di Ernst Fall
DDL Zan. In Italia da un mese quasi non si parla d’altro. Un germinare repentino del tema nel dibattito che – è opinione di chi scrive – lascia trapelare le ragioni profonde dei committenti della legge. Nel mirino del disegno di legge 2005 non ci sono gli omofobi, la Chiesa o i cattolici, ma un partito politico in particolare: la Lega di Matteo Salvini.
Il tandem rosso-giallo è al governo da settembre 2019. Del decreto promosso da Alessandro Zan e Ivan Scalfarotto in area progressista si parla dalla primavera del 2020. Dopo un’estate di ostruzionismo da parte del Centrodestra, la proposta arriva con un paio di emendamenti alla Camera, che la approva 265-193 a novembre 2020. Di lì supera l’ostruzionismo dei leghisti in commissione Giustizia il 28 aprile e si avvia alla votazione definitiva al Senato.
Intanto però è successo qualcosa. Dopo un anno, passato nell’indifferenza, il DDL Zan diventa nello spazio di una manciata di ore di isterico dominio pubblico. L’industria culturale progressista – nelle persone di influencer, cantanti, artisti – lavora a ritmi cinesi per portare il tema sugli schermi di tutti gli italiani. La realizzazione tecnica è sublime, complice anche una Destra che su questo campo non può (e non vuole) dare battaglia. Passa l’idea che l’alternativa al DDL Zan sia la caccia spietata alle persone LGBT. Chi si oppone è il mostro che caccia di casa il figlio omosessuale, il folle che attraversa i binari per picchiare una coppia di ragazzi, il padre che disereda la figlia perché lesbica. Tattica comunicativa ineccepibile, che come ogni tattica è espressione di una strategia profonda.
La consequenzialità tra l’ingresso del Carroccio nel governo – dunque l’evasione dal club dei paria sovranisti a livello internazionale – e l’esplosione del bombardamento mediatico in favore della legge, dopo “colpevoli” mesi di silenzio, è lampante.
La tesi è semplice. La Lega rischia, con la sua avventura governista, di sciogliere lo stigma di forza estremista che ne determina l’isolamento. E il governo a cui partecipa non è un governo convenzionale, ma quello che, brandendo il messianico Recovery Fund, dovrà rifare l’Italia da zero e salvarla sul ciglio del baratro. Sarà difficile giustificare, in futuro, un “cordone sanitario” contro chi ha partecipato al salvataggio miracoloso del paese. Per chi vuole Matteo Salvini in carcere, rischiare lo sdoganamento del partito che fu padano è evenienza ben più disastrosa di una manciata di aggressioni omofobe, perché ne intacca il monopolio di interprete politico della volontà degli apparati. Se la Lega diventasse organica allo Stato profondo della Penisola il Centrosinistra perderebbe il polmone d’acciaio (insieme alla cultura) che lo tiene artificialmente in vita oltre ogni rovinosa tornata elettorale.
Dunque si incalza il Carroccio dove non può che esporsi e confermarsi agli occhi dell’opinione pubblica come forza radicale. Cedere sul DDL Zan vuol dire alienare tutto l’elettorato conservatore del partito, già migrante verso Fratelli d’Italia. Opporsi significa prestare il fianco alla gogna mediatica. Senza aggiungere altro, la situazione sarebbe già critica, ma c’è di più.
La Sinistra tenta di trasformare il voto sul decreto contro l’omofobia in una mozione costituzionale. Convincere la Lega che il governo Draghi è un governo di sinistra: “Vedete, per voi non c’è posto”. A confermarlo candidamente ci sono le dichiarazioni del neosegretario PD Enrico Letta che con cadenza meccanica suggerisce a Salvini di abbandonare la maggioranza in favore della veste più consona di rumoroso oppositore. Non si spiega, in caso contrario, la gigantesca sproporzione di attenzioni che la legge – il tema dei diritti LGBT in generale – ha ricevuto prima e dopo la formazione del governissimo di Mario Draghi.
Che la regia dell’onda mediatica di artisti per il DDL Zan sia di stampo politico è fuor da ogni dubbio, considerato lo scadenzamento militare delle tempistiche con cui, uno dopo l’altro, i big della cultura pop sono insorti contro il Carroccio. Che il fine del PD vada oltre l’attenzione di una comunità così esigua numericamente è questione di logica. Che la Sinistra tenti di tagliare le gambe ad una Lega governista è questione di (sua) sopravvivenza.
Studia la comunicazione politica, la narrazione, la capacità di creare miti e simboli per comprendere fino a che punto questo velo sia in grado di mascherare la realtà dei fatti. Proviene dal mondo del giornalismo, incubatore assieme all'università dei grandi miti post-moderni.
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