Doveva succedere, prima o poi: e infatti ora è successo. Una professoressa di filosofia all’Università Anglia Ruskin di Londra, Patricia McCormack, ha pubblicato un libro intitolato The a-human manifesto, in cui sostiene la tesi che per risolvere il problema del cambamento climatico (per lei ovviamente di origine antropica) l’unica soluzione è programmare una progressiva estinzione del genere umano.
Come siamo arrivati a questo? Alla proposta di risolvere quello che viene ritenuto un grave problema per la sopravvivenza dell’umanità eliminando proprio l’umanità stessa? In realtà la conclusione, a partire dalle sue radici culturali, è molto meno paradossale di quanto appare. Essa costituisce, anzi, per molti versi una loro logica – se non inevitabile – conseguenza.
Già da tempo infatti l’ambientalismo ideologico, prendendo le distanze dalle radici umanistiche e conservazionistiche dell’ecologia, aveva introdotto l’idea che la civilizzazione umana rappresenti una fonte di disturbo per la vita complessiva del pianeta Terra. A partire da dottrine come quella dello “sviluppo sostenibile”, fino alla “ipotesi Gaia” e alla teoria della “impronta ecologica”, sempre più predicatori e movimenti ambientalisti hanno adottato una visione del mondo radicalmente relativista, in base alla quale non soltanto l’umanità non dovrebbe considerare l’ambiente come qualcosa di funzionale innanzitutto alla propria vita e al proprio benessere (ambiente = “ciò che circonda”: ciò che circonda l’uomo, appunto), ma addirittura essa dovrebbe espiare la colpa di aver alterato l'”ecosistema” rendendo la propria presenza sulla Terra il più “leggera” e il meno invasiva possibile.
Con la ulteriore torsione apocalittica/millenaristica dell’ambientalismo – imperniata in primo luogo proprio sul dogma del climate change e da ultimo simboleggiata dalla leadership della giovane “profetessa” Greta Thunberg – si sono andati moltiplicando movimenti che invocano atti “penitenziali” sempre più radicali di “autoriduzione” della civiltà in nome della salvezza del pianeta: “decrescita felice” dell’economia, riduzione dei consumi e degli spostamenti, “conversione” della dieta alimentare, e infine anche riduzione volontaria della popolazione limitando il concepimento dei figli (idea già contenuta nell’ecologismo neo-malthusiano dagli anni Settanta). Tutti “rimedi”, questi, che presuppongono in sostanza un aperto antiumanesimo: poco importa se l’umanità si contrae, diventa sempre più povera, vive peggio, declina, a patto che l'”ecosistema” stia meglio.
Ora, la McCormack supera anche la tenue, residua barriera che separava questo antiumanesimo punitivo da un totale nichilismo. Per lei la presenza dell’uomo nell’universo è stata in sé stessa una calamità, una “malattia” che va radicalmente estirpata. Il suo “manifesto”, infatti, sostiene che è ora di porre fine allo “antropocene”, e che questo sarà soltanto un bene per il pianeta, perché il bilancio storico della comparsa dell’uomo è disastroso: l’umanità ha prodotto infatti forme di organizzazione gerarchica che hanno imposto il suo dominio con la violenza sugli altri esseri viventi, e anche sulle parti più deboli della propria specie (donne, minoranze sessuali). È inutile e anzi dannoso, insomma, per la filosofa inglese lottare contro il “climate change” allo scopo di salvare l’umanità, quando è proprio l’umanità il problema. L’estinzione della “scimmia che uccide” eliminerà magicamente tutte le forme di ingiustizia e discriminazione.
Lo “a-umanesimo” di cui la McCormack si è erta a ideologa rappresenta il capolinea destinato, lo stadio finale ineluttabile di tutte le ideologie contemporanee. Nate dalla secolarizzazione del cristianesimo, divenute idolatria del potere e della tecnica come mezzi per eliminare il male dal mondo, trovano la loro estrema manifestazione nell’idea di cancellare il male cancellando l’uomo stesso: il paradiso in terra viene a coincidere con il nulla.
Eugenio Capozzi, professore ordinario di Storia contemporanea, è Consigliere Scientifico del Centro Studi Machiavelli.
Professore ordinario di Storia contemporanea all'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. È Consigliere Scientifico del Centro Studi Machiavelli.
Fa parte del comitato scientifico della rivista accademica "Ventunesimo secolo. Rivista di studi sulle transizioni".
A quando il suicidio della signora?
Quindi, secondo lei Prof. Capozzi,, il benessere dell’uomo e’ disgiunto dal benessere dell'”ecosistema”? Le pare che lo stato attuale delle cose per uomo ed ecosistema sia ideale? Le pare che una crescita continua della popolazione e dell’economia siano sostenibili? A parte criticare idee e attivismi altrui, ha lei idee e proposte concrete su cosa fare o si risolve tutto in un proverbiale (o letterale per alcuni) “Dio vede, Dio provvede?”
Per Stefano Buttò.
Io ritengo che il punto non sia negare l’esistenza di un problema ambientale bensì la prospettiva ideale da cui lo si guarda. La teoria della professoressa Inglese è l’epilogo ideologico di quella che potremmo chiamare l’idolatria della natura, una religione panteistica in cui al Dio trascendente non si sostituisce il caso ma la realtà immanente divinizzata, la natura che si erge divinità e a cui tutto ciò che è umano può essere sacrificato compresa l’umanità stessa nella sua interezza. Questo esito ideologico è paradossale soprattutto se si pensa che esso farebbe sorridere quelle élite che invece hanno concepito e stanno propagandando, con strumenti come Greta, l’ambientalismo. Quelle élite non hanno infatti nessuna intenzione di sparire dalla terra: sono invece portatrici di una formulazione teorica di stampo Malthusiano e la loro idea è quella di ridurre la popolazione mondiale per garantire alla propria discendenza di signori un mondo più sano. Gli strumenti per liberarsi del pesante fardello dei miserabili della terra, tra cui noi persone comuni, sono tanti ma tutti orientati alla riduzione della popolazione e alla sostituzione degli uomini con le macchine (quando questi uomini sono ritenuti inutili) o ridotti in semi-schiavitù se indispensabili…e questo processo è scientificamente portato avanti con molti mezzi materiali e culturali: precarietà, denatalità, edonismo, sradicamento, perdita di identità e di valori spirituali. Il mio antiquato pensiero è che la natura debba essere preservata in quanto creata in funzione dell’essere umano: giusto quindi avere preoccupazioni ecologiche nella misura in cui un eccessivo sfruttamento o inquinamento della terra possa mettere a repentaglio la sopravvivenza del genere umano, pensato però nella sua interezza e non come una ristretta élite finanziaria globale. La tecnologia dovrebbe essere messa al servizio di tutti insomma. L’ideologia idolatrica e panteistica della natura-dio è quindi un sottoprodotto per gli sciocchi che sono disposti a sacrificare l’umanità e se stessi in nome della natura, mentre, inconsapevolmente, stanno facendo il gioco delle élite.
Che il problema del cambiamento climatico sia attribuibile alle attività umane è acclarato. Quindi sarebbe da evitare il tono da saccente e miseramente umoristico. Basta ripassare la fisica e in particolare la termodinamica. Tutto il resto è aria fritta e tempo perso. Perchè indipendentemente da quello che Lei signor Capozzi può legittimamente pensare delle teorie esposte dalla signora Mc Cormack, la sesta estinzione di massa sta già avvenendo. Senza nessun bisogno di ulteriori interventi umani. E sufficiente il negazionismo, il deplorevole hobby di utilizzare patetici neologismi, quali “gretini”, perchè le cose facciano il loro corso. Trovo questo atteggiamento del tutto simile a chi si scaglia contro i possessori di cani, i ciclisti o qualsiasi altra categoria. Decisamente poco elegante e sostanzialmente inutile. Non si può crescere e consumare oltre le risorse che il pianeta può ricostruire. In altre parole non si può crescere indefinitamente in un pianeta finito. Lo si sa dal 1972. Basta rileggersi “The limits to growth” malamente tradotto come “I limiti dello sviluppo”
… ‘una “malattia” che va radicalmente estirpata. Il suo “manifesto”, infatti, sostiene che è ora di porre fine allo “antropocene”, e che questo sarà soltanto un bene per il pianeta, perché il bilancio storico della comparsa dell’uomo è disastroso’…
la solita visione antropocentrica di questa scimmia senza pelo costretta su un granello di materia a vagare in solitudine nell’universo. Per la vita organica sulla terra non fa differenza la sopravvivenza dei primati rispetto a un qualsiasi verme o ameba!
Credo la morte dell’intero genere umano, élite mondiale compresa sarebbe l’unica soluzione x salvare il pianeta terra. Purtroppo noi esseri umani siamo diventati incompatibili con la natura. La nostra schiavitù verso il dio denaro e verso la tecnologia sia un processo inreversibile.