di Nicola De Felice

 

Nonostante il Governo abbia proclamato ad inizio aprile la fine della “politica dei porti aperti” a causa della presenza del Coronavirus, definendo non sicuri i porti italiani, le navi ONG continuano a dirigere verso l’Italia. Con i numeri alla mano (+520% di sbarchi dall’inizio dell’anno ad oggi rispetto allo stesso periodo del 2019) ora anche gli alpini sanno che queste navi incoraggiano con il loro fattore attrattivo in modo scellerato il business dei trafficanti di esseri umani, rigurgitando “naufraghi a pagamento” in maniera incontrollata sulle coste siciliane. Per evitare che l’Italia ridiventi quest’estate l’unico scalo d’alaggio europeo per le navi Sea Watch & C., riporto di seguito una sorta di decalogo utile a dimostrare che ostacolare la migrazione clandestina in mare è solo una questione di volontà politica, in rispetto alle norme internazionali ratificate dal Parlamento ed al codice della Navigazione italiano.

1 Nel momento dell’arrivo di una nave ONG nel Mediterraneo centrale, convocare immediatamente l’Ambasciatore dello Stato di Bandiera – unico responsabile dell’ordinamento giuridico a bordo – rappresentando il divieto di operare contro le norme internazionali e nazionali, rispettando le direttive dello Stato responsabile del coordinamento del settore di mare in caso di soccorso (davanti le coste libiche, la Libia), in stretta osservanza delle leggi del mare emanate dall’ONU e dal Maritime International Organization in merito alle competenze in mare nella salvaguardia della vita umana in mare.

2 Raccomandare allo Stato di Bandiera di far dirigere la nave ONG verso il porto indicato dallo Stato coordinatore del soccorso, altrimenti far dirigere immediatamente la nave verso il place of safety (e non security) più vicino (generalmente un porto tunisino quale Sfax, Sousse, Port el Kantaoui, La Goulette, dove ogni settimana sbarcavano migliaia di turisti occidentali dalle navi da crociera, prima della pandemia.

3 Se la nave ONG infrange una o più regole dettate dalle Convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare, di legge del mare o di tutela della sovranità dello Stato costiero, con il chiaro intendimento di dirigere verso l’Italia, sollecitare lo Stato di Bandiera a prendere provvedimenti coercitivi verso la nave ed il suo equipaggio.

4 Ingiungere allo Stato di Bandiera di avviare immediatamente la procedura di protezione internazionale dei migranti al loro primo passaggio illegale a bordo della nave e quindi sul suo territorio, in ottemperanza all’articolo 13 del Regolamento di Dublino.

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5 Affermare come reato internazionale l’operato della nave comunicandolo all’ONU, al Comandante, all’Armatore ed allo Stato di Bandiera, ai sensi dei dettami del United Nations Convention Law of Sea.

6 Dichiarare la nave ONG quale “nave pirata” in attività di concorso interno o esterno alle attività di tratta di esseri umani, ai sensi della legge del mare delle Nazioni Unite (UNCLOS).

7 Ritenere decaduto l’ordinamento giuridico dello Stato di Bandiera ed inviare una nave militare considerando valido l’ordinamento giuridico italiano ed il relativo Codice della Navigazione.

8 Attuare il diritto di visita, ispezione a bordo e, se ravvisata l’infrazione, prendere il possesso della nave sostituendo l’equipaggio con i militari, arrestare il comandante e l’intero equipaggio, spiccare un mandato di cattura internazionale verso l’armatore, emanando una nota di protesta diplomatica verso lo Stato di Bandiera.

9 Dirigere verso un porto italiano per sbarcare i “naufraghi a pagamento”, confiscando la nave.

10 Applicare l’art. 84 del Codice di Navigazione italiano richiedendo allo Stato di Bandiera, all’armatore ed al Comandante della nave ONG il rimborso delle spese sostenute dallo Stato italiano per le attività sostenute in mare ed a terra, ivi comprese le spese per l’accoglienza dei migranti, l’eventuale quarantena e le spese per la loro espulsione e rinvio nel Paese natale o verso lo Stato di Bandiera.

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Senior Fellow del Centro Studi Machiavelli. Ammiraglio di divisione (ris.), già comandante di cacciatorpediniere e fregate, ha svolto importanti incarichi diplomatici, finanziari, tecnici e strategici per gli Stati Maggiori della Difesa e della Marina Militare, sia in Patria sia all’estero, in mare e a terra, perseguendo l'applicazione di capacità tese a rendere efficace la politica di difesa e di sicurezza italiana.