di Luca Ruggeri

Ipotizziamo che in un Paese vi siano due holding, con una ampia partecipazione pubblica (chiamiamole rispettivamente “Leonardo” e “Fincantieri”), che operano nel settore della Difesa; quindi in un ambito nel quale gli aspetti strategici e di tutela dell’interesse nazionale sono di primaria importanza.

Ipotizziamo che una di tali holding (poniamo Leonardo) debba finanziare l’acquisto di una società tedesca (ipotizziamo “Hensoldt”), per rafforzare la propria posizione nel settore cyber, con un esborso di € 600 milioni.
Come finanziare tale acquisizione? Tra le varie opzioni Leonardo pensa di vendere due rami aziendali; si tratterebbe delle attività e degli stabilimenti già di proprietà delle società, poi incorporate in Leonardo, “Oto Melara” e WASS (“Whitehead Sistemi Subacquei”). Oto Melara è una realtà che realizza principalmente artiglieria navale e vanta una posizione di preminenza nel proprio settore mentre WASS è attiva nella produzione di siluri.

In un mondo perfetto questa operazione si svolgerebbe tra Leonardo e Fincantieri, entrambe a partecipazione pubblica, con l’obiettivo di spostare le attività di Oto Melara e WASS in Fincantieri, logico posizionamento che consentirebbe di rafforzare Fincantieri integrandone la produzione, permettendole quindi di competere ancora meglio nel mondo. La trattativa si svolgerebbe con l’ausilio del governo e verrebbe pubblicizzata solo dopo averne definito le linee principali.

Nel mondo ipotetico che disegniamo, invece, Leonardo riceve e valuta una offerta da parte di un soggetto franco-tedesco (chiamiamolo KNDS) che produce armamenti terrestri; KDNS ha una proprietà per il 50% tedesca e per il 50% francese (precisamente del governo francese attraverso la società GIAT) con golden share a favore dei francesi.

Viene quindi ventilata l’idea che ciò consentirebbe all’ipotetico Paese di partecipare al progetto per il nuovo carro armato europeo. I media dimenticano di ricordare che da tale progetto il Paese fu escluso per volontà franco-tedesca, così come è accaduto per il progetto del nuovo caccia europeo; in entrambi i casi la scelta franco-tedesca è legata alla palese volontà di potenziare la propria industria a scapito di un concorrente fastidioso. La partecipazione al programma, poi, non si comprende che vantaggi darebbe, se non qualche commessa presso gli stabilimenti siti nell’ipotetico Paese, dato che la proprietà del principale asset nazionale nel settore a quel punto non sarebbe più dell’ipotetico Paese stesso ma del consorzio franco-tedesco (ma si sa, l’ottimismo è il profumo della vita…).

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I media dimenticano inoltre di osservare che il principale concorrente europeo di Fincantieri nel settore della marina militare è proprio francese (i casi della vita…) e che non si comprende perché un consorzio che sviluppa mezzi militari terrestri possa essere interessato a WSS che produce siluri (ah, saperlo… probabilmente dopo aver realizzato che non è possibile montare un siluro su un carro armato si potrebbe pensare di vendere, rimane da decidere a chi…).

Nel frattempo la stampa finanziaria offre pensose analisi che evidenziamo i vantaggi economici dell’offerta di KNDS sottolineando i multipli offerti, analisi talora assai vicine alla cabala stante il fatto che Leonardo non dichiara nei propri bilanci il giro d’affari prodotto da OTO Melara e WASS mentre, per quello che possono valere, i dati patrimoniali si fermano al 2015, data di riferimento per l’incorporazione delle due società.

Difficile negare l’opportunità di accordi a livello europeo nel settore della Difesa, ma per l’appunto accordi, non vendite che finiscono per danneggiare i soggetti nazionali in grado di competere nel mondo cedendo nel contempo un patrimonio di esperienze difficilmente replicabili.

Per fortuna stiamo scrivendo di un Paese ipotetico! Un Paese così potrebbe persino firmare un trattato bilaterale senza conoscerne il contenuto.

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Ricercatore senior del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Economia, ha lavorato per oltre venti anni presso una grande banca italiana ed attualmente svolge la propria attività quale direttore generale presso un investitore istituzionale.