di Guglielmo Picchi

La Russia di Putin non rinuncia al proprio ruolo geopolitico e, dopo Siria, Mediterraneo e vaccini, adesso gioca le proprie carte anche nello spazio. La conferma del ritiro della Russia dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) nel 2025 è giunta ieri, non troppo a sorpresa, da parte di Dimitri Ragozin, il capo dell’agenzia spaziale russa Roscosmos. L’ipotesi del ritiro russo, che circolava da molti mesi tra gli addetti ai lavori, si è finalmente tramutata in realtà.

La collaborazione spaziale tra Washington e Mosca, iniziata nel 1998 dopo la fine della Guerra Fredda, si sta concludendo, simbolicamente, come il ciclo vitale dei moduli che compongono la stazione stessa. Proprio il mese scorso si era reso necessario un intervento di riparazione straordinario sul modulo russo per sigillare alcune microfessure che provocavano perdite di ossigeno. Dopo oltre vent’anni di servizio i moduli mostrano i segni del tempo e il ritiro della Russia renderà davvero difficoltoso mantenere in vita la stazione fino al 2030, come auspicavano la NASA e le altre agenzie spaziali coinvolte. Sebbene i moduli originari della ISS fossero esclusivamente russi e americani, successivamente anche l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e quelle di Canada e Giappone hanno contribuito all’allargamento e al miglioramento della stazione spaziale.

Il ritiro di Roscosmos dalla ISS è un segnale geopolitico importante – la Russia guarda a est e non più ad ovest – che giunge in un momento in cui i rapporti con Washington e le altre capitali occidentali sono particolarmente tesi: gli USA hanno imposto nuove sanzioni ed espulsioni di diplomatici russi in risposta a presunte interferenze nelle elezioni americane e agli attacchi informatici subiti; gli europei hanno condannato Mosca per aver messo in carcere Alexei Navalny e aver ammassato truppe al confine ucraino. La conferma del cambio di paradigma russo non è solo giunto dall’abbandono della ISS (che sarà effettivo dal 2025) ma anche dalla firma di un memorandum con la Cina per costruire insieme una base lunare (orbitale o di superficie). La Russia aveva recentemente rinunciato ad una simile offerta di aderire ad un progetto guidato dalla NASA.

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Non pare nemmeno casuale che l’annuncio del ritiro dalla ISS sia giunto nel sessantesimo anniversario del primo uomo nello spazio, il cosmonauta sovietico Yuri Gagarin. Putin, durante le celebrazioni, ha ribadito la volontà della Russia di rimanere tra le principali potenze spaziali e per farlo Ragozin e Roscosmos hanno il mandato di iniziare i lavori per la nuova stazione spaziale che dovrebbe, nelle migliori previsioni russe, essere in funzione entro il 2030.

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Direttore per le Relazioni internazionali del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Deputato nelle legislature XV, XVI, XVII, XVIII e Sottosegretario agli Affari Esteri durante il Governo Conte I. Laureato in Economia (Università di Firenze), Master in Business Administration (Università Bocconi), dirigente di azienda bancaria.