di Guglielmo Picchi

La notizia della giornata è sicuramente l’annuncio della nascita della Super Lega calcistica europea, cui hanno aderito sei club inglesi, tre spagnoli e, per l’Italia, Inter, Juventus e Milan. Le reazioni alla notizia, per lo più contrarie, sono giunte da ogni dove. Naturalmente UEFA, FIFA e federazioni nazionali sono state durissime. Ma non sono mancate le prese di posizione della politica europea e nazionale, in primis di Mario Draghi e Matteo Salvini.

L’argomento non mi appassiona, ma mi ha comunque ricordato d’una vecchia amica di Londra che, in passato, si era proprio occupata di concorrenza in ambito sportivo. Ho così deciso di chiamarla per capirci qualcosa di più. L’esito della telefonata è stato abbastanza sorprendente: i club coinvolti nella Superlega hanno reali possibilità di far prevalere le proprie ragioni in una battaglia legale contro federazioni nazionali, UEFA e FIFA.

Quest’ultime hanno minacciato sanzioni contro i club coinvolti nel progetto: in particolare la non partecipazione ai campionati nazionali e alle competizioni europee (Champions League e Europa League) e l’esclusione dalle nazionali per i singoli giocatori delle squadre coinvolte. Questo vorrebbe dire sarebbero escludere dalla Premier League Manchester United, Manchester City, Liverpool, Tottenham Hotspur, Chelsea e Arsenal, dalla Liga spagnola Real Madrid, Barcellona ed Atletico, e dalla Serie A Juventus Inter e Milan.

La legale londinese mi confida che proprio le regole UE sulla concorrenza sarebbero la solidissima base giuridica che permetterà alla neonata Superlega di vincere in ogni tribunale, in UE o extra-UE.

Tutto si baserebbe, secondo l’esperta, sulla decisione presa nel dicembre 2020 dalla Corte Generale della UE nel caso T-93/18, che vedeva opposte la International Skating Union (ISU) e la Commissione Europea. A soccombere è stata la prima. L’ISU voleva vietare agli atleti ad essa affiliati di partecipare a competizioni organizzate da soggetti terzi e non approvati: la minaccia era di bandirli da tutti gli eventi del calendario “ufficiale”. Il caso fu sollevato dalla Commissione Europea dopo una segnalazione da parte di due atleti olandesi che lamentavano la discriminazione da parte della ISU se avessero partecipato a competizioni “non sanzionate” dalla stessa.

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La Corte ha, nella sostanza, decretato che certamente le federazioni nazionali o internazionali svolgono una funzione di regolatore del singolo sport ma devono farlo ai sensi degli articoli 101, 102 e 106 del TFUE, ossia garantendo a terze parti la possibilità di partecipare al “mercato”. Ciò significa che anche le competizioni non organizzate dalle federazioni stesse debbano essere consentite, al fine di evitare monopoli e “distorsioni del mercato” degli eventi sportivi. Questa decisione è stata in seguito considerata un precedente da un tribunale tedesco che, in gennaio, ha respinto un ricorso della federazione nazionale tedesca e di quella internazionale di wrestling di impedire lo svolgimento di una nuova competizione che non li coinvolgeva nell’organizzazione.

UEFA, FIFA e federazioni nazionali, se credono di poter fare i “monopolisti” in Unione Europea o pure nel Regno Unito, avranno vita assai dura. La questione della Superlega pone problemi seri che vanno molto al di là dei valori sportivi e giungono all’essenza stessa della dottrina comunitaria in termini di concorrenza.

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Direttore per le Relazioni internazionali del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Deputato nelle legislature XV, XVI, XVII, XVIII e Sottosegretario agli Affari Esteri durante il Governo Conte I. Laureato in Economia (Università di Firenze), Master in Business Administration (Università Bocconi), dirigente di azienda bancaria.