di Nathan Greppi
L’egemonia della teoria gender
Angelo Bartlett Giamatti, rettore dell’Università di Yale negli anni ’80, una volta disse: “L’ordine senza libertà è repressione e la libertà senza ordine è anarchia”. Oggi, in nome dell’inclusione, ci troviamo di fronte ad un’anarchia che viene imposta tramite la repressione. Sono bastati pochi anni perché termini come “transfobia” e “non binario”, fino a ieri quasi inesistenti nel dibattito pubblico, oggi si siano ritagliati uno spazio non indifferente; in alcuni paesi, a un trans basta dire di sentirsi di un genere diverso dal sesso biologico per vedersi riconoscere tutti i diritti che questo comporta, come partecipare a competizioni sportive femminili anche se sei un uomo (come è successo all’atleta Valentina Petrillo, nato come Fabrizio).
Questo fenomeno, nato negli atenei anglosassoni, in seguito ha influenzato la politica, i media (tanto che oggi persino “Wikipedia” parla di “sesso assegnato alla nascita”, come se fosse un’imposizione esterna e non la realtà oggettiva) e il mondo dello spettacolo. In quest’ultimo ambito, tra le recenti serie televisive influenzate dagli attivisti trans vi è la prima stagione di “Y: L’Ultimo Uomo”, adattamento di una serie a fumetti americana distribuito dalla piattaforma streaming “Hulu” (in Italia da “Disney+“).
Perché oggi “Y” sarebbe “problematico”
Il fumetto originale, uscito a puntate tra il 2002 e il 2007 e realizzato dagli autori Brian K. Vaughan e Pia Guerra, è ambientato in un America post-apocalittica dove un giorno non solo tutti gli uomini, ma anche tutti gli altri mammiferi di sesso maschile, sono morti misteriosamente, lasciando solo le femmine al mondo. La storia segue le vicende di Yorick Brown, che sembra essere l’unico uomo sopravvissuto al disastro e che cerca di salvare l’umanità in un mondo dove ormai conta solo la legge della più forte.
L’opera, che prende nome dal cromosoma Y degli uomini oltreché dall’iniziale del protagonista, si distinse per la sua satira politica molto accesa, che prendeva di mira tutti senza fare sconti: democratici e repubblicani, femministe fanatiche e bigotti reazionari, svelando di ciascuno ipocrisie e contraddizioni. Inoltre, sotto certi aspetti, si è rivelata profetica per aver previsto in anticipo di quasi vent’anni eventi come la pandemia da Covid-19 e l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio.
Siccome le rivendicazioni politiche sono fortemente cambiate rispetto al 2002, c’è chi ha fatto notare che nella serie non si fa riferimento ai transessuali, il che ha portato la produzione a doversi conformare alle nuove mode: come spiega il sito “Fumettologica”, la creatrice della serie Eliza Clark aveva invitato già in fase di produzione Aydin Olson-Kennedy, rappresentante del Los Angeles Gender Center, per parlare agli sceneggiatori della propria vita. Inoltre ha fatto leggere le sceneggiature a Nick Adams, direttore della rappresentazione transgender del GLAAD, un’organizzazione statunitense finalizzata a promuovere una certa rappresentazione degli omosessuali e di altre categorie affini.
La riscrittura in senso politicamente corretto
Tra i curatori della serie televisiva vi è Charlie Jane Anders, scrittore trans specializzato in narrativa di fantascienza. In una sua newsletter, affermò che “la nozione per cui uccidere tutti quelli con il cromosoma Y significhi uccidere tutti gli uomini ignora il fatto che molte donne hanno un cromosoma Y, e molti uomini non ce l’hanno”. Un discorso simile fece la Clark sulla rivista “Variety”: “Non è la mascolinità di Yorick a renderlo diverso – è il suo cromosoma Y. Il genere non corrisponde ai cromosomi. […] Abbiamo creato un prodotto che afferma che le donne trans sono donne, che gli uomini trans sono uomini e che le persone non-binarie sono non-binarie, ed è parte della ricchezza del mondo in cui abbiamo ambientato le storie”.
Anders ha spiegato che tra i suoi obiettivi vi era fare in modo che l’opera non contenesse idee legate alle TERF, termine dispregiativo con il quale i transessuali indicano quelle femministe che non riconoscono le donne trans come vere donne, poiché biologicamente restano uomini. Come spiegava nel giugno 2020 il giornalista de “Il Foglio” Giulio Meotti, nei Paesi anglofoni si è scatenata una vera e propria crociata contro le femministe contrarie all’idea che i sessi e il genere siano soggettivi, portando all’ostracismo nei confronti di numerose editorialiste e accademiche accusate di transfobia.
Giornalista pubblicista, ha scritto per le testate Mosaico, Cultweek e Il Giornale Off. Laureato in Beni culturali (Università degli Studi di Milano) e laureato magistrale in Giornalismo, cultura editoriale e comunicazione multimediale (Università di Parma).
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