di Marco Malaguti
Chi ha vinto e chi ha perso in Germania
Il voto tedesco è ancora senza esito. Sappiamo chi sono i vincitori – i socialdemocratici – e sappiamo chi sono i vinti – la CDU di Armin Laschet e la Linke – ma non c’è ancora un governo. I Verdi, pur ottenendo il massimo risultato della loro storia, masticano amaro classificandosi solo terzi, dopo che per mesi erano stati stabilmente in testa ai sondaggi. I Liberali rimangono stabili, ma che dire di Alternative für Deutschland? La performance del partito populista è stata poco analizzata durante queste tornate elettorali, sia perché è esclusa a prescindere ogni sua partecipazione al futuro governo, sia perché si tratta obbiettivamente del risultato, tra tutti, più complesso da interpretare.
Come è andata Afd
A livello di nude cifre AfD perde oltre un milione di voti rispetto al 2017 (-2,3%), ma parlare di sconfitta elettorale è eccessivo, e il motivo di tale giudizio può apparirci più evidente con in mano una mappa del voto. Occorre tuttavia una premessa: AfD, da buon partito rappresentativo dell’anima tedesca, ne rappresenta anche la frammentarietà, in particolare quella che corre sulla linea di faglia Est/Ovest. Più di ogni altra sigla politica teutonica, infatti, i populisti soffrono di una frammentazione interna tra un’ala liberalconservatrice, che prevale a Ovest dell’Elba, ed una più marcatamente identitaria, che invece prevale nelle aree dell’ex Repubblica Democratica Tedesca comunista.
La corrente nazional-identitaria, capeggiata dal carismatico Björn Höcke, leader del partito nel Land orientale della Turingia, si è costituita come corrente ufficiale del partito, prendendo il nome di Der Flügel (“l’ala”). Al contrario, la corrente più centrista e moderata, quella affermatasi a Ovest, si muove nel solco degli ex leader, ora fuoriusciti, Frauke Petry e Bernd Lucke, che aspiravano invece alla creazione di una forza radicalmente euroscettica ma ideologicamente moderata e vicina alla CDU, ispirata al vecchio UKIP del politico britannico Nigel Farage. Fino ad ora le due anime del partito sono riuscite più o meno a coesistere, ma la guerra all’interno della forza politica più forte della Destra tedesca ha conseguenze visibili sia in termini di stabilità interna sia in termini elettorali. La corrente moderata tende infatti a prevalere nelle assemblee federali interne al partito imponendo candidati della propria parte, ma sono i candidati di Höcke e degli identitari ad ottenere risultati migliori quando a parlare è il corpo elettorale e non l’apparato del partito.
Sconfitta a ovest, vittoria a est
Le ultime elezioni federali sono state soltanto l’ultima plastica realizzazione di questo scenario, che ha visto le due ali del partito procedere ad una lottizzazione delle candidature per i collegi a mandato diretto: ad Ovest gli uomini di orientamento liberalconservatore vicini alla candidata Alice Weidel, ad Est gli uomini del Flügel, solo parzialmente rappresentati dall’altro co-candidato Tino Chrupalla. Le urne hanno parlato, però, più chiaramente, e mentre ad Ovest AfD è andata molto male, scendendo praticamente ovunque sotto la soglia psicologica del 10%, ad Est la diga eretta da Höcke contro la deriva centrista ha retto lo tsunami socialdemocratico. Il partito, ad Est, non solo ha mantenuto pressoché ovunque i propri consensi, ma li ha addirittura aumentati in alcune aree, in particolare Sassonia e Turingia, che si stanno confermando come bastioni sicuri dei populisti. Il risultato risulta ancora più chiaro guardando i dati dei collegi uninominali: nonostante la flessione di oltre due punti percentuali, AfD conquista ben diciassette seggi (tutti ad Est), contro i soli tre conquistati nel 2017.
Questo avanzamento si deve in particolare proprio a Höcke, che ha usato il suo carisma per imporre candidature fortemente connotate ideologicamente, legate al territorio ed in sintonia con i sentimenti dell’elettorato. Non è un caso che, pur avendo AfD perso consensi nei confronti di tutti i partiti, ne abbia tuttavia guadagnati proprio da Die Linke, il partito che storicamente rappresenta la frustrazione e le insoddisfazioni dei ceti meno abbienti dell’ex DDR. Si tratta indubbiamente di una significativa vittoria morale per Höcke ed i suoi che, al prossimo Parteitag, richiesto a gran voce da molti militanti già a Novembre, potrebbero voler andare alla conta e cercare di prendersi il partito.
Verso una AfD più identitaria
I numeri parlano chiaro: da oltre un anno AfD inanella una sequenza non indifferente di sconfitte ad ovest dell’Elba, mentre ad Est le cose girano in senso opposto. Il 26 Settembre il partito populista ha conquistato la maggioranza relativa, oltre che in Sassonia, anche in Turingia quando, va ricordato, partiti ben più strutturati come i Verdi, la FDP e la Linke, non hanno ottenuto la maggioranza in nessuno dei sedici Länder. Tutti questi numeri potranno essere messi sul piatto della bilancia se e quando la dirigenza del partito, dominata dai moderati, accetterà di indire un nuovo congresso (il secondo in un anno, dopo quello di Aprile tenutosi a Dresda) come richiesto da molti militanti dell’Est ansiosi di passare all’incasso. Se e quando si dovesse tenere un nuovo Parteitag sarebbe molto difficile, per i moderati, resistere alla rumorosa pressione che viene dagli identitari dell’Est e a poco servirà rimarcare che Der Flügel è stata catalogata come pericolosa “organizzazione di estrema destra” e messa ufficialmente sotto osservazione dai servizi segreti; l’opinione comune, ormai rispecchiata anche negli esiti elettorali, è che chi si sente vicino ad AfD respinga in maniera decisa ogni goffo tentativo di corteggiamento della CDU, preferendo invece un partito dall’identità forte e ben strutturata, pronto a lunghi anni di battagliera opposizione.
La scommessa di Höcke è che, seguendolo, il partito continuerà a crescere, pur rimanendo all’opposizione, fino a quando sarà troppo grande per essere ignorato e per non essere coinvolto nella formazione dei governi: regionali prima e federali poi. Già nel 2019 si era andati vicinissimi, sotto la sua guida in Turingia, a costituire un governo locale in tandem con CDU e Liberali, poi stoppato in extremis da un diktat della Merkel, e l’occasione potrebbe ripresentarsi a patto, s’intende, che Höcke abbia ragione nella sua sfida; pur senza dare un responso definitivo, le elezioni dello scorso 26 Settembre sembrano suggerirlo.
Ricercatore del Centro Studi Machiavelli. Studioso di filosofia, si occupa da anni del tema della rivalutazione del nichilismo e della grande filosofia romantica tedesca.
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