di Marcell Dengi

Il programma vaccinale ungherese anti-Covid è stato ampiamente criticato fin dagli esordi. All’inizio, infatti, Budapest ha scelto di prendere una strada a sé, rifiutando d’aderire completamente al programma vaccinale dell’UE. Dopo di che le critiche si sono focalizzate sul ricorso ai vaccini dell’Est, cinesi e russi. Eppure è stato proprio grazie a queste scelte che l’Ungheria ha fin da subito primeggiato nella campagna vaccinale: oggi, conteggiando la quota di popolazione che ha ricevuto almeno una dose, è sesta al mondo e prima nell’UE. Attualmente tra i 9,7 milioni di ungheresi i vaccinati sono più di 5 milioni, con oltre 3,5 milioni che hanno già ricevuto la seconda dose.

Non è stato semplice arrivare a un simile risultato ma ne è valsa la pena: il 22 maggio Viktor Orban, al raggiungimento dei 5 milioni di vaccinati, ha annunciato che dal giorno seguente non sarebbe stato più necessario indossare la mascherina all’aperto. Ad essere cancellati sono stati anche il coprifuoco e l’orario di chiusura anticipata per negozi e ristoranti. Attualmente è consentito anche tenere balli e concerti al chiuso, purché i partecipanti siano vaccinati. Si può insomma dire che, nell’ultimo scorcio di maggio, l’Ungheria ha riaperto quasi del tutto.

Ciò non sarebbe stato possibile senza i vaccini orientali. Un sito magiaro ha parlato di “roulette russa”, essendosi fatto ricorso ai vaccini Sputnik e Sinopharm non accettati in Europa Occidentale. Non sono mancate le schermaglie coi partiti ungheresi di sinistra e con l’UE. Di recente, l’OMS ha accettato questi due vaccini e certificato il successo del programma vaccinale ungherese. Il 60% degli ungheresi ha ricevuto la prima dose con vaccini occidentali. Fossero mancati quelli orientali, Budapest avrebbe ottenuto solo il 60% del risultato ottenuto.

L’Ungheria è gelosa della sua sovranità rispetto all’UE e a qualsiasi altro Paese; per tale ragione ha cominciato a costruire una fabbrica di vaccini che sarà operativa tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023. Sta pure cercando di sviluppare un proprio vaccino: gli scienziati hanno già completato la fase di sperimentazione animale. Si è così avanti nella costruzione del centro di produzione vaccinale perché l’idea circolava già dal 2018, ovviamente non ancora collegata alla Covid ma come Fabbrica Nazionale di Vaccini (Nemzeti Oltóanyaggyár). Sarà utilizzata non solo per il vaccino anti-Covid ungherese, in corso di sviluppo, ma pure per altri tipi di vaccino.

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Gergely Gulyás, Ministro dell’Ufficio del Primo Ministro (una sorta di capo di gabinetto ma con più rilievo istituzionale), ha dichiarato che l’Ungheria possiede ancora oltre 10 milioni di vaccini pronti all’uso, laddove dovesse presentarsi una nuova ondata di Covid: ogni vaccino fornisce infatti circa nove mesi di protezione. Nel corso della medesima intervista Gulyás ha spiegato anche la scelta di andare contro l’UE e ricorrere ai vaccini orientali. Bruxelles chiedeva all’Ungheria d’ordinare 19 milioni di vaccini Pfizer, per un valore di 350 milioni di dollari: cosa giudicata eccessivamente costosa e poco sensata, dal momento che Budapest calcola di poter produrre propri vaccini in patria dalla fine del 2022.

Tutto bene dunque? Il primo ministro Viktor Orbán invita comunque alla prudenza: 3 milioni d’ungheresi non solo ancora vaccinati, i Paesi vicini non stanno progredendo altrettanto bene e le mutazioni del virus rimangono tutt’ora un’incognita.

Per adesso, tuttavia, gli Ungheresi possono godersi il loro primato nell’UE.

 

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MCC Visiting Fellow presso il Centro Studi Machiavelli. Studente di Economia internazionale all'Università di Tecnologia ed Economia di Budapest e la Scuola di Economia del Mathias Corvinus Collegium.