di Giovanni Giacalone
Israele è di nuovo sotto il fuoco dei razzi di Hamas sparati dalla Striscia di Gaza e, come ogni volta, un’ampia fetta dell’opinione pubblica e dei media si schiera contro lo Stato ebraico, accusandolo di “opprimere i palestinesi”, di “appropriarsi di territorio non proprio” e, in questo caso, di sfrattare gli arabi del quartiere di Sheikh Jerrah, a Gerusalemme Est, nonché di “dissacrare” la spianata delle moschee durante la fine del Ramadan.
Le cose stanno realmente così? Ovviamente dipende dall’angolazione con la quale si vogliono vedere gli eventi, ma un aspetto è oramai chiaro: per chi vorrebbe vedere Israele scomparire dalla mappa qualsiasi pretesto è buono, l’importante è schierarvisi contro e legittimare ogni attore ed azione rivolta contro lo Stato ebraico. A quel punto non ha neanche più senso dibattere, perché non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. Allo stesso tempo, però, è bene puntualizzare alcuni aspetti che certamente non piaceranno a costoro che vorrebbero eliminare Israele.
In primis, come esposto dallo scrittore Niram Ferretti, i settanta palestinesi di Sheikh Jerrah che dovrebbero lasciare le proprie abitazioni sono morosi, abusivi e vi è anche una sentenza del 1982 che stabilisce come due organizzazioni no-profit ebraiche siano legittime proprietarie del terreno dove sorgono le abitazioni. È dunque evidente che la faccenda dello sfratto sia strumentale a qualcos’altro, magari a vantaggio di Hamas che punta ancora una volta a mostrare di essere l’unico a poter colpire Israele e a mettere le mani anche su Gerusalemme Est. Sarà un caso il fatto che i rivoltosi abbiano issato sul tetto della moschea proprio la bandiera di Hamas?
Hamas era ben al corrente del fatto che, se i manifestanti avessero trasformato la Spianata in luogo di proteste e tumulti, la polizia sarebbe intervenuta ed ha dunque strumentalizzato il luogo di culto a proprio beneficio: quella strumentalizzazione politico-ideologica della religione che sta del resto tanto a cuore all’islamismo. È dunque Israele che ha “dissacrato” il sito? O forse lo ha fatto Hamas utilizzandolo per il proprio tornaconto?
Attenzione poi, perché quando si parla di Hamas non si parla di un vero e proprio attore politico-istituzionale, ma di un’organizzazione terrorista sulla black list di Unione Europea, Stati Uniti e Canada. Un’entità pseudo-governativa emersa dal calderone radicale dei Fratelli Musulmani che inneggia al jihad e che tramite il proprio braccio armato colpisce indiscriminatamente il territorio israeliano. I suoi migliori amici? Erdogan, il regime iraniano e il Qatar; più chiaro di così…
Hamas, una volta aggiudicatesi le elezioni del 2006 a Gaza, non ne ha più indette altre e da allora regna col pugno di ferro, eliminando qualsiasi tipo di opposizione e utilizzando la popolazione come scudi umani. Le riprese aeree di razzi lanciati dai tetti degli ospedali, dai bunker costruiti sotto infrastrutture civili e aree densamente popolate sono un dato di fatto. Chi è dunque che opprime i palestinesi? Perché ben poche voci si sono levate contro Hamas da parte di costoro che ne hanno tanto a cuore la causa?
Schierarsi con Hamas significa stare coi terroristi e con la violenza, come dimostrano del resto le minacce di morte arrivate al leader della Lega, Matteo Salvini, per essersi espresso a favore di Israele.
Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.
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