di Roberto Martino

La missione dell’Unione europea Eunavfor Sophia si è conclusa in data 20 Marzo 2020. Partita nel 2015 per contrastare il traffico di esseri umani, era stata nettamente ridimensionata ad opera del Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che durante il Comitato di Schengen aveva espressamente dichiarato la necessità di ridefinire le regole di sbarco dei migranti, impedendo che essi potessero approdare soltanto sulle coste italiane. La mossa politica di Salvini aveva indotto il Comitato politico e di sicurezza dell’UE a non utilizzare più la forza navale e il Governo italiano aveva sottolineato come le navi dovessero ridistribuire i rifugiati (veri o presunti che fossero) tra tutti gli stati membri dell’Unione. La Lega, sempre a nome del suo Leader politico, aveva ribadito l’assoluta inadeguatezza del Trattato di Dublino, che di fatto assegna gli sbarcati al Paese d’arrivo, gravando eccessivamente l’Italia e lasciando la possibilità alle nazioni ad essa confinanti di respingere chi volesse successivamente transitare nei loro territori.

Eunavfor Sophia ricalcava di fatto le stesse norme dell’Operazione Triton in un “gioco delle tre carte” in cui gli unici porti sicuri erano considerati soltanto quelli italiani, al fine appunto di assegnarle gli oneri (ma non gli onori) della assai difficile gestione di una eterogenea massa di esseri umani, enunciando una solidarietà europea carica di parole, ma vuota di contenuti. Salvini aveva proposto di affidare l’effettiva gestione delle operazioni a Frontex, l’Agenzia dell’UE della guardia costiera e di frontiera, prevedendo la rotazione dei porti di sbarco, con equa ripartizione dei migranti, inducendo Malta ad accettare di soccorrere chi si fosse trovato in difficoltà nelle sue acque territoriali. Queste proposte, avvallate dal Ministro della Difesa Trenta, non avevano avuto risposta da parte di Bruxelles, mentre il Ministro degli Esteri Moavero Milanesi avocava a sé la competenza in detta materia, garantendo il pieno rispetto dei precedenti accordi da parte italiana. Lo stesso Ministro Trenta comunque auspicava il ripristino del dispiegamento delle unità navali all’interno dell’operazione, mossa ampiamente osteggiata da Austria e Ungheria. I due Paesi infatti ritenevano inefficace la presenza della forza navale nel contrasto al traffico di armi verso le fazioni in lotta in Libia, sottolineando come al contrario essa potesse incentivare i trafficanti di esseri umani ad organizzare nuovi viaggi al fine di essere soccorsi.

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La missione Sophia è stata sostituita dalla missione Irene, partita l’1 Aprile 2020. Essa avrà, oltre alla medesime finalità di lotta al traffico di esseri umani, i compiti di formazione della Guardia Costiera libica e di contrasto al contrabbando di petrolio e derivati.

Il nostro auspicio è che, vista anche la sua data di inizio, la missione Irene non si trasformi in un sonoro pesce d’aprile come la precedente, che non ha minimamente smantellato le organizzazioni criminali degli scafisti, ci ha consegnato 44 mila persone senza una meta definita e ha umiliato la nostra sovranità nazionale.

Ufficiale in congedo, è laureato in Scienze Politiche (Università di Genova) con Master in Risorse Umane ed Organizzazione (Università Guglielmo Marconi di Roma). Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Studi dell’Unione Europea (Università UNED di Madrid) discutendo una tesi dottorale su “Il sistema militare dell’Unione Europea”.