di Nicola De Felice

 

Il sistema militare è uno degli strumenti del potere nazionale che assicura la difesa dello Stato e contribuisce al perseguimento degli interessi nazionali attraverso l’uso legittimo, graduale e proporzionale della forza militare. Se è vero che senza gli obiettivi politici l’applicazione della forza militare non produce effetti coerenti con le linee guida prefissate da un Governo eletto dal popolo, è altrettanto vero che senza una forza militare il sistema politico non è in grado di svolgere un’azione attiva per tutelare gli interessi del popolo stesso. Premesso ciò, è mio intendimento fornire un contributo di pensiero su come possa essere organizzato l’insieme delle capacità tecnico-militari esprimibili dalle Forze Armate, del potenziale umano e culturale nonché delle capacità industriali e tecnologiche italiani mobilitabili ai fini militari, opportunatamente organizzati e diretti dall’azione politica di uno Stato sovrano, in sintonia con il mio concetto di “sistema militare”. Inizio con l’Esercito Italiano, a seguire darò alcune indicazioni per la Marina Militare, l’Aeronautica Militare e l’Arma dei Carabinieri.

Sulla base del livello di responsabilità che l’autorità politica si impegna ad assumere per la tutela degli interessi nazionali, le Forze terrestri devono assicurare sul territorio nazionale una presenza qualificata e attiva nell’attività di concorso alla sicurezza e all’ordine pubblico, ma anche in grado di dispiegare – fuori dal territorio nazionale – una forza almeno di livello Corpo d’Armata. Le condizioni climatiche e ambientali presenti nelle diverse regioni dove insistono gli interessi nazionali (si pensi, ad esempio, alle esigenze di reperimento delle materie prime nel continente africano e asiatico) e l’eterogeneità della minaccia richiedono un elevato grado di adattabilità, in tempi molto ristretti. Tale capacità adattativa deve consentire di disporre di forze terrestri molto flessibili, in grado di intervenire sia in occasione di calamità naturali (terremoti, pandemie, inondazioni o altro), sia anche in presenza di crisi o conflitti.

La capacità di acquisire e mantenere il dominio sul terreno implica la disponibilità di un Esercito organizzato su unità di diverso livello organico, con un elevato grado di autonomia operativa e logistica, al fine di garantire l’agilità necessaria, del tipo a struttura modulare, come su una nave. Tale struttura ed un sostegno logistico scaglionato e progressivo deve permettere alle forze – compreso il loro armamento – di essere predisposte all’imbarco su vettori navali e aerei, civili o militari, assicurando una riduzione dei tempi di schieramento nel teatro operativo ed un’elevata velocità di intervento. La molteplicità di capacità professionali, equipaggiamenti e armamenti in dotazione devono infatti consentire allo strumento terrestre di intervenire in molteplici situazioni, dal contributo alle operazioni di intervento umanitario sino al conflitto convenzionale.

La distribuzione delle forze sul territorio deve permettere di interagire con la popolazione ed interfacciarsi in un ambiente interforze. L’Esercito Italiano deve essere in grado di contribuire a riportare allo stato essenziale di funzionalità le strutture e i servizi di base necessari a una popolazione colpita da una calamità o crisi, in Patria o in “fuori area”. Le attività formative dovranno quindi assicurare il consolidamento ed il costante aggiornamento delle competenze tecnico-professionali mentre l’addestramento dovrà essere ispirato a criteri di realismo, prevedendo un largo utilizzo di attività del tipo “addestrati come combatti”. La disponibilità di appropriati equipaggiamenti dovrà dare credibilità e competitività alle forze terrestri mantenendo un vantaggio tecnologico rispetto agli avversari. Ma se la tecnologia aiuta, l’utilizzo esclusivo di essa, a scapito di prove empiriche e umane basate sulla cultura del combattimento, non dovrà aumentare il rischio operativo.

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Valido per tutte le Forze Armate, occorre rivedere in maniera intelligente il rapporto di cooperazione con la Protezione Civile, favorendo maggiormente l’analisi, la pianificazione e la conduzione integrata delle missioni e dei compiti assegnati, assicurando le funzioni più consone di Comando e Controllo onde operare in modo efficace ed efficiente per il conseguimento degli obiettivi comuni. Sia per il personale militare sia per quello civile deve essere applicato lo sblocco del turn over onde assicurare un adeguato ricambio generazionale ed una maggiore freschezza di energie, un servizio efficace negli stabilimenti di lavoro nonché una rinnovata funzione sociale e civica delle Forze Armate verso il mondo del lavoro e dell’occupazione giovanile. Deve essere rivalutata la componente morale dell’attività dei militari, in quanto essa esercita un’influenza psicologica decisiva sia a livello individuale sia a livello collettivo, soprattutto in condizioni di alta tensione o di conflitto. La componente morale predispone il militare ad affrontare situazioni di combattimento, stimolando coesione, motivazione e leadership a vantaggio, rispettivamente, della preparazione mentale, dell’entusiasmo e dell’ispirazione a combattere bene.

L’Esercito gioca un ruolo di primo piano a supporto della volontà e credibilità dello Stato per evitare che una situazione di crisi degeneri e si trasformi in conflitto. Una robusta ed efficiente componente terrestre risulta efficace nell’azione di dissuasione portata avanti dal livello politico nei confronti dell’antagonista, nel rendere evidente alla controparte la sproporzionalità fra l’obiettivo da conseguire ed il costo, sociale e materiale, di un’eventuale soluzione militare.

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Senior Fellow del Centro Studi Machiavelli. Ammiraglio di divisione (ris.), già comandante di cacciatorpediniere e fregate, ha svolto importanti incarichi diplomatici, finanziari, tecnici e strategici per gli Stati Maggiori della Difesa e della Marina Militare, sia in Patria sia all’estero, in mare e a terra, perseguendo l'applicazione di capacità tese a rendere efficace la politica di difesa e di sicurezza italiana.