di Antonio Terrenzio

Gli attacchi beceri e sessisti dei quali è stata vittima Giorgia Meloni a opera di Giovanni Gozzini, docente di Scienze Politiche all’Università di Siena, l’hanno visto – insieme ad altri due campioni del pensiero radical chic, tale Giorgio Von Straten ed il conduttore dell’emittente radiofonica “Controradio” Giorgio Palumbo – dare sfogo ad un campionario di insulti ed al livore che caratterizza gran parte del mondo progressista italiano.

Probabilmente i tre non si aspettavano che tali ingiurie potessero raggiungere un’eco così ampia, fino a scomodare Draghi, Mattarella e tutto l’arco parlamentare per esprimere solidarietà alla leader di Fratelli d’Italia. Tuttavia, a sorprendere non sono le uscite degne del linguaggio da trivio del Gozzini (“pesciaiola”, “peracottara”, “bocca larga”, “vacca”, “scrofa”), ma la reazione del mondo della destra che ancora non riesce a comprendere la natura antropologica dei suoi nemici.

Certo, le offese pesantissime ai danni della leader dell’opposizione non potevano che suscitare sgomento ed accuse di sessismo, ma sarebbe da ingenui pensare che il classismo ed il razzismo etico, che permea i personaggi di cui sopra, non sia qualcosa di estremamente diffuso, oltre che nella sinistra salottiera, in pressappoco gran parte dei suoi militanti.

Non sorprende nemmeno lo strabismo di certe erinni del femminismo televisivo o da talk show, come quello di Michela Murgia o Selvaggia Lucarelli, dato che le uniche donne meritevoli di essere difese per loro sono quelle di sinistra. Anche sul pentimento dei tre sciagurati c’è poco da crederci, dato che siamo più che sicuri che, se la faccenda non avesse avuto dei riverberi mediatici ed istituzionali così forti, avrebbero continuato con lo stesso atteggiamento.

Dicevamo: il problema non è di questi cattedratici o tromboni di una Sinistra decotta, che accusa questa “donna del popolo” di “lesa maestà”, per aver osato rivolgersi a “Re” Mario Draghi. Lo scandalo non è più in una Sinistra che si crede colta e che vive in una bolla di autoreferenzialità. Lo scandalo è  nella Destra che, ancora, non capisce che non è adeguandosi all’agenda ed al “bon ton” progressista che riuscirà ad avere la meglio.

Detto senza infingimenti: la Destra dovrebbe usare gli stessi mezzi e metodi dei suoi avversari che la vorrebbero annientata, o al più fregarsene. Non dovrebbe accettare nessun tipo di scuse, perché provenienti da un nemico falso ed odioso, pronto a colpirti più forte alla seconda occasione. Sbaglia la Meloni a lasciare che la cosa decada e che sia il Consiglio disciplinare dell’Università di Siena o il suo Rettore a prendere provvedimenti. Se non si fosse mosso il Presidente Mattarella possiamo stare sicuri che non sarebbe successo niente e che nemmeno le femministe più agguerrite si sarebbero scomodate per chiedere sanzioni disciplinari. È proprio questo atteggiamento rinunciatario e “molle” a far sì che il loro comportamento verso di noi non cambi. Bisogna invece pretendere le dimissioni, fare pressioni e lanciare querele verso chi insulta deliberatamente ed aggredisce, perché siamo di fronte a gente che ci odia con tutta l’anima e ci considera dei subumani.

Molte persone di sinistra sono convinte della propria superiorità morale e culturale rispetto a quelle di destra, considerate, a seconda dei casi, razziste, becere, poco scolarizzate. Il loro è essenzialmente un odio antropologico anteriore a quello ideologico in senso stretto. Se un giorno la Meloni o Salvini, tanto per fare un esempio, cambiassero idea sull’immigrazione o sulle teorie gender, state pur certi che l’odio radical chic si rimodulerebbe in maniera più feroce, accusando la Destra di ipocrisia, di opportunismo elettorale.

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Ecco perché non serve assolutamente a nulla cercare un terreno di confronto con tali soggetti. Per loro l’unica Destra buona è quella sotto il 10%, relegata ai margini ed in grado di non nuocere, vale a dire di non minacciare il potere del Centro-Sinistra e delle varie stampelle del Partito Democratico. Smetterla di farsi rilasciare patenti o certificati di presentabilità, incalzando invece il nemico sul suo stesso terreno. Ignorare del tutto le accuse di “razzismo” ed “omofobia”, se dall’altra parte c’è chi porta avanti piani di sostituzione etnica e di destrutturazione del modello tradizionale di famiglia. A chi ci accusa di essere ignoranti e di non leggere nemmeno un libro, bisognerebbe riproporre autori che lor signori nemmeno conoscono e ricordare a questi sedicenti intellettuali che, se la scuola e le università italiane sfornano “analfabeti funzionali”, è perché a gestirle ci sono loro.

A proposito di ciò che si respira in ambito universitario, l’esempio dello studente Lorenzo Maria Pacini, che si è inizialmente visto rifiutare una tesi di laurea su Aleksandr Dugin ma ha vinto la battaglia contro il clero accademico, vale come caso emblematico sull’importanza di combattere l’egemonia culturale che in Italia ha raggiunto livello insopportabili.

Se il politicamente corretto ed i valori della “sinistra del costume” ormai caratterizzano i ceti urbani e le middle class globaliste, è in Italia che tale potere ha assunto proporzioni egemoniche in tutti i settori dell’editoria e della formazione. Secondo uno studio di fine 2019 del Worlds of Journalism della Columbia University Press, i giornalisti italiani sarebbero i più schierati a sinistra di tutta l’Europa.

È sul fronte della cultura che la Destra dovrebbe rispondere, sfruttando la crisi di identità della Sinistra, ridotta all’insulto ed ai romanzetti dei “premi Strega”. A proposito: lo scrittore Veronesi ha detto che è impensabile che il ministero alla cultura possa essere dato ad un leghista. Ennesimo segno che questa gente non cambierà mai.

Se un mea culpa va fatto in tal senso, è quello di avere dato scarsa importanza a tale settore trascurandone assessorati e ministeri. Ciò si spiega anche con il nostro disinteresse colpevole, con la tesi per cui “con la cultura non si mangia”, proprio quando è in ambienti come scuola ed università che si formano le idee delle persone.

Il loro modus cogitandi non cambierà, continueranno a ritenersi numi tutelari dell’intelletto, anche se ormai sono lustri che non sfornano un filosofo od uno “scrittore” degno di questo nome. Ha ragione Marcello Veneziani quando dice che ormai la Sinistra è ridotta ad essere una “Cupola”, un comitato d’affari lobbistico, una associazione di stampo quasi “mafioso”, che non produce più grandi pensatori e grandi idee e che è solo dedita alla spartizione del potere e a squalificare, con accuse strumentali di fascismo o razzismo, chiunque osi minacciare la sua egemonia.

Sta a noi prenderne atto ed essere spregiudicati quanto, se non più, di loro, ricambiandoli con la stessa moneta.

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Imprenditore, laureato in Scienze Politiche (UNINT) con Master di I livello in International relations with Eastern countries (Università di Macerata); laureando magistrale in Relazioni internazionali (Università Cusano)