di Guglielmo Picchi

In Italia votare non è concesso, ma lo è ai quasi tre milioni di albanesi che il 25 aprile saranno chiamati a rinnovare l’Assemblea del Popolo e i suoi 140 componenti. L’attuale primo ministro Edi Rama del Partito socialista albanese (PSSH) tenterà di confermarsi per il terzo mandato consecutivo. I sondaggi sembrano darlo favorito anche se, nelle ultime rilevazioni, il principale partito di opposizione, il Partito Democratico di Lulzim Basha ha ridotto le distanze.

Basha, già sindaco di Tirana e sconfitto quattro anni fa, guida la coalizione di centrodestra “Alleanza per il Cambiamento” che include ben tredici partiti. Ha siglato un insidioso accordo pre-elettorale con il Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI), legato al presidente della Repubblica Ilir Meta che è in pessimi rapporti con il premier Rama. L’accordo, articolato in tredici punti, prevede che sebbene i partiti si presentino separati alle elezioni collaborino per formare insieme un nuovo governo al posto di quello di Rama.

Da non trascurare il ruolo che potrebbe avere sulle elezioni la numerosa diaspora albanese nel mondo: non è passato certo inosservato l’attivismo del partito kosovaro Vetëvendosje, i cui candidati sono stati sostenuti apertamente dal primo ministro del Kosovo Albin Kurti, che ha fatto campagna elettorale anche in Italia.

Rispetto alle vittoriose elezioni del 2017, Rama avrà di fronte non solo una opposizione più coesa ed agguerrita ma anche le sfide irrisolte della pandemia che hanno lasciato una grave situazione economica e sociale. Sia il piano vaccinale sia la gestione complessiva della pandemia hanno suscitato non pochi dubbi in patria e all’estero. La campagna vaccinale è in forte ritardo rispetto ai Paesi vicini e al resto d’Europa: iniziata formalmente ai primi di gennaio è decollata veramente solo a fine marzo, ma ancora oggi risultano vaccinate solo 370.000 persone. La forte arretratezza del sistema sanitario albanese ha purtroppo dimostrato tutti i suoi limiti e certamente Rama negli ultimi 8 anni non è riuscito a migliorarlo.

La pandemia ha duramente colpito l’economia, già debole dopo il terremoto del dicembre 2019, e nel 2020 il calo del PIL è stato del 6,7%; il debito pubblico è aumentato del 13%. Tra i più colpiti il settore turistico, che da solo vale circa il 21% di tutta l’economia albanese. La delicata situazione economica si inserisce su una precaria situazione sociale: ricordiamo le manifestazioni contro la corruzione e l’assalto del Parlamento nel 2019, le proteste del maggio 2020 in occasione della demolizione del Teatro Nazionale di Tirana e infine le rivolte giovanili di Tirana del dicembre scorso, protrattesi per giorni dopo l’uccisione di un ragazzo da parte della polizia.

LEGGI ANCHE
L’Europa non può sottomettersi alla rete Soros

La partita elettorale si svolgerà anche sulle tematiche europee. Il percorso per l’ingresso dell’Albania nell’Unione Europea, iniziato nel 1999, si trascina da più di venti anni tra accelerazioni e battute d’arresto. L’acquisizione dello “status” di Paese candidato è giunta nel 2014. Nel 2019 un nuovo stop, anche se ora il processo sembra riavviatosi con l’avvio della Conferenza Intergovernativa UE-Albania, che è la sede in cui si terranno i negoziati di adesione. L’obbiettivo di entrambe le parti sarebbe quello di una piena adesione entro il 2025 e l’avvio della Conferenza intergovernativa è sicuramente una notizia estremamente positiva, anche se i 35 capitoli dei negoziati nascondono insidie complesse per un Paese dove corruzione e malaffare sono ampiamente diffusi e le riforme attuate sono ancora lontane dagli standard richiesti da Bruxelles.

Le elezioni del 25 aprile sono quindi cruciali non solo per il futuro del Paese delle due aquile ma anche per l’Unione Europea, che non può permettersi di lasciare soli i Paesi dei Balcani senza accompagnarli nel processo di riforma e modernizzazione delle istituzioni, del sistema economico e burocratico, e soprattutto di esporli ad infiltrazioni politiche ed economiche di altri attori quali la Cina, la Russia e la Turchia.

La parola adesso è al popolo albanese.

+ post

Direttore per le Relazioni internazionali del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Deputato nelle legislature XV, XVI, XVII, XVIII e Sottosegretario agli Affari Esteri durante il Governo Conte I. Laureato in Economia (Università di Firenze), Master in Business Administration (Università Bocconi), dirigente di azienda bancaria.