L’Italia sta attraversando un periodo davvero difficilissimo sia sotto il profilo sanitario sia sotto il profilo economico ed è su quest’ultimo che focalizziamo la nostra analisi, per cercare poi di fornire qualche utile suggerimento soprattutto a chi dovrà legiferare in materia nei prossimi mesi.

Il nostro Paese si trova ad affrontare le conseguenze economiche finanziarie e sociali della più grave crisi globale degli ultimi 70 anni e con maggiori difficoltà strutturali rispetto ad altri Paesi, in conseguenza di decenni caratterizzati da politiche economiche poco incisive, con un sistema industriale fortemente depauperato da smantellamento di intere filiere produttive, delocalizzazioni massive e da una serie infinita di acquisizioni di importanti aziende nazionali da parte di gruppi stranieri in settori per noi strategici; e con un debito pubblico elevato, che pone forti limitazioni alla realizzazione di investimenti strutturali in deficit di stampo keynesiano oggi caldeggiati un po’ da tutti i gruppi politici, sia di maggioranza sia di opposizione, anche se con presupposti e finalità non proprio coincidenti.  

Dopo settimane di trepidante attesa il Governo, seppur fuori tempo massimo, è finalmente riuscito ad approvare l’attesissimo decreto “Cura Italia” n.18 del 17 marzo 2020, dal quale imprenditori, professionisti, lavoratori dipendenti e famiglie si aspettavano oltre a importanti misure a sostegno delle strutture sanitarie, un forte, deciso e concreto sostegno per affrontare con qualche certezza i prossimi mesi che si prospettano davvero molto molto difficili per tutti.

Il decreto, ad una prima lettura, pur contenendo alcune misure apprezzabili negli intenti, con i suoi 25 miliardi di budget, appare da subito palesemente insufficiente ed inadeguato a fronteggiare la drammatica situazione in cui versa il nostro Paese. Le procedure di cassa integrazione sono troppo farraginose e prive del necessario anticipo bancario; il sostegno a imprenditori ed autonomi è esiguo, selettivo e fortemente deficitario rispetto a quanto previsto per il lavoro dipendente; la sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari e previdenziali fino a maggio è un periodo troppo breve rispetto alle esigenze di liquidità di sussistenza degli imprenditori, dei professionisti e di tutti gli autonomi, ed è riservata solo ad alcuni, lasciando fuori tutte le aziende con fatturato superiore ai 2 milioni di euro che, insieme alle aziende con oltre 250 dipendenti (alle quali sono riservati soltanto pochi fondi per supportarne la liquidità di non immediata e semplice fruizione), costituiscono l’asse portante del nostro sistema produttivo da preservare.

In sostanza si tratta di un insieme di misure economiche frammentate, poco incisive e di poca consistenza, e che non hanno colto le molteplici e argomentate istanze provenienti ormai da tempo dal mondo delle imprese e dei professionisti che le assistono.

La situazione richiede invece l’adozione in tempi rapidissimi di provvedimenti coraggiosi per costruire una solida, efficace e duratura rete di protezione del nostro sistema economico così com’è articolato e organizzato per proteggerlo dalle conseguenze ancora difficilmente prevedibili di questa crisi scatenata da un virus, fattore esogeno al sistema. Vanno preservate tutte le imprese, dalle micro ale medio-piccole a quelle di grandi dimensioni, ed insieme ad esse tutti gli autonomi, senza distinzione perché ognuno di questi soggetti, con proprie caratteristiche e ruoli, è componente attiva del nostro sistema economico. Una solida rete di protezione in contesti come l’attuale si basa su alcuni imprescindibili punti cardine quali:

  • una efficace normativa che consenta con rapidità, chiarezza e certezza al Governo l’esercizio del golden power per mantenere il controllo rafforzato su imprese che operano in settori strategici (energia, telecomunicazioni, trasporti, armamenti, cantieristica, aerospaziale, banche, assicurazioni ecc.) e, nel caso si rendesse necessario, consenta di procedere alla nazionalizzazione per interesse nazionale come recentemente dichiarato e nei fatti realizzato, e non da oggi, da alcuni paesi europei nostri competitori;
  • un soggetto pubblico sul modello della KFW tedesca, che in Italia potrebbe essere rappresentato già oggi da Cassa Depositi e Prestiti, in grado, per il tramite di un istituto di credito speciale controllato a cui eventualmente partecipino in quota parte anche gli enti locali, di garantire finanziamenti al sistema imprenditoriale con erogazione immediata degli stessi da parte del sistema bancario, riducendo al minimo indispensabile i tempi e le formalità burocratiche e di istruttoria;
  • una sospensione degli adempimenti tributari e soprattutto una sospensione dei versamenti di imposte, tasse e contributi previdenziali e assistenziali per tutti i soggetti economici (senza distinzione di fatturati) e per un periodo sufficiente a garantire insieme alle misure sul credito la liquidità del sistema;
  • una estensione della cassa integrazione a tutti i lavoratori per un periodo commisurato alla durata del blocco delle attività e della ripartenza che non sarà immediata e uguale per tutti;
  • una efficace azione di politica estera sia a tutela e salvaguardia delle aziende esportatrici per presidiare i mercati di sbocco e garantire la loro presenza ed i loro fatturati seppur ridotti su tali mercati, sia per garantire la continuità degli approvvigionamenti energetici nell’immediato e nel medio-lungo periodo.
LEGGI ANCHE
GUARENTE| Non solo Ilva: perché serve una politica industriale

E per tenere fede al tanto sbandierato “whatever it takes” lo Stato, oltre ad elaborare una valida strategia di protezione di medio-lungo periodo a garanzia della tenuta del sistema economico, per renderla concretamente realizzabile deve mettere a disposizione del sistema stesso, ed in particolare delle imprese, risorse finanziarie in misura straordinaria e quindi ben superiori a quelle previste dal decreto Cura Italia, come altrettanto  straordinariamente ridotti devono essere i tempi di erogazione per far sì che le misure siano efficaci ed il sistema non entri in un loop negativo dove, venendo a mancare la fiducia nella capacità degli operatori di far fronte alle proprie obbligazioni, si provocherebbe un crollo della fiducia e poi delle catene del valore. Tanto più che, essendo in un contesto europeo, dobbiamo mettere in conto il fatto che alcuni Paesi come la Francia, la Germania e la Spagna sicuramente si stanno predisponendo per questo intervento pubblico a supporto del loro sistema economico e se noi rimanessimo inerti o senza destinare cifre significativamente straordinarie in tempi eccezionalmente brevi, saremmo destinati ad una recessione di proporzioni colossali ed alla sostanziale distruzione del nostro sistema economico.

Ecco allora che assume rilevanza l’ammontare delle risorse che sono necessarie per mantenere il sistema operativo e funzionante, che si stimano in iniziali 350 miliardi di euro di cui almeno 250 miliardi solo per le imprese ed in tempi brevissimi, se si vuole mantenere il sistema portante integro in attesa della ripartenza che si spera avverrà presto.


Andrea Bandelli è dottore commercialista.

+ post

Per il Centro Studi Machiavelli è responsabile del programma di ricerca su "Reshoring e rilocalizzazione d'impresa". Laureato in Economia (Università degli Studi di Firenze), Dottore Commercialista, Revisore legale e socio fondatore di uno Studio professionale specializzato in consulenza societaria e fiscalità nazionale ed internazionale.