di Giovanni Giacalone

Un altro attentato, un’altra decapitazione, stavolta nei pressi della cattedrale di Notre-Dame a Nizza e ancora una volta per mano di un islamista. Le tempistiche non sono certo casuali, immediatamente dopo la pubblicazione da parte di “Charlie Hebdo” della vignetta satirica con Erdogan in mutande che solleva il vestito di una donna col velo mentre esclama: “Ouuh il Profeta”. Una pubblicazione che ha mandato su tutte le furie il rais turco che da tempo oramai ama presentarsi come “paladino dei musulmani”.

La precedente decapitazione, quella del docente di educazione civica Samuel Paty, era avvenuta lo scorso 16 ottobre per mano di un 18enne ceceno istigato dalla propaganda islamista online. La “colpa” del docente? L’aver mostrato le vignette satiriche su Maometto pubblicate da “Charlie Hebdo” a settembre, fatto per il quale il 25 del medesimo mese un immigrato pakistano aveva aggredito con un coltello alcune persone nei pressi dell’ex sede della rivista satirica.

La Francia è dunque diventata oggetto di una spirale di violenza per mano di quell’islamismo che non gradisce la libertà di pensiero, di espressione e di satira e che è pronto a uccidere e a diffondere propaganda di odio nel momento in cui vengono presi di mira Maometto o “il santo protettore degli islamisti” Erdogan. Se agli islamisti non piacciono le vignette satiriche su Maometto o su Erdogan, è un problema loro e tale dovrebbe restare.

Sia chiaro, non è certo una sorpresa che gli islamisti abbiano dei seri problemi con le critiche ed è sufficiente osservare l’operato di Morsy in Egitto e di Erdogan in Turchia, con il primo che in un solo anno di governo ha superato di ben quattro volte il numero di denunce nei confronti di giornalisti e oppositori rispetto all’era Mubarak e di ben ventiquattro volte quelle sporte durante l’era Sadat. Considerando che Mubarak è rimasto al potere per trent’anni, Sadat per undici anni e Morsy soltanto per un anno, i numeri parlano chiaro. In Turchia invece i direttori di giornale che criticano Erdogan vengono gambizzati direttamente davanti ai tribunali, come nel caso di Can Dundar, e i parlamentari di opposizione arrestati per “spionaggio”. Del resto è sempre lo stesso Erdogan a sostenere e trasferire jihadisti dove gli fa più comodo, tra Libia, Siria e Azerbaijan, nel più totale silenzio dei partner Nato ed europei.

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È evidente che l’islamismo dilagante ed Erdogan siano un problema enorme per la stabilità del Mediterraneo ed anche per quella dell’Europa. Purtroppo però c’è chi sibila e neanche troppo a bassa voce che Macron “se l’è cercata” provocando gli islamici. Per il momento la solidarietà europea nei confronti della Francia vacilla, forse per interessi politici ed economici, forse perché mancano leader con gli attributi disposti a prendere posizioni chiare e prive di qualsiasi ambiguità, perché in questo momento non c’è spazio per i relativismi: la vittima è la Francia e il carnefice è l’islamismo. A ognuno decidere da che parte stare.

Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.