C’è un detto popolare che da un po’ di anni a questa parte è entrato a far parte dei luoghi comuni dell’elettorato italiano: “La Destra vince le elezioni ma non governa”. La tendenza politica della nostra storia nazionale e regionale ne è fedele dimostrazione: capiamo il perché.
Sottovalutare la vittoria è un errore che ci riesce bene, soprattutto quando – una volta vinte le elezioni in un determinato contesto – non c’è volontà di promuovere e costruire una base culturale solida ed efficace, attraverso think tank, associazioni ed elementi di aggregazione utili a coltivare una classe di intellettuali che guiderà la linfa ideologica dei movimenti. Esistono tante realtà nella Destra che da diversi anni operano in questo settore: conviene dirlo e ricordarlo poiché il lavoro svolto non è affatto semplice, ma chissà perché risulta complesso creare un dialogo attivo con i partiti, tant’è che nel contesto politico questo compito sembra superfluo e non necessario.
Spieghiamoci bene: se in un contesto partitico non si tiene conto dell’importanza rappresentata dai serbatoi di pensiero affini, allora molto probabilmente si lavora semplicemente per avere militanza fine a se stessa, incapace di costruire una coscienza collettiva solida e che permetta ai più di andare oltre una tornata elettorale. Ahimé, la nostra area politica soffre di un vero e proprio snobismo nei confronti delle realtà metapolitiche, il che è assurdo se si considera quante ce ne siano a destra. Basti pensare alle tante scuole di formazione politica che offrono la possibilità di affrontare argomenti e dibattiti con professori ed intellettuali, permettendo ai più giovani di venire in contatto con realtà che – per poca esperienza e mancata cultura militante- ancora non toccano né capiscono. Non v’è, insomma, questa volontà di creare una rete solida e cooperante tra cultura e politica. Ripeterlo fa sembrare queste parole vuote, eppure senza una reale costruzione culturale si ripeterà quello schema politico che ci vede vincitori e perdenti, tutto nel giro di una legislatura.
Al tempo stesso la classica malattia gerontocratica all’italiana, come colpisce la Sinistra, tocca fondamentalmente anche la Destra: i movimenti giovanili il più delle volte rischiano di essere una caricatura di quello dei senior, le attività partitiche si limitano alla formulazione di slogan elettorali insegnati a memoria, ma nessuno è davvero interessato a formare quei ragazzi che potrebbero rappresentare la classe dirigente del domani. Non c’è bisogno di alimentare un giovanilismo superficiale, ma chi ha la possibilità di formare gruppi di giovani meritevoli a crescere, deve farlo. Ha il dovere di garantire un passaggio del testimone, fare da guida come, molti anni prima, qualcuno ha fatto con lui, perché solo in questo modo le idee possono tramandarsi e continuare ad esistere e svilupparsi. Citando Almirante, che si rifaceva a Virgilio, lo stesso dovrebbe essere portato avanti da coloro che hanno il potere decisionale, perché soltanto con un attento investimento nelle attività della società civile, con la formazione della cultura politica, c’è la possibilità di costituire un’alternativa forte alla Sinistra.
Al tempo stesso, i risultati delle elezioni in Emilia Romagna devono farci da specchio per comprendere quanto sia difficile scardinare un sistema che va avanti da più di mezzo secolo: non può bastare una tornata elettorale né ci si può limitare a frasi tattiche per acquistare le simpatie elettorali sul momento. È necessario lavorare sulla crescita culturale e politica del lungo periodo, attraverso quindi una formazione serrata che permetta ai migliori all’interno del partito di emergere e guadagnarsi la stima della gente, evitando che vi sia un Ancien Regime partitico dove gli unici volti che si impongono sono figli di bravi opportunisti e giovanotti con poca cultura, ma tante coperture alle spalle.
Tornando all’Emilia Romagna, bisogna riconoscere che lo stacco tra Centro-Sinistra e Destra-Centro si è notevolmente ridotto rispetto al passato: questo è un segnale positivo, ma è necessario continuare a lavorare in questo senso, e non fermarsi ora soltanto perché la Borgonzoni non è stata incoronata come presidente di Regione. Adesso, se c’è voglia e sincera serietà politica, in Emilia Romagna come tutta Italia bisogna iniziare ad investire su think tank e scuole di formazione liberali e conservatrici, permettere ai giovani di destra di poter venire fuori senza timore, aiutarli a formarsi e ad esprimersi, dimostrare competenza laddove c’è slogan semplice e populismo isterico (guardasi caso delle Sardine).
Solo facendo così possiamo permetterci di vincere le elezioni e governare, senza più mezze misure, garantendo una vittoria che va ben oltre le percentuali, perché raggiunge le menti e i cuori della società civile.
Politologa e romanticamente innamorata di un'idea di Italia ed Occidente che non c'è più. Attualmente blogger.
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