di Gabe Buckley
(Traduzione autorizzata da “The American Conservative”: originale)
L’Australia che pensavate di conoscere è persa. Quaggiù, la terra dove le donne brillano e gli uomini tuonano è ormai nulla più che la strofa d’una canzone. Una nazione, un tempo famosa per il suo semplice egualitarismo, s’affretta oggi verso la segregazione e l’autoritarismo. È emersa una nuova classe feudale che ha affermato il suo predominio sulla società australiana; quasi ogni controllo e bilanciamento designato a tenere assieme la democrazia australiana è stato spazzato via. Il comportamento delle autorità comuniste cinesi verso i manifestanti pro-democrazia a Hong Kong, condannato dal governo in Australia, è stato replicato la settimana scorsa a Melbourne. Nel momento in cui scrivo le città di Sidney e Melbourne sono poste sotto un coprifuoco più ferreo di Kabul o Pyongyang.
L’Australia è divenuta una nazione nel 1901, ma la genesi della sua democrazia va cercata decenni prima tra i giacimenti aurei di Victoria, in quella oggi conosciuta come la “Eureka Rebellion“. La corsa all’oro dell’Ottocento era fonte di rivoluzionamenti economici nelle neonate colonie. L’afflusso di ricchezze nelle mani della cittadinanza privò le autorità delle risorse necessarie a mantenere l’ordine. Le lusinghe di facili guadagni nei giacimenti lasciò città e paesi tanto deprivati di lavoro manuale che il governatore di Victoria fu costretto a liberare i carcerati e impiegarli come agenti speciali nella polizia.
Per rallentare la crescita dello squilibrio tra cittadini e Corona si presero una serie di misure punitive per quei privati che ammassavano ricchezze. Licenze minerarie dal prezzo esorbitante, pari a molti mesi di stipendio, davano ai minatori i diritti su nemmeno un metro quadrato di scavi. Oltre a un distaccamento di soldati inglesi, migliaia di armati – molti dei quali ex criminali – furono inviati ai giacimenti per assicurare il rispetto delle regole. Una tassazione preventiva tramite licenze minerarie – tassazione interamente senza rappresentanza (all’epoca potevano votare solo i grandi proprietari terrieri) – e la mano pesante adottata dalle autorità coloniali suscitarono il risentimento dei minatori.
Sul finire del 1854 Peter Lalor, un irlandese dotato del dono dell’eloquenza, riunì un gruppo di “scavatori” nei pressi di Ballarat. Fu eretta una rozza palizzata e gli uomini presero a esercitarsi con qualsiasi arma a disposizione. A sventolare orgogliosamente sopra la Palizzata di Eureka era una nuova bandiera, raffigurante il cielo blu della possibilità e le stelle della Crux – la Croce del Sud – geometricamente disposte per simbolizzare il riunirsi di gente da ogni angolo del globo: australiano per scelta, non per circostanze.
Un ben addestrato reggimento inglese, assai più numeroso dei ribelli, ebbe gioco facile a mettere in rotta il gruppetto, armato per lo più con pistole e strumenti da minatore. L’insurrezione fu piegata nel giro di minuti e molti suoi capi celermente catturati. Lo stesso Lalor perse un braccio in battaglia, ma fu nascosto e portato via prima che fosse catturato. Fu dichiarato fuori legge e si offrì una taglia per la sua cattura.
Per quanto decisiva, la vittoria si rivelò di Pirro per le autorità vittoriane. Lo spirito dell’Eureka aveva catturato l’immaginazione d’una giovane nazione vogliosa d’autonomia. In rapida successione le giurie dichiararono i capi dei ribelli innocenti rispetto all’accusa di sedizione e gli imputati, ora uomini liberi, furono restituiti alla folla giubilante. Peter Lalor finì per l’essere l’unico fuorilegge eletto in un parlamento australiano; un sobborgo di Melbourne sarebbe stato intitolato in suo onore.
L’approccio australiano – governare per consenso anziché per forza – è giunto al termine dopo 166 anni, 8 mesi e 19 giorni. Sabato 21 agosto 2021 le forze di sicurezza australiane hanno nuovamente preso le armi contro una protesta di natura politica.
Lo scivolamento dell’Australia nell’autoritarismo ha sorpreso molti, non solo per la ferocia e rapidità con cui è avvenuto, ma pure per come è stato accolto favorevolmente da ampie porzioni di popolazione. L’agenda di controllo delle armi, avviata nel 1996 dal primo ministro apparentemente conservatore John Howard, è cresciuta al punto che persino possedere un modesto fucile da caccia è oggi legalmente impossibile per la maggioranza degli australiani. Per 25 anni la popolazione è stata sistematicamente disarmata. Libertà conquistate a caro prezzo, strappate con le unghie e coi denti ai tiranni del passato, sono state placidamente consegnate nelle mani dei tiranni del futuro.
L’offensiva legislativa contro la libertà d’associazione, la libertà di parola e la libertà di riunione è accelerata al punto che il semplice atto d’organizzare una protesta è una trasgressione tale da meritare una pena detentiva paragonabile al furto con scasso. La polizia del New South Wales ha recentemente istruito i suoi componenti ad evitare di rispondere a ogni chiamata d’emergenza, se non quelle relative a particolare pericolo, di modo da privilegiare l’imposizione delle restrizioni. Le cronache giornalistiche si vantano dei milioni di dollari di multa che vari governi statali stanno comminando a persone che siedono sulle panchine dei parchi, tentano d’aprire le proprie attività o fomentano online il sentimento anti-governativo. Lo scrivente stesso è stato multato per oltre $1000 perché trovato a più di sei miglia da casa senza una “ragionevole scusa”.
Nell’Australia Meridionale, coloro che sono posti in isolamento per direttiva sanitaria devono esporre nel proprio cortile un ampio segnale che dettaglia il loro status medico privato. Se vuole condurre una perquisizione domiciliare senza mandato, alla polizia è sufficiente invocare protocolli d’emergenza nelle più spurie delle circostanze. In tutto il Paese alla polizia è stato assicurato che non sarà chiamata a rispondere per nessuna ingiusta incriminazione in base alle medesime direttive sanitarie.
L’emanazione d’indiscriminati poteri emergenziali – basati su proiezioni iniziali delle morti, in seguito rivelatesi significativamente sovrastimate – ha fornito ai governi statali la possibilità d’aggirare le procedure parlamentari. I primi ministri hanno ceduto il potere esecutivo a burocrati della sanità pubblica non eletti e che non devono rendere conto del proprio operato. Le regole che i cittadini australiani devono seguire cambiano settimanalmente, quando non quotidianamente. Le politiche non si formano attraverso dibattiti ragionati, ma tramite bolle di pensiero burocratiche che si traducono in legge, grazie ad auto-attribuitisi “poteri d’emergenza”. Il premier di Victoria, Daniel Andrews, recentemente ha ordinato (senza un barlume d’ironia) d’indossare la mascherina mentre si consuma alcol all’aperto. L’opposizione politica è trascurabile, grazie a leggi elettorali mirate ad escludere tutti i partiti eccetto quelli dell’establishment.
La stratificazione economica della società, risultato delle misure punitive introdotte dalle amministrazioni in tutto il Paese, sta raggiungendo il punto in cui la stabilità politica dell’Australia sarà minacciata. Oltre il 30% della popolazione è composta di dipendenti pubblici. La duplicazione dei servizi pubblici lungo tre livelli di governo è sfociata in una classe politica ipertrofica. Burocrati lautamente pagati, il cui lavoro può facilmente essere svolto dai loro portatili, si crogiolano in ampie abitazioni, auto-riconoscendosi aumenti di stipendio e organizzando quartetti jazz per rilassarsi (da quelle poche volte che sono costretti a recarsi sul luogo di lavoro).
La realtà che affrontano quanti, per lavoro, riempiono gli scaffali dei supermercati, guidano camion o servono caffè implica di sottoporsi al fuoco di fila di poliziotti e soldati, che richiedono prova del diritto a occuparsi delle proprie legittime attività. I padroni di piccole attività, specialmente quelli che dipendono dai passanti a piedi e dalla clientela che consuma all’interno, stanno dichiarando bancarotta a un ritmo che sorpassa quello della crisi finanziaria mondiale. Le persone sono sempre più disperate.
Sabato, migliaia di persone disperate sono convenute al centro di Melbourne per sollevare questi problemi presso i loro rappresentanti eletti. Anziché essere ascoltate da coloro che sarebbero pagati per farlo, sono state accolte da scariche di proiettili di gomma e gas lacrimogeni lanciati da coloro che sarebbero pagati per difenderne i diritti. Ancora una volta un gruppo di onesti e operosi australiani, afflitti da regole e multe punitive, privi d’una voce effettiva col governo, ha sollevato la Croce del Sud come un segnale d’emergenza. I nostri governanti possono aver smarrito lo spirito dell’Eureka, ma il popolo non lo ha fatto.
Chief Operating Officer dello Australian Taxpayers' Alliance.
Sono sorpreso dal fatto che l’Australia e la Nuova Zelanda abbiano instaurato misure fortemente restrittive per pochi casi di Covid. Siamo sicuri che tutto ciò sia dovuto esclusivamente all’ottusità delle rispettive classi politiche? Io ne dubito. Ho un sospetto: che dietro queste misure restrittive ci sia la mano della Cina. È probabile che la Cina imponga limitazioni agli scambi commerciali con l’Australia e la Nuova Zelanda, qualora questi Paesi non applichino misure restrittive anti-Covid. Questa é una mia personale ipotesi, che necessita di una conferma o di una smentita. Gradirei vivamente che venga svolta un’inchiesta giornalistica su questo argomento.
É da notare che, già da tempo, la Cina utilizza la trappola del debito per soggiogare i governi dei Paesi emergenti. In sintesi, la Cina stipula prestiti per la costruzione di infrastrutture. Con il passare del tempo, i Paesi emergenti si indebitano. A questo punto, la Cina prende il controllo delle nuove infrastrutture. Ecco un link relativo alla trappola del debito: https://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=74061