di Luca Ruggeri

GAMESTOP è una società statunitense, proprietaria di una rete di negozi specializzati nel commercio al dettaglio di giochi elettronici, con risultati reddituali negativi; certamente non una stella del firmamento di Wall Street. Secondo gli analisti finanziari il modello di business di GAMESTOP è obsoleto, in un mondo dominato da internet e dalla possibilità di scaricare on-line i giochi; quindi il titolo GAMESTOP è stato oggetto di interesse da parte di alcuni hedge funds che scommettevano pesantemente sul deprezzamento del titolo (in gergo shortavano il titolo).

Contrariamente agli hedge funds, un investitore, Michael Burry, attraverso il proprio fondo, Scion Asset Management, ha investito in GAMESTOP ritenendola deprezzata. Burry è una sorta di icona per gli operatori finanziari, dato che ha anticipato la crisi del mercato immobiliare americano del 2008 e, operando contro le banche che gestivano i mutui sub-prime, ha ottenuto un ampio guadagno nel crollo di quell’anno; la vicenda è stata narrata nel film La grande scommessa (“The Big Short“).

Nel quadro sopra tratteggiato, il titolo GAMESTOP improvvisamente innesca una rapidissima crescita divenendo un protagonista del mercato con una eco mondiale. Ma perché ?

La strategia posta in essere dagli hedge funds è rischiosa ed ha un punto debole. Quando un titolo è gravato da una notevole quantità di scommesse al ribasso ed è disponibile in quantità limitate sul mercato, qualora il suo valore inizi a crescere, anziché diminuire, i ribassisti, in questo caso gli hedge funds, sono costretti a chiudere le operazioni comprando azioni per cercare di limitare le proprie perdite, facendo così crescere ulteriormente il valore del titolo, costringendo quindi altri shortisti a chiudere le posizioni in una spirale detta “short squeeze”.

Nel caso di GAMESTOP per diversi hedge funds si è trattato letteralmente di un bagno di sangue: ad esempio Citadel e Point72, secondo “Reuters” del 26 gennaio, hanno iniettato 2,75 miliardi di dollari nel fondo Melvin Capital pesantemente colpito dall’apprezzamento delle azioni.

Ad avviare lo short squeeze, ed in questo si ravvisa la vera novità, non sono stati grandi operatori finanziari ma una miriade di piccoli investitori che si sono coordinati sulle diverse piattaforme social: in particolar modo Reddit nel subreddit r/WallStreetBets. A loro sostegno è poi intervenuto tra gli altri Elon Musk, il fondatore di Tesla, probabilmente non casualmente dato che il titolo di quest’ultima, da molti reputato assai sopravalutato, è stato oggetto di un infruttuoso attacco da parte dei ribassisti.

Quali sono le prime considerazioni a caldo circa quanto accaduto ?

Immediatamente colpisce molto il grado di coordinamento dei piccoli investitori in una modalità tecnica forse non nuovissima, ma che può funzionare solo se si crea una considerevole massa finanziaria che operi contro i ribassisti (l’operazione è replicabile su altri titoli, tanto che in internet è facile trovare liste di titoli con shot interest elevato e bassa capitalizzazione).

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In questo senso i social hanno svolto un ruolo assolutamente cruciale perché, senza di essi, non ci sarebbe stata la possibilità di scegliere la strategia, individuare l’obiettivo e coordinare l’attacco. L’allarme lanciato da alcuni circa il ruolo dei social appare però eccessivo e forse non del tutto disinteressato: non si comprende perché vietare i blog finanziari ove si discute circa i singoli titoli oppure le strategie di trading, ad esempio sulla base di timori circa la raccolta di risparmio; peraltro altri operatori, di ben maggiori dimensioni, operano sostanzialmente allo stesso modo utilizzando le diverse chat professionali disponibili.

L’episodio di GAMESTOP prova, qualora ve ne fosse bisogno, la sempre maggiore distanza tra l’attuale situazione dei mercati finanziari e la loro, teorica, funzione di allocazione dei capitali alle imprese che lo meritano. In questo senso le politiche di quantitive easing delle banche centrali, con l’apporto di ampia liquidità a basso prezzo ai mercati finanziari, ne hanno esacerbato le dinamiche. Appare infatti chiaro che le quotazioni raggiunte da GAMESTOP non hanno nulla a che vedere con l’effettivo valore aziendale ma sono il prodotto di meccanismi meramente finanziari ove, per una volta, i piccoli investitori hanno segnato un punto a loro favore.

Le autorità di vigilanza non si sono espresse in merito al caso GAMESTOP, anche se la Casa Bianca ha affermato di monitorare la situazione. È probabilmente che vi sia stato un loro discreto intervento sulle piattaforme di negoziazione maggiormente utilizzate dagli investitori retail, la più nota delle quali è Robinhood. Ciò spiegherebbe perché pressoché all’unisono tali piattaforme hanno posto delle limitazioni all’operatività su GAMESTOP, provocando una irata risposta degli investitori ed il duro intervento di alcuni importanti esponenti politici statunitensi.

Una ultima notazione. Se si leggono i commenti dei piccoli investitori nelle chat sui social emerge una grande dose di rabbia nei confronti del sistema finanziario, rabbia che ha costituito una importante motivazione per l’acquisto delle azioni GAMESTOP o di opzioni call che ne hanno sostenuto il valore; forse questo aspetto andrebbe analizzato con attenzione da parte di chi ha più competenze in merito rispetto a chi sta scrivendo questa breve nota.

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Ricercatore senior del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Economia, ha lavorato per oltre venti anni presso una grande banca italiana ed attualmente svolge la propria attività quale direttore generale presso un investitore istituzionale.