di Nicola De Felice

Marcia della Pace a Budapest

Ho partecipato con grande entusiasmo alla “Marcia della Pace”, organizzata il 23 ottobre scorso a Budapest negli stessi luoghi dove iniziò la rivolta del 1956.

Grazie ad un’azzeccata iniziativa del sindacato UGL, un gruppo di volontari patrioti italiani ha sfilato con il tricolore per le strade della capitale ungherese, tra i calorosi applausi dei tanti presenti (oltre un milione), cantando insieme agli ungheresi la bellissima canzone Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest, il sole non sorge più a Est.

“Avanti ragazzi di Budapest”

Scritta nel 1966 da Pier Francesco Pingitore ed interpretata da Pino Caruso, la canzone godette fin da subito di un grande successo all’interno del neonato “Bagaglino”, per poi diffondersi negli ambienti universitari. Avanti ragazzi di Buda è conosciuta in Ungheria e ne è stata prodotta una versione in lingua magiara. Nel 2019 il premier Orbán, ospite della manifestazione di Fratelli d’Italia “Atreju”, l’ha definita “la canzone più bella mai composta sulla rivoluzione del 1956″. Pingitore è stato premiato con la Gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica ungherese. Le parole della canzone rimbombavano negli anni ‘70 nelle aule dei licei italiani, cantata da pochi “incoscienti” come me.

La rivolta ungherese del 1956

Proprio 65 anni fa il popolo ungherese insorse contro la dittatura comunista: una manifestazione di studenti ben presto si trasformò in rivolta contro l’occupazione sovietica in Ungheria. Nel giro di pochi giorni, milioni di ungheresi si unirono ai moti e li sostennero. Dopo varie vicissitudini, il Partito dei Lavoratori Ungheresi nominò primo ministro Imre Nagy, che condivise le istanze degli studenti, identificandosi con la rivoluzione stessa.

Durante le trattative di pace con i sovietici, l’appena nominato ministro della Difesa, generale Pál Maléter, fu arrestato dal KGB assieme a tutta la delegazione ungherese. Nagy invece, si rifugiò nell’ambasciata iugoslava, ma Tito lo fece consegnare ai sovietici che lo impiccarono insieme a Maléter ed al giornalista Miklós Gimes. Fu impiccato anche un maggiore di origine italiana, Antal Pallavicini, responsabile di aver salvato dalla purga comunista il cardinale Mindszenty, Primate d’Ungheria.

Ebbe così fine, tra il 4 novembre (giorno dell’arrivo a Budapest dell’Armata Rossa con 4.000 carri armati e 200.000 soldati) e il 7 novembre, con la restaurazione di una dittatura filosovietica capeggiata da János Kádár, la storica “Rivoluzione del ’56”. Morirono circa 2.700 ungheresi e tanti altri furono giustiziati negli anni a seguire. I feriti furono migliaia e 250.000 furono gli ungheresi che lasciarono il Paese rifugiandosi in Occidente. La rivoluzione portò a una significativa caduta del sostegno alle idee del bolscevismo in Europa e fu prodromo, 10 anni dopo, della Primavera di Praga.

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In questa atmosfera pregna di ricordi e di speranze, durante la sfilata ho colto, verso noi italiani lì presenti, un sincero sentimento di gratitudine, ma anche di fierezza di un popolo, quello ungherese, che ha sofferto l’oppressione sovietica e che ha conosciuto la crudeltà e la massificazione globalista del comunismo. Mi sono chiesto come noi italiani avremmo reagito se avessimo subìto un’esperienza del genere, quali sentimenti di amore per la patria, quale fierezza di popolo avremmo ora? Saremmo stati capaci di rialzare la testa contro l’oppressione di un totalitarismo marxista così agghiacciante, durato 50 anni circa?

Ora, purtroppo, sembra quasi impossibile, in Italia, ritrovare quei sentimenti di amore per la Patria, per le tradizioni e per le nostre identità, quella caparbietà di rimarcare con assoluta ragione i diritti sovrani sulla nostra terra e sui nostri mari, così deturpati da una politica nazionale di sicurezza cieca e autolesionista.

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Senior Fellow del Centro Studi Machiavelli. Ammiraglio di divisione (ris.), già comandante di cacciatorpediniere e fregate, ha svolto importanti incarichi diplomatici, finanziari, tecnici e strategici per gli Stati Maggiori della Difesa e della Marina Militare, sia in Patria sia all’estero, in mare e a terra, perseguendo l'applicazione di capacità tese a rendere efficace la politica di difesa e di sicurezza italiana.