di Nicola De Felice e Pier Luca Toffano
Le similitudini tra il mercato del petrolio del secondo dopoguerra e quello tra le industrie dei vaccini SARS 2/COVID sono davanti agli occhi degli osservatori più attenti. L’elemento che accomuna le due industrie è il monopolio del prodotto e la tentazione di lucrare sulla domanda mondiale. In una situazione di scarsità e di insufficienza del prodotto sul mercato, di fronte ad una domanda innalzata dall’urgenza legata alla situazione sanitaria, varie nazioni ed organismi internazionali entrano in gara tra loro per aggiudicarsi le forniture, costi quel che costi. Ad esempio, la Gran Bretagna ha raddoppiato il pagamento delle dosi Pfizer togliendole praticamente all’UE.
Altra similitudine consiste nella propensione dei due mercati a formare cartelli tra produttori: accordi sui volumi complessivi di produzione per garantire profitti elevati. Sette erano le sorelle tra le maggiori compagnie che estraevano il petrolio mentre poche di più sono le aziende dei vaccini. Alcune tra queste ultime, come la francese Sanofi, si sono ritirate dalla produzione dovendo ammettere l’inefficacia del proprio vaccino. La Sanofi, per poter essere ancora della partita, ha allora sottoscritto un accordo con la Biontech per produrre il vaccino Pfizer.
Un altro elemento che accomuna i due settori è la previsione di un periodo lungo di domanda elevata. Tale era il caso del combustibile fossile negli anni ’50 e ’60 quando ancora non si temeva l’insorgere di fonti energetiche alternative ed in generale lo è oggi per la ricerca e l’industrializzazione dei vaccini. I vaccini che sembrano oggi essere i più efficaci, dopo i primi milioni di inoculazioni, sono quelli che hanno un periodo di efficacia limitato nel tempo e che quindi vanno periodicamente (si stima a distanza di un anno) ripetuti. Tempi lunghi di alta domanda verso risorse limitate consentono ai produttori strategie politiche e industriali di lungo periodo, inclusa la formazione di cartelli.
Vi sono però significative differenze che offrono agli Stati le chiavi per contrastare le politiche di cartello evitando il ricorso all’accaparramento dei vaccini. Una seria e rigorosa politica di sicurezza sanitaria, economica e sociale, non escludendo la nazionalizzazione dei vaccini stessi, esplicitata con i nostri articoli su questo sito è, secondo noi, l’unico modo per uscirne.
Una prima differenza sta nella natura dei due prodotti, in quanto il petrolio è una materia prima mentre i vaccini sono prodotti compositi di varie sostanze, ognuna da produrre prima di poter essere assemblate in un prodotto finito. Mentre le fonti del petrolio sono giacimenti fisici su territori definiti, i limiti posti alla produzione di vaccini dipendono in essenza da altre barriere: brevetti, competenze biomediche ed ingegneristiche, capacità di realizzare e sostenere il costo dell’industrializzazione. Nel caso della produzione di vaccini è netta la separazione tra le due fasi che conducono alla somministrazione del prodotto finito: la ricerca e la produzione. Oggi nel Big Pharma esiste una precisa divisione dei compiti: da una parte istituti di ricerca, dall’altra fabbriche di prodotti finiti. La ricerca sta a Big Pharma come il petrolio sta alle “7 sorelle”. Fu l’italiano Enrico Mattei che intuì che, per assicurare certezza energetica all’Italia, bisognava cercare accordi con gli Stati produttori anziché con le compagnie petrolifere. Non quindi entrare nel cartello per diventare l’ottava sorella, ma trovare accordi alla fonte con Iran, Egitto e Libia.
I recenti, imprudenti annunci governativi sull’imminenza del “vaccino italiano” fanno intuire il disegno politico di voler entrare nel costituendo cartello dei produttori anziché, come adesso suggeriamo, fare come Mattei, ossia rompere il cartello facendo accordi con i detentori della materia prima: i ricercatori. A supporto di questo citiamo il caso Biontech–Pfizer: Biontech è l’istituto di ricerca privato che ha sviluppato il vaccino mente Pfizer è l’azienda che lo produce. Mentre Pfizer, assieme agli altri produttori, sta imitando le strategie di dominio globale delle “7 sorelle”, Biontech sta mettendo a disposizione le sue competenze per altri produttori, come nel caso Sanofi citato in precedenza.
La pretesa di Arcuri di costruire un vaccino partendo praticamente da zero, qual è il caso dello svizzero ReiThera, equivale a dover “reinventare la ruota ed il motore a scoppio” da parte di ogni azienda automobilistica nata dopo l’invenzione dell’Ing. Benz. Una specie di illusorio “sovranismo de noantri” quando un serio sovranismo richiederebbe un maggiore realismo industriale. Sovranista è chi antepone al resto gli interessi della Nazione, non chi vuole reinventare la ruota rendendola nazionale.
Un piccolo inciso su ReiThera: questo vaccino non esiste. Esso è un prodotto attualmente alla fase 1 di sperimentazione. I dati della fase 1 non sono affatto incoraggianti: solo una novantina di test condotti escludendo ogni soggetto non perfettamente sano. Quindi nessun over 50 e, addirittura, nessun tatuato. Non è simpatico fare le cassandre, ma vogliamo ricordare il recentissimo caso di Novartis. Come Sanafi, anche il colosso svizzero ha firmato un accordo per fornire sostenere la produzione del vaccino anti Covid-19 Biontech, una mossa volta ad aiutare a incrementare la produzione. Secondo l’accordo Novartis utilizzerà i suoi impianti di produzione situati a Stein, in Svizzera.
Siamo convinti che se oggi fosse ancora vivo, Enrico Mattei starebbe stringendo accordi con i migliori istituti di ricerca vaccinale del mondo, con quelli che detengono il patrimonio intellettuale di vaccini collaudati e funzionanti, con i veri detentori della materia prima. Ma possiamo paragonare Arcuri con Mattei? Ci viene quasi da piangere. Dobbiamo insomma rapidamente operare per una duratura ed efficace produzione nazionale di vaccini optando per cooperare con il meglio che la ricerca ha da offrirci, da qualsiasi parte essa provenga. A seguire sostenere impianti nazionali a regola d’arte eseguiti rapidamente sotto la guida di personale competente e determinato, civile e militare. Senza dover “reinventare la ruota”.
Quindi in brevissimo tempo Novartis e Sanofi produrranno il vaccino Biontech rispettivamente in Svizzera e in Francia. Biontech invia, Novartis e Sanofi producono. Nessun costo di licenza. L’Italia cosa sta aspettando?
Senior Fellow del Centro Studi Machiavelli. Ammiraglio di divisione (ris.), già comandante di cacciatorpediniere e fregate, ha svolto importanti incarichi diplomatici, finanziari, tecnici e strategici per gli Stati Maggiori della Difesa e della Marina Militare, sia in Patria sia all’estero, in mare e a terra, perseguendo l'applicazione di capacità tese a rendere efficace la politica di difesa e di sicurezza italiana.
Laureato in Economia Aziendale, ha lavorato presso imprese multinazionali francesi ed americane nel settore dei servizi. Oggi insegna Diritto ed Economia Politica presso le scuole statali superiori.
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