di Federico Cenci

Rimbalzò su giornali e social network l’immagine della senatrice del Pd Monica Cirinnà che brandiva un cartello con lo slogan di cattivo gusto Dio, patria, famiglia: che vita de m…a. Era l’8 marzo del 2019, e la partecipazione al corteo delle femministe di “Non Una di Meno” con il volgare messaggio (la censura è opera nostra, non sua) fu giustificata dalla diretta interessata come una denuncia nei confronti dei soliti nemici immaginari della Sinistra 2.0: non più i padroni e i banchieri, bensì i bigotti, i reazionari, i fascisti che si rispecchiano in quei tre valori. A distanza di oltre un anno, è lecito coltivare il sospetto che la sortita della Cirinnà non fu solo un mero gesto di esuberanza movimentista. Dietro quel disprezzo nei confronti di Dio, della patria e, soprattutto, della famiglia, si celava, forse, un vero e proprio manifesto politico.

Mettiamo insieme tre elementi. Il primo: oggi la Cirinnà è un’esponente della maggioranza di governo. Il secondo: siamo in piena emergenza sanitaria dovuta all’epidemia di coronavirus. Il terzo: le famiglie sono tra le categorie più colpite da questa inopinata crisi. Per comprendere quanto stia pesando il fattore pandemia sul nucleo fondante della società, basta leggere i dati raccolti da mUp Reasearch e Norstat per “Facile.it” e ripresi da “Panorama“: una famiglia italiana su due si è vista dimezzare il proprio reddito, il 21,8% delle famiglie ha dichiarato di aver tagliato le spese di cibo e utenze per calmierare le voci di uscita del bilancio. Ebbene, cosa fa il governo in una situazione di questo tipo? La risposta suggerita dal buon senso appare scontata: allargare quanto più possibile i cordoni della borsa per aiutare le famiglie. Del resto, sostenere la famiglia non costituirebbe una sterile forma di assistenzialismo, ma un’oculata strategia: per bocca del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, specie nei momenti di crisi la famiglia si rivela il più affidabile ammortizzatore sociale del Paese. E invece, anziché profondere uno sforzo in favore di genitori e figli, il governo ha fatto l’esatto contrario: ha diminuito i soldi da destinare alle famiglie, lasciandole ancora più sole ad affrontare la crisi.

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Lo ha ammesso persino lo stesso ministro della Famiglia, Elena Bonetti. L’esponente di Italia Viva, in due diverse interviste a stretto giro di posta (una per TgCom24 e l’altra per il “New York Times“) ha lamentato che le sue proposte per aiutare le famiglie «sono rimaste inascoltate» e che le risorse sono «insufficienti». Famiglie dimenticate dal governo, dunque, per stessa ammissione del capo del dicastero preposto a occuparsene. Ma c’è di più. Nelle stesse ore in cui la Bonetti parlava alla stampa, Massimo Gandolfini, presidente del Family Day, rendeva noto che il governo ha decurtato 30milioni di euro al Fondo per le misure di sostegno alle famiglie e per le politiche sociali. Come a dire: c’è crisi, togliamo soldi proprio a chi ne avrebbe maggior bisogno, in barba all’art. 31 della Costituzione che sancisce che «la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia…».

Ecco allora che è comprensibile porsi un sinistro interrogativo: quel cartello impugnato dalla Cirinnà era per caso un manifesto politico?

Giornalista e scrittore, ha lavorato per l’agenzia di stampa cattolica "Zenit" e per "In Terris". Attualmente collabora con varie testate, tra cui "Il Quotidiano del Sud", "Culturaidentità", "International Family News". Per Eclettica Edizioni ha dato alle stampe nel maggio 2020 il libro Berlino Est 2.0 - Appunti tra distopia e realtà.