di Andrea Bandelli
Il sistema fieristico italiano rappresenta indubbiamente uno degli assets strategici a disposizione delle aziende, dei territori e delle istituzioni del nostro Paese. Il sistema fieristico contribuisce in maniera determinante allo sviluppo ed alla internazionalizzazione delle aziende italiane ed è un supporto determinante alla promozione ed alla commercializzazione dei prodotti del made in Italy nei mercati internazionali. Allo stesso tempo rappresenta uno degli strumenti più efficaci per la promozione dei nostri territori, delle nostre bellezze naturali, del nostro sistema museale (in cui è custodito un inestimabile patrimonio d’arte unico al mondo), del nostro patrimonio culturale (con eventi teatrali musicali e manifestazioni di rievocazione storica), del nostro infinito patrimonio enogastronomico e di quello che viene definito ed identificato in tutto il mondo come “Italian way of life”.
Si tratta quindi di uno “strumento di politica economica” molto complesso i cui risultati in termini di contributi alla crescita economica, sociale e culturale del nostro Paese dipendono da una molteplicità di fattori sia interni (quali ad esempio lo stato dell’economia nazionale e la capacità del sistema produttivo nazionale di saper fare sistema per superare una crisi come l’attuale e tornare a crescere) sia esterni (quali lo stato delle economie degli altri Paesi, la concorrenza degli enti fieristici di altri Paesi in termini di offerta e di calendario, la effettiva esistenza per gli operatori nazionali delle condizioni di carattere giuridico ed economico per proiettare le manifestazioni fieristiche oltre i confini organizzando eventi fieristici anche nei più importanti mercati internazionali).
Dalla relazione del novembre 2020 illustrata alla Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati dal presidente dell’Associazione Esposizioni e Fiere Italiane Maurizio Danese emerge che:
- le più di 1.000 manifestazioni fieristiche italiane, in condizioni di normalità, coinvolgono annualmente circa 200.000 espositori e oltre 20 milioni di visitatori;
- l’Italia, con i suoi 2.304.748 mq di superfici espositive coperte, è per estensione la quarta al mondo dopo Cina, Stati Uniti e Germania;
- ogni anno durante le manifestazioni fieristiche italiane si chiudono contratti commerciali per circa 80 miliardi di euro ed almeno il 50% delle esportazioni delle aziende italiane deriva da contatti con operatori avvenuti nel corso della partecipazione ad eventi fieristici;
- il 75,3% delle imprese vede nelle fiere uno strumento fondamentale per il proprio sviluppo, utile al contatto diretto con il mercato e alla comunicazione della competenza aziendale in fase di ricerca attiva del potenziale acquirente;
- il settore fieristico alimenta una filiera che vede attivi organizzatori, allestitori, imprese di catering, ed altri fornitori di servizi e professionisti con un fatturato più che doppio di quello del settore;
- le manifestazioni fieristiche valorizzano il territorio generando un indotto complessivo che è pari ad almeno 10 volte il fatturato del settore.
La crisi pandemica ha inciso pesantemente sul fatturato e sui risultati economici realizzati nel corso del 2020 dalle aziende del settore fieristico italiano, con ricavi in calo di oltre 2 miliardi di euro pari all’80% del fatturato e perdite diffuse e molto pesanti per tutti gli operatori. A questi risultati negativi vanno sommati i cali di fatturato delle aziende dell’indotto, che si attestano ad oltre 18 miliardi di euro. Ci sono poi da considerare le diminuzioni dei ricavi di tutte quelle piccole e medie aziende italiane orientate all’esportazione, e sono davvero tante, i cui fatturati dipendono in misura importante dagli ordinativi raccolti proprio in occasione della partecipazione agli eventi fieristici sia nazionali sia internazionali (anche questi cancellati a causa della pandemia) e le pesanti perdite che ne sono conseguite e che caratterizzano i risultati dei bilanci 2020.
Proprio in considerazione di questi dati ormai consolidati, che ritroviamo anche nei bilanci delle aziende del settore fieristico degli altri Paesi europei e di tutti i Paesi industrializzati, sono stati ritenuti indifferibili tempestivi e consistenti interventi, anche a fondo perduto, a sostegno degli operatori fieristici. A livello europeo molti Paesi hanno predisposto uno stanziamento di fondi che ha interessato anche il settore fieristico; in particolare la Germania, nostro competitor, ha stanziato solo per questo settore circa 640 milioni di euro e così hanno fatto, seppure in misura minore, la Francia, la Spagna e l’Austria.
In Italia, oltre agli interventi di ordine generale contenuti nei vari decreti che si sono succeduti nel corso del 2020 (quali la concessione di garanzie da parte del Fondo Centrale di Garanzia sui finanziamenti bancari e la cassa integrazione straordinaria), le aziende del settore fieristico sono state destinatarie di alcuni interventi specifici quali finanziamenti agevolati a valere sul Fondo rotativo 394/81 di Sace/Simest e relativo cofinanziamento a fondo perduto a valere sul Fondo Promozione Integrata e la sospensione della prima rata IMU 2021 per gli immobili di fiere e congressi.
Nell’ultimo Decreto Sostegni varato dal Governo Draghi sono state inserite (in particolare all’art. 38) misure specifiche per il sostegno del settore fieristico. Per l’anno 2021 viene implementata la dotazione del Fondo per la promozione integrata, con 150 milioni di euro destinati all’erogazione di contributi a fondo perduto fino al 50% dei finanziamenti concessi per la realizzazione di programmi di penetrazione commerciale (studi di mercato, fiere e congressi, spese di pubblicità, spese per costituzione depositi e campionamenti, costi rappresentanze permanenti, uffici, filiali di vendita e centri di assistenza all’estero, e spese costituzione reti vendita e assistenza all’estero) per i quali appare quanto mai opportuna la richiesta della deroga al regime de minimis che limita i contributi a 800.000 euro, così come è stata concessa alla Germania sulla base dell’art.107 par.2 lettera b del Trattato che rende possibili aiuti senza limiti riconoscendo l’eccezionalità della situazione causata dalla pandemia. Viene poi istituito presso il Ministero del Turismo un nuovo Fondo con una dotazione per l’anno 2021 di 100 milioni di euro destinato al ristoro delle perdite derivanti dall’annullamento, rinvio o ridimensionamento delle fiere e dei congressi a seguito delle restrizioni sanitarie causate dal virus (misura alternativa a quella del Fondo di promozione). Sono stati inoltre firmati dal Ministro del Turismo Garavaglia i decreti che sbloccano 350 milioni di euro di risorse stanziate da precedenti decreti ma non ancora utilizzate, e che saranno erogate in breve tempo al sistema fieristico italiano.
Dopo oltre un anno di sostanziale azzeramento degli eventi in presenza, nel futuro del settore fieristico si profila la sempre maggiore implementazione di un modello di business misto che prevede l’organizzazione sia di eventi in presenza sia di eventi ed iniziative virtuali. Le attuali soluzioni tecnologiche ed i sofisticati software disponibili rendono possibili visite virtuali ed interazioni fino a pochi anni fa neanche immaginabili, riducendo sensibilmente le differenze tra eventi in presenza ed eventi virtuali. Negli eventi virtuali l’organizzatore riesce ad effettuare una profilazione molto precisa e dettagliata di ciascun partecipante in quanto il percorso virtuale di ciascun visitatore risulta totalmente tracciabile. Questo consente all’organizzatore una migliore pianificazione e gestione delle manifestazioni fieristiche dove i vari eventi potranno essere strutturati anche sulla base del numero e tipologia dei potenziali partecipanti, specie quelli profilati e selezionati nelle precedenti edizioni. Un cambio di strategia che richiede però la disponibilità di tecnologie avanzate e soluzioni software estremamente sofisticate che comportano ingenti investimenti e quindi la disponibilità di risorse importanti di cui non tutti gli operatori del settore fieristico dispongono.
Questo nel tempo darà luogo ad una naturale selezione tra gli operatori del settore con maggiore probabilità di sopravvivenza, sviluppo e crescita dimensionale per quelli che avranno maggiore solidità patrimoniale e maggiori disponibilità finanziarie da impiegare; quindi saranno avvantaggiati quelli che sono già oggi di dimensioni medio/grandi e che possono reperire risorse finanziarie direttamente sul mercato dei capitali mediante aumenti di capitale ed emissione di nuove azioni o l’emissione di prestiti obbligazionari anche convertibili. Il passaggio dall’evento fieristico in presenza a quello virtuale, non è un percorso indolore e, se tra gli organizzatori si innesca un processo di selezione basato su disponibilità finanziarie, risorse tecnologiche e software, anche tra gli espositori si innesca una altrettanto naturale selezione basata sempre sugli stessi parametri perché anche i partecipanti ad un evento fieristico, per realizzare uno stand virtuale di livello, devono comunque avere sufficienti disponibilità finanziarie, risorse tecnologiche e software adeguati. Vi sono tuttavia alcune tipologie di eventi, in particolare nel nostro Paese, che per la natura dei prodotti risultano difficilmente trasferibili dalla modalità in presenza a quella virtuale, come ad esempio quelli del settore agro-alimentare e viti-vinicolo che sono tra gli eventi del settore più apprezzati al mondo.
In definitiva ad oggi la prospettiva più probabile sarà quella di programmare eventi fieristici in presenza (con tutte le precauzioni di natura sanitaria sostenendone i relativi maggiori costi) affiancati da una parte virtuale sempre più integrata con la prima e che può continuare per un periodo che va oltre alla durata limitata dell’evento in presenza, estendendone ed amplificandone gli effetti nel tempo con evidenti ritorni in termini di risultati anche economici per organizzatori ed espositori. In pratica si tratta di una classica operazione win-win dove ognuno dei partecipanti al deal raggiunge un obiettivo o anche più di uno.
In conclusione risulta quindi estremamente chiaro quanto, per un Paese come l’Italia, il settore fieristico sia il più efficace mezzo di promozione e valorizzazione del made in Italy e del territorio, quanto sia per noi irrinunciabile la sua tutela quale asset strategico, quanto sia opportuno da parte del legislatore, da parte del Governo e delle istituzioni locali porre in essere tutte le misure e rendere disponibili agli operatori tutti gli strumenti e le risorse necessari per consolidare e rafforzare i singoli operatori e l’intero settore e quanto sia opportuno favorire accordi e partnership tra operatori, soprattutto quegli accordi che hanno come obiettivo quello di proiettare le manifestazioni fieristiche oltre i confini nazionali, organizzando eventi anche nei più importanti mercati internazionali per coprire spazi lasciati liberi dai competitors, per crearne di nuovi e permettere alle aziende ed ai prodotti italiani di arrivare fisicamente nei Paesi più interessanti in termini di prospettive di mercato. Tutto questo dovrà essere realizzato nel più breve tempo possibile per consentire ai nostri operatori di essere protagonisti della ripartenza, perché ne va della futura competitività del sistema economico del nostro Paese.
La frammentazione e la presenza di molte realtà medio/piccole e piccolissime nel nostro sistema fieristico nazionale, dovuta sia ad un sostanziale immobilismo, sia al mantenimento di posizioni di monopolio territoriale a discapito del raggiungimento delle necessarie dimensioni competitive sul mercato sempre più internazionale sia alla totale assenza di una visione e della effettiva incapacità a strutturare un progetto di medio/lungo termine, rende una parte del nostro sistema fieristico debole in termini di competitività rispetto ai sistemi di altri Paesi nostri competitors, incapace di sostenere in misura sufficientemente adeguata il sistema economico territoriale e vulnerabile ad operazioni di take over. Ne è un esempio il sistema fieristico toscano, dove la frammentazione e l’immobilismo degli enti fieristici presenti sul territorio (tutti di piccole e piccolissime dimensioni se guardiamo al fatturato, ed a prevalente controllo pubblico) e la mancanza da decenni di un vero piano regionale di razionalizzazione e sviluppo del settore ha favorito sia il trasferimento di fatto delle manifestazioni (come avvenuto per alcune importanti manifestazioni del settore moda da Firenze a Milano), sia della sola organizzazione mantenendo la manifestazione nella sede originaria (come avvenuto per il settore orafo ad Arezzo) a società di altre regioni quali la Lombardia e l’Emilia Romagna che hanno sostenuto e favorito la nascita di operatori nazionali, alcuni dei quali quotati alla Borsa valori (Italian Exhibition Group Spa e Fiera Milano Spa ne sono esempi significativi). Se a questa situazione di mancanza di strategia e programmazione, fonte di un evidente svantaggio competitivo e debolezza strutturale del sistema fieristico toscano, si aggiungono le problematiche causate dalla attuale crisi pandemica, che hanno investito tutti gli operatori del settore e ne hanno provocato una profonda crisi, nessuno escluso, si capisce quanto la situazione del settore in Toscana sia complessa e come l’unica strada possibile, ancorché in grande ritardo rispetto al mercato, sia quella di aggregare gli operatori del settore per creare almeno in questa fase un player di livello regionale che in futuro, se ben gestito, possa ambire a diventare player nazionale.
Una opportunità per permettere al settore fieristico nazionale di superare questa fase molto critica è rappresentato dalla possibilità per gli operatori del settore di impostare piani di sviluppo inserendosi nelle linee di intervento previste nel P.N.R.R. appena varato. Le aree che possono essere di più immediato intervento e utilità per il settore sono la digitalizzazione, l’innovazione e la transizione ecologica, senza dimenticare il contributo essenziale dato al settore dalla esistenza di una adeguata rete infrastrutturale. Investimenti su digitalizzazione e innovazione tecnologica sono indispensabili per attirare espositori e visitatori, farli partecipare agli eventi, interagire e comunicare tra loro in condizioni di sicurezza. In particolare la digitalizzazione è essenziale per mettere i settori produttivi in condizione di consolidare ed incrementare la propria presenza sui mercati internazionali e contribuire sempre di più alla promozione dell’industria e di settori quali cultura, turismo ed enogastronomia che rappresentano una parte importante dell’economia italiana e dei territori. Anche gli investimenti per la transizione ecologica, finalizzati alla realizzazione o alla riconversione di strutture espositive rispondenti ai nuovi criteri di eco-sostenibilità ambientale, costituiscono una importante opportunità per gli operatori del settore e se realizzati saranno, in futuro, uno dei punti di forza del sistema fieristico italiano.
In definitiva appare evidente l’importanza di dotare il Paese di un più strutturato ed innovato sistema fieristico nazionale che se ben tutelato, supportato e reso sinergico ad una strategia più complessiva potrà continuare a svolgere il suo imprescindibile ruolo e contribuire significativamente alla ripartenza del Sistema Paese.
Per il Centro Studi Machiavelli è responsabile del programma di ricerca su "Reshoring e rilocalizzazione d'impresa". Laureato in Economia (Università degli Studi di Firenze), Dottore Commercialista, Revisore legale e socio fondatore di uno Studio professionale specializzato in consulenza societaria e fiscalità nazionale ed internazionale.
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