di Giovanni Giacalone

L’attentato di venerdì scorso all’ex sede della redazione di “Charlie Hebdo”, perpetrato da un 18enne pakistano arrivato in Francia tre anni prima come minore non accompagnato, ha evidenziato ancora una volta che nonostante la pandemia da Covid-19 la minaccia del terrorismo islamista è sempre in agguato.

Inizialmente, qualcuno aveva persino provato a mettere in dubbio che l’atto potesse essere ricollegabile al fenomeno islamista e ciò nonostante gli elementi puntassero tutti in quella direzione: il bersaglio è l’ex sede di “Charlie Hebdo”, poche settimane dopo la nuova pubblicazione delle caricature su Maometto, in concomitanza con l’inizio del processo ai fiancheggiatori dei terroristi degli attentati del 2015. Le modalità sono quelle tipiche del terrorismo islamista “fai da te” che punta a colpire soft-target utilizzando strumenti offensivi reperibili nella quotidianità (in questo caso un coltello da macellaio), attentato avvenuto tra l’altro di venerdì, giorno sacro dei musulmani. L’attentatore, identificato come Hassan A., maschio, musulmano, pakistano, ha successivamente confessato alle autorità francesi di aver perpetrato l’attacco per vendicarsi delle vignette pubblicate e non era al corrente del fatto che la redazione non si trovasse più lì. Secondo informazioni, il soggetto in questione parla pochissimo francese e c’è stato bisogno di un traduttore di lingua urdu. La polizia francese sta inoltre esaminando un filmato nel quale l’attentatore rivendicherebbe l’attentato ma senza prestare giuramento ad alcuna organizzazione terroristica.

Un aspetto da non sottovalutare è l’elemento Pakistan, visto che è proprio questo il Paese islamico dove a inizio mese sono scoppiate le proteste più infuocate contro la Francia, in risposta alla nuova pubblicazione delle vignette. Seguaci del partito islamista radicale Tehreek e-Labbaik Pakistan erano scesi in strada a Karachi, Lahore, Islamabad e Multan lanciando slogan contro “Charlie Hebdo” e bruciando bandiere francesi, mentre il predicatore Mohamed Zaman aveva chiesto la rottura dei rapporti diplomatici con Parigi e l’espulsione dell’ambasciatore Marc Barety. È evidente che il grande eco politico, mediatico e social in “salsa pakistana” dato alla faccenda può aver svolto un ruolo fondamentale nell’azione di Hassan A.

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Resta poi da capire se l’attentatore abbia agito da solo o con il sostegno di altri individui. Tutti elementi che dovranno essere chiariti nel corso delle indagini.

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Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.