di Andrea Bandelli

Anche in Francia la crisi pandemica ha dispiegato i suoi pesanti effetti sul sistema economico, e per cercare di attenuarne le conseguenze il Governo ha varato un intervento pubblico massivo sull’economia, erogando miliardi di euro alle aziende colpite dalla crisi, ammonendole che in questo contesto non sarebbero state tollerate aziende che avessero premiato gli azionisti con la distribuzione di dividendi, invitando i consumatori a privilegiare l’acquisto di prodotti francesi, sostenendo la necessità di una maggiore sovranità economica sia a livello nazionale che a livello europeo.

Purtroppo anche la Francia, come l’Italia e gli altri Paesi ad economia avanzata, negli ultimi anni ha perso la propria autosufficienza in molti settori strategici a causa di una forte delocalizzazione produttiva (offshoring) verso Paesi in via di sviluppo a basso costo dei fattori produttivi e con normative su sicurezza e tutela ambientale molto blande, con conseguenti risparmi in termini di costi d’esercizio e investimenti produttivi. Vale ad esempio per il settore delle forniture di materiale medico (nel fronteggiare la pandemia abbiamo visto quanto sia importante averne la sufficiente disponibilità in tempi relativamente brevi).

Per cercare di mitigare nel medio-lungo termine gli effetti della delocalizzazione, il Governo francese ha messo tra le priorità del recovery plan post pandemico tutta una serie di iniziative e di misure mirate a favorire il reshoring ed il back-reshoring di singole realtà produttive e di intere filiere, proprio per recuperare almeno una parte di quella sovranità produttiva nei settori considerati strategici, tra cui è ricompreso anche il settore dell’automobile.

Quest’ultimo risulta uno dei settori maggiormente colpiti in questa fase. Le aziende produttrici di autoveicoli stanno fronteggiando una grave crisi di breve periodo, accompagnata da un progressivo declino di lungo periodo: i cali di produzione in Europa e Nord America oscillano tra -50% e -70% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (le persone durante il lock-down sono rimaste a casa e pochi hanno avuto la propensione ad acquistare una nuova automobile), gli stock di autoveicoli prodotti rimasti invenduti sono ingenti e difficilmente senza un piano di forti incentivi all’acquisto per i consumatori saranno smaltiti in tempi brevi, rallentando così la piena ripresa della produzione che non troverebbe sbocchi su un mercato saturato dagli autoveicoli invenduti.

In questo settore che, tra diretto ed indotto, impiega in Francia circa 1,3 milioni di lavoratori, il Governo francese ha deciso di intervenire con un pacchetto da 8 miliardi di euro che prevede tutta una serie di misure volte a tutelare sia le aziende produttrici di autoveicoli sia tutte le aziende della filiera. Si tratta di tre distinte aree di intervento: oltre alle misure volte al sostegno alla domanda con la previsione di incentivi per l’acquisto di vetture elettriche o la sostituzione di quelle altamente inquinanti esistenti con vetture a impatto ambientale ridotto, ci sono le misure prettamente industriali volte sia a favorire il reshoring delle aziende e delle filiere produttive sia a favorire l’aggiornamento tecnologico delle aziende già localizzate sul territorio nazionale.

È interessante focalizzare l’attenzione sul produttore di autoveicoli Renault, del quale lo Stato detiene una partecipazione del 15% nel capitale e che in questa fase si trova ad affrontare enormi difficoltà industriali e commerciali, il cui specchio è il sostanziale dimezzamento di valore delle proprie azioni sul mercato (ma del resto con un price to book value ratio di appena 0,17 si comprende come gli investitori abbiano poche aspettative e non certo positive sulle performances del titolo e sugli andamentali a medio-lungo termine).

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Il Governo francese ha cercato di applicare le linee strategiche del reshoring produttivo subordinando il programmato intervento da 5 miliardi di euro in favore dell’azienda, oltre che ad un necessario aggiornamento tecnologico delle strutture produttive, alla realizzazione di un concreto e massiccio piano di rilocalizzazione sul territorio nazionale delle produzioni ad alto valore aggiunto della filiera che avrebbe una sicura ricaduta positiva sui livelli occupazionali del settore e sul pil nazionale.

Renault, per fronteggiare la situazione e garantire la continuità aziendale, ha predisposto un nuovo piano industriale che prevede tagli di costi per circa 2 miliardi di euro e un taglio occupazionale di circa il 10% dell’attuale forza lavoro impiegata, e si prepara ad utilizzare al meglio le risorse che lo Stato francese mette a sua disposizione. Tuttavia si presenta alquanto complessa la rilocalizzazione su territorio francese delle aziende della filiera produttiva, ed anche i tempi di realizzazione non sembrano rispondere a pieno alle aspettative del Governo. D’altronde le industrie come quella della produzione di automobili sono inserite in un contesto di mercato, condizionato da fattori endogeni ed esogeni, che non consente di rispondere immediatamente e positivamente a quanto previsto e auspicato in termini di reshoring dai governi nazionali.

Nel settore della produzione delle automobili il reshoring delle filiere produttive non è così semplice da attuare e si va a scontrare fortemente con due problemi quali l’incremento dei costi di produzione e la mancanza di manodopera qualificata; e anche se questi due problemi fossero risolti in qualche modo resterebbe comunque che le produzioni dipenderebbero sempre da fornitura di materie prime che rimangono dove sono e lontano dal luogo di produzione. Queste problematiche sono comuni a molti altri settori e, se non opportunamente valutate e considerate, possono incidere fortemente sulla realizzazione e sui risultati concreti di un qualsiasi piano nazionale di reshoring.

Nonostante tutte le criticità, in questa fase dell’economia il reshoring, anche in Francia, resta uno degli strumenti su cui converge il consenso delle forze politiche e di gran parte dei cittadini (secondo un recente sondaggio quasi il 90%) e, anche se molti sono consapevoli che la rilocalizzazione porta con grande probabilità ad un aumento dei prezzi per i consumatori, nel contesto attuale si tende a far prevalere l’interesse nazionale mettendo in campo misure come queste volte a garantire un incremento di posti di lavoro ed il mantenimento del tasso di disoccupazione ad un livello accettabile.

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Per il Centro Studi Machiavelli è responsabile del programma di ricerca su "Reshoring e rilocalizzazione d'impresa". Laureato in Economia (Università degli Studi di Firenze), Dottore Commercialista, Revisore legale e socio fondatore di uno Studio professionale specializzato in consulenza societaria e fiscalità nazionale ed internazionale.