di Vincenzo Pacifici

I versi dell’VIII canto del Purgatorio tornano alla mente nel ripercorrere gli ultimi eventi nella nostra terra relativi all’angosciosa e non definitivamente risolta del coronavirus. Per il Poeta: “Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero / chè ‘l velo ora è ben tanto sottile / certo che ‘l trapassar dentro è leggero”. Dopo la lettura parallela del Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica e della Memoria della Corte dei Conti sul decreto – legge n.34/2020 recante misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all’economia, che porta la data del 28 maggio scorso, “l’trapassar dentro” una realtà cruda e amara “è leggero”, cioè agevole.

In ogni occasione di confronto tra il nostro paese e gli altri del Vecchio Continente , l’Italia è collocata nelle posizioni di retroguardia. Tutto appare critico con prospettive ardue e complesse. Un’attenzione speciale è posta, con svariate articolazioni sempre grigie e preoccupanti , alla questione sanitaria. Ne offre un primo sintetico ma indicativo quadro , tutto negativo, il Rapporto sin dalla presentazione.

Anche il secondo documento non manca di passaggi critici inequivoci. Nella scenario generale dei paesi colpiti l’Italia si caratterizza per una debolezza relativamente maggiore rispetto ai suoi partner dell’area. È stato il primo paese europeo a essere seriamente colpito dalla pandemia e potrebbe uscire dalla crisi con maggior fatica, tenuto conto delle sue debolezze strutturali. Dopo la caduta del 4,7% nel primo trimestre (in linea con le nostre previsioni di -4,5%) si sta delineando una caduta maggiore delle attese del Pil nel secondo trimestre. Il blocco delle attività è più prolungato e la ripresa più lenta, a causa delle maggiori difficoltà di alcune attività dei servizi (Memoria, pp. 3-4). La stessa recente decretazione d’urgenza ha palesato pesanti disfunzioni, tanto che gli “interventi normativi hanno assunto, naturalmente, carattere di straordinarietà e di eccezionalità che, tuttavia, non facilitano quel processo di armonizzazione delle regole di lavoro pubblico, di cui continua ad avvertirsi la necessità” (Ivi, p.9). La Corte sottolinea l’onerosità delle misure adottate e l’incompletezza della manovra. Essa rinvia infatti ad una “attività di semplificazione dei processi amministrativi[…] ma non indica chiare linee di sviluppo” (Ivi, pp. 44-46).

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I due ultimi gabinetti, presieduti dal professore pugliese, ottengono una bocciatura esplicita quanto indiscutibile: “Le condizioni in cui oggi la crisi trova le finanze pubbliche dei paesi avanzati sono in generale favorevoli, soprattutto perché l’andamento dei tassi di interesse “di fondo” ha portato in molti paesi il costo medio del debito al di sotto del tasso di crescita dell’economia. Ciò è meno vero l’Italia, unico paese, tra i principali, in cui nell’ultimo biennio la richiamata relazione non si è prodotta”.

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Laureato in Giurisprudenza e in Lettere, è stato fino al 2015 Professore ordinario di Storia contemporanea presso l'Università Sapienza di Roma. Ha pubblicato, tra l'altro, volumi su Crispi, sul problema dell'astensionismo e dell'assenteismo nelle consultazioni politiche del periodo unitario, sui consigli provinciali all'inizio del XIX secolo, sulle leggi elettorali del 1921 e del 1925. È presidente della Società tiburtina di storia e d'arte.