di Guglielmo Picchi
Il Mediterraneo e la diversificazione e sicurezza delle fonti energetiche sono elementi imprescindibili della politica estera dell’Italia. I gasdotti Greenstream dalla Libia e TTPC da Algeria/Tunisia, che attraversano il Mediterraneo verso la Sicilia, sono testimonianza delle nostre politiche energetiche e della presenza italiana nel Mediterraneo; tuttavia è indubbio che il nostro Paese abbia perso capacità di incidere sui dossier più rilevanti, dall’immigrazione all’energia, con conseguente limitazione della sfera di influenza politica ed economica, dovuta sia a un colpevole e ridotto nostro dinamismo sia all’attivismo altrui (vedi Turchia, Russia o Egitto).
Se da un lato il recente raddoppio del Canale di Suez ha confermato il Mediterraneo Orientale e i suoi porti al centro del commercio mondiale, connettendo il sistema indo-pacifico e quello euro-atlantico-mediterraneo con rotte commerciali, energetiche e militari sulle quali si concentrano le attenzioni di moltissimi Paesi (non ultima la Cina con le nuove Vie della Seta), dall’altro la scoperta di immensi giacimenti di gas – Tamar (2009) e Leviatano (2010) al largo delle coste di Israele, Afrodite (2011) nelle acque di Cipro e infine Zohr (2015) nelle acque egiziane – ha rafforzato la strategicità dell’area e la necessità di stabilità geopolitica.
East Med Gas Forum
Nell’ottobre del 2018, su impulso dell’Egitto, nasce il Forum del Gas del Mediterraneo Orientale (Eastern Mediterranean Gas Forum – EMGF) con lo scopo di rafforzare la cooperazione nel settore e, più in generale, il sistema di sicurezza energetica nel Mediterraneo, strategico per gli equilibri geopolitici nell’intera macro-area che va da Gibilterra agli Urali.
Il Forum si è costituito nel gennaio 2019 con la partecipazione di Italia, Egitto, Giordania, Israele, Cipro, Grecia e Autorità Nazionale Palestinese, e il suo Statuto è stato approvato nella riunione ministeriale dei Paesi aderenti il 22 settembre 2020, mentre la ratifica da parte dell’Italia è al vaglio della Camera dei Deputati in questi giorni. Il Forum, con la ratifica dello Statuto, avrà lo status di organizzazione internazionale, con segretariato e sede a Il Cairo. Esso si configura come l’Opec del gas mediterraneo, con la finalità di coordinare le politiche degli Stati membri (con il sostegno di UE e World Bank) e di ottimizzare lo sfruttamento dei nuovi giacimenti anche attraverso la realizzazione del gasdotto Eastmed, che avrebbe un ruolo strategico per ragioni di carattere economico e geopolitico.
Obbiettivo ulteriore del Forum è quello di coinvolgere l’industria del gas e il settore privato attraverso un Gruppo di Lavoro chiamato GIAC, composto dalle maggiori imprese dei 7 Paesi membri. Per l’Italia partecipano i campioni nazionali Eni, Saipem e Snam.
Il gasdotto
La società promotrice del progetto è Poseidon, partecipata in modo paritario dalla greca Depa e dalla italiana (ma controllata dai francesi di EDF) Edison. Il gasdotto sarà lungo 1300 chilometri e avrà inizio con un’unità galleggiante di stoccaggio e scarico a una profondità di circa 1.800 metri nella zona industriale di Vasilikos a Cipro; proseguirà poi per 734km fino alla parte orientale dell’isola di Creta orientale e raggiungerà, dopo altri 422km, il Peloponneso meridionale ad Achaia e quindi il Golfo di Patrasso, con un percorso onshore di circa 245 km. Infine dovrebbe giungere a Otranto in Italia. Risulta evidente la volontà di aggirare la Turchia.
Secondo le stime il gasdotto potrà trasportare tra 9 e 12 miliardi di metri cubi all’anno. Richiede un investimento di oltre 6 miliardi di euro e mira a fornire il 10% del gas naturale europeo. Il giacimento egiziano di Zohr sarà collegato alla terraferma da un gasdotto e, tramite altri gasdotti già esistenti tra Egitto e Israele e tra Israele e Tamar e Leviatano, potrebbe infine ricollegarsi a EastMed.
La posizione italiana
L’Italia ha quindi un interesse prioritario sia nel Forum sia nella successiva realizzazione del gasdotto EastMed. C’è la possibilità di diversificare le fonti di approvvigionamento di gas, di abbassare la bolletta energetica nazionale e di ridurre i rischi di interruzioni delle forniture. Molte sono le aziende italiane coinvolte direttamente e indirettamente nel progetto. Infine, l’Italia potrebbe tornare politicamente ed economicamente protagonista in un’area dove rischiavamo la marginalità.
Nonostante gli evidenti benefici, l’Italia non è stata in grado di guidare il processo dell’EMGF ma lo ha subito. Inoltre, tensioni interne alla politica italiana hanno fino ad oggi eluso la discussione sulla partecipazione dell’Italia alla realizzazione del gasdotto, tanto che il precedente presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva dichiarato che non era possibile che un altro gasdotto (dopo il TAP) raggiungesse la Puglia.
Vedremo se il nuovo governo saprà cogliere, come auspica la Lega, le opportunità che l’EMGF offre al nostro Paese.
Sostenibilità economica e politica del gasdotto
Se, tecnicamente e geopoliticamente, l’iniziativa è cruciale per l’Italia, ci sono però numerosi aspetti negativi. In primis l’onerosità della realizzazione dell’infrastruttura e le tensioni che potrebbe creare con gli attori regionali. Al Forum infatti non partecipano Paesi quali Turchia e Libano a causa, rispettivamente, delle persistenti tensioni con Grecia e Cipro e della presenza di Israele. Inoltre il costo complessivo dell’opera supera i 6 miliardi di euro ed è ingente anche se condiviso da molti operatori e Paesi.
Il principale mercato di sbocco del gas trasportato attraverso il gasdotto EastMed rimane l’Europa continentale, che però ha pianificato di decarbonizzare completamente la propria economia entro il 2050, cosa che rende probabile immediati cali di utilizzo del gas naturale nell’ordine del 25/30% entro il 2030. Non esistono altri mercati di sbocco per il gas estratto nella regione: tutti gli altri sono o limitati per volume dei consumi o non competitivi in termini di prezzo. L’alternativa da considerare al gasdotto è la flessibilità dell’utilizzo di navi LNG (gas naturale liquefatto), meno costose e con mercati di sbocco in tutto il mondo.
C’è poi da fare i conti con la geopolitica, cioè con la Turchia e il piano sviluppato dalla Turkish Petroleum Corporation (TPAO). Secondo “Start Magazine”, che riprende il giornale greco “Ekathimerini”, non è solo un piano energetico ma un vero e proprio manifesto di politica energetica del governo turco. Esso prevede una robusta presenza della marina militare di Ankara in tutto il bacino del Mediterraneo Orientale, per consentire attività esplorative e di perforazione all’interno della zona economica esclusiva (ZEE) di Cipro. Ci sono inoltre pressioni sul Qatar per ritirare la Qatar Petroleum dal consorzio con la società americana ExxonMobil, che è attiva nel blocco 10 della ZEE di Cipro. Sempre “Start Magazine” riporta le dichiarazioni bellicose del vicepresidente turco Fuat Oktay, secondo cui qualsiasi iniziativa che escluda la Turchia sarebbe destinata al fallimento, o comunque sarà ostacolata con ogni mezzo.
È evidente, quindi, che il coinvolgimento della Turchia nel Forum, senza precondizioni, sia necessario sia per mitigare le sortite in politica estera di Akara (che deve coprire le proprie debolezze politiche interne) sia per la necessità di chiarezza e stabilità da dare ad operatori e finanziatori che devono investire nel gasdotto EastMed. Infatti Erdogan, come risposta al non coinvolgimento nel Forum della Turchia, nel novembre del 2020 ha stabilito tra il proprio Paese e la Libia un confine marittimo che attraversa acque del Mediterraneo in realtà di competenza, secondo il diritto internazionale, di Grecia e Cipro – e guarda caso proprio dove dovrebbe passare il gasdotto. È del tutto chiaro che, date queste condizioni, difficilmente l’opera sarebbe realizzabile.
Come ulteriore complicazione, ad oggi un vascello turco di esplorazione rimane provocatoriamente a largo di Cipro, mentre un secondo se ne è allontanato solo per effettuare delle manutenzioni temporanee.
Gli altri attori: Israele, Usa, Francia
I benefici dell’EMGF sono molteplici: tra quelli geopolitici c’è sicuramente il fatto d’essere il primo progetto in cui Israele è seduto al tavolo con Paesi arabi ed europei ma, soprattutto, con l’Autorità Nazionale Palestinese. Inoltre, se realizzato EastMed sarebbe per Israele un collegamento fisico con l’Europa continentale, limitando fortemente l’ingerenza turca nell’area. Da ricordare come l’elemento economico sia cruciale per Israele, che si aspetta oltre 15 miliardi di dollari di ricavi solo dall’accordo con l’Egitto stipulato nel 2018 sulle forniture di gas dal Leviatano.
Gli Stati Uniti valutano con grande interesse la creazione dell’EMFG e intenderebbero aderire al Forum o quanto meno rafforzare la cooperazione nella regione del Mediterraneo Orientale nel settore energetico, come dimostra la partecipazione del Vice Segretario statunitense per l’energia al lancio del Forum nel gennaio 2020. Gli USA, in particolare, ritengono che le risorse di gas presenti al largo di Israele, Cipro ed Egitto costituiscano un importante elemento per la diversificazione degli approvvigionamenti energetici europei, con conseguente diminuzione della dipendenza del Vecchio Continente dalle forniture di Mosca. Comunque rimane il fatto che, sebbene la presenza Usa diretta e indiretta sia molto limitata, solo grazie al “Eastern Mediterranean Security and Energy Partnership Act” del 2019 gli USA hanno posto le premesse dell’alleanza tra Israele, Grecia e Cipro, con la finalità dichiarata di contrastare la Federazione Russa. Non è un caso che, dopo la sospensione dell’embargo per l’export di armi verso Cipro da parte americana, ci sia stato l’immediato lancio del Forum.
Anche la Francia ha dichiarato il proprio interesse a partecipare al Forum e si riserva di aderire in un secondo momento.
L’Italia come mediatore?
Le tensioni e gli interessi contrastanti dei vari attori nel Mediterraneo Orientale sono una occasione d’oro che l’Italia dovrebbe cogliere. Il nostro è il Paese con le migliori relazioni con tutte le parti coinvolte e, dettaglio non secondario, l’ENI è il maggior operatore energetico in Egitto, Cipro e Libano. Nonostante l’episodio spiacevole della marina militare turca che bloccò una nave da esplorazione della SAIPEM a largo di Cipro nel 2018, Ankara e Roma continuano ad avere ottime relazioni, come dimostrano le esplorazioni congiunte nell’agosto del 2020. Nello stesso periodo si sono svolte esplorazioni italiane anche con Cipro, Grecia e Francia.
Area sempre instabile
Tuttavia l’area rimane altamente instabile, come dimostrano le perplessità e il dibattito che si è scatenato in Egitto su un fatto del tutto scorrelato dal EMGF, ossia l’annuncio della realizzazione dell’oleodotto Eilat-Ashkelon da parte di Emirati Arabi Uniti e Israele. Il progetto permetterà a Israele di trasportare il petrolio emiratino al suo porto di Ashkelon e da lì ai mercati europei, senza utilizzare il Canale di Suez.
Il 20 ottobre 2020, infatti, la società statale israeliana Europe Asia Pipeline, Eapc, e la Med-Red Land Bridge con sede negli Emirati Arabi Uniti hanno firmato un memorandum d’intesa per utilizzare l’oleodotto Eilat-Ashkelon, che collega la città di Eilat sul Mar Rosso ad Ashkelon nel Mediterraneo, per il trasporto di petrolio emiratino in Europa. Il nuovo oleodotto, del costo di 700-800 milioni di dollari, dovrebbe, secondo i proponenti, far risparmiare tempo, carburante e costi rispetto all’attraversamento del Canale di Suez. La compagnia israeliana dovrebbe aumentare le quantità trasferite di decine di milioni di tonnellate all’anno.
Eapc ha aggiunto che l’accordo “offre ai produttori e ai raffinatori di petrolio la via più breve, efficiente e conveniente per trasportare il petrolio e i prodotti petroliferi dal Golfo Arabico ai centri di consumo in Occidente, e fornisce l’accesso ai consumatori dell’Estremo Oriente al petrolio prodotto nelle regioni del Mediterraneo e del Mar Nero”. Il vantaggio dell’oleodotto rispetto a Suez è la capacità dei terminali di Ashkelon e Eilat di ospitare le superpetroliere giganti che dominano il trasporto del petrolio oggi, ma sono troppo grandi per passare attraverso il canale.
L’Egitto sta seguendo da vicino il progetto, dato il suo impatto diretto sulle navi che passano attraverso il Canale di Suez e, quindi, la potenziale diminuzione dei diritti di transito che portano nelle casse egiziana valuta pregiata. Alcune fonti riportano che il direttore del Canale di Suez Rabie ritiene che il progetto Israele-EA, potrebbe diminuire il traffico fino al 16%.
L’incognita della pandemia sul progetto?
Se dunque abbiamo evidenziato luci ed ombre del EMGF, rimane del tutto inesplorato il dibattito su quale sia l’impatto della crisi pandemica sul progetto EastMed.
Il calo della domanda storica di petrolio e gas, i prezzi globali del gas, gli elevatissimi costi dei singoli progetti di gas offshore a Cipro, Grecia e Israele potrebbero minare definitivamente la realizzabilità del progetto. Sullo sfondo poi rimangono le nubi cariche di tensioni nel Mediterraneo Orientale, dettate dalle rivendicazioni turche circa presunti diritti di trivellazione che preoccupano sia gli investitori sia gli operatori del settore.
A Draghi la scelta
Il nuovo governo Draghi dovrà valutare con attenzione tutti gli elementi in gioco. Si dovrà ben ponderare la scelta tra diversificazione e sicurezza energetica e ruolo italiano nell’area, da un lato, e i costi e le difficoltà politiche per realizzare il gasdotto dall’altro. Sullo sfondo rimane la domanda se l’Italia abbia la voglia e la capacità di essere protagonista nel Mediterraneo.
Direttore per le Relazioni internazionali del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Deputato nelle legislature XV, XVI, XVII, XVIII e Sottosegretario agli Affari Esteri durante il Governo Conte I. Laureato in Economia (Università di Firenze), Master in Business Administration (Università Bocconi), dirigente di azienda bancaria.
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