligo di incontri bisettimanali con agente di custodia specializzato sull’estremismo.

Arrivato dietro le sbarre, Khan si era subito affrettato a dichiararsi pentito e a chiedere di partecipare a un programma di “deradicalizzazione”. Cominciò a collaborare con “Learning Together“, il programma dell’Università di Cambridge contro “la stigmatizzazione sociale dei detenuti”. In teoria non composto di sprovveduti, essendo afferente all’Istituto di Criminologia. Learning Together utilizzò persino i fondi raccolti in una campagna di beneficienza per regalare a Khan uno speciale computer compatibile coi termini della libertà condizionale: questa donazione è stata utilizzata da Cambridge per promuovere pubblicamente la propria iniziativa.

All’inizio di quest’anno, il “terrorista pentito” aveva partecipato a un evento organizzato dal governo britannico sulla deradicalizzazione. Scortato da poliziotti. Venerdì scorso, l’ormai affidabile Khan ha preso parte, senza sorveglianza specifica, al convegno dei suoi benefattori di Learning Together. E li ha ringraziati uccidendo due di loro.

LEGGI ANCHE
Da Londra a Roma, perché la Destra si sta sgonfiando

Così finisce la storia di un lupo famelico in mezzo ad agnelli più buoni(sti) che furbi. Una piccola e triste metafora di come l’Occidente stia affrontando la sfida lanciata dagli islamisti.


Daniele Scalea è Presidente del Centro Studi Machiavelli.

Fondatore e Presidente del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Scienze storiche (Università degli Studi di Milano) e Dottore di ricerca in Studi politici (Università Sapienza), è docente di "Storia e dottrina del jihadismo" presso l'Università Marconi e di "Geopolitica del Medio Oriente" presso l'Università Cusano, dove in passato ha insegnato anche in merito all'estremismo islamico.

Dal 2018 al 2019 è stato Consigliere speciale su immigrazione e terrorismo del Sottosegretario agli Affari Esteri Guglielmo Picchi; successivamente ha svolto il ruolo di capo della segreteria tecnica del Presidente della Delegazione parlamentare presso l'InCE (Iniziativa Centro-Europea).

Autore di vari libri, tra cui Immigrazione: le ragioni dei populisti, che è stato tradotto anche in ungherese.