di Ernst Fall
La stampa italiana è di sinistra. Lo sappiamo e lo sentiamo ripetere in continuazione. I giornali conservatori sono sempre più spesso relegati al campo della controinformazione, irrimediabilmente tagliati fuori dal bacino dei lettori “mainstream”. A chi possiamo farne una colpa? Di certo ai giornalisti, che in Italia sono i più a sinistra del mondo secondo il Worlds of Journalism Study (Columbia Press). Di certo alla congiuntura storica di un Paese in cui la Destra nasceva dalle ceneri di un regime sconfitto.
Di certo agli stessi mezzi di comunicazione conservatori, che alle volte sembrano bearsi, con l’amore di disperazione tipico delle Destre, del proprio arroccamento marginale. Se i giornali di destra oggi sono irrilevanti, o peggio ridotti a macchiette, è anche merito di scelte sbagliate, che lasciano intendere un approccio all’informazione stantio e ormai superato. Andiamo con ordine, partendo dall’analisi di alcuni degli strumenti giornalistici più apprezzati dai lettori.
Podcast e newsletter
I podcast sono contenuti sempre più apprezzati anche dal pubblico italiano. Tra 2019 e 2021, secondo “Ipsos”, la percentuale di persone che ascolta regolarmente podcast audio è salita dal 20% al 31%. Nei giovani under 35 siamo al 44%. Si tratta di contenuti di facile realizzazione e che, essendo incentrati su voci narranti, stabiliscono un rapporto diretto tra ascoltatori e giornalisti. La crescita di ascoltatori anno su anno è costante, con un incremento ripido in corrispondenza della pandemia ed è sicuro che il trend proseguirà, sulla scia di quanto sta accadendo nel mondo anglofono.
Altro strumento di particolare interesse sono le newsletter. Da qualche tempo l’informazione per e-mail ha compiuto un salto di qualità. Se prima i giornali si dotavano di newsletter che tenessero i lettori informati sui contenuti pubblicati, oggi sempre più spesso si vira in direzione di contenuti esclusivi e tematici. Un esempio è la newsletter “Da costa a costa”, a tema politica USA, curata da Francesco Costa, vicedirettore del “Post” – mailing list da decine di migliaia di iscritti che raccoglie donazioni nell’ordine di decine di migliaia di euro all’anno ed è la pietra miliare di un business personale a tema America (un podcast, diversi libri, ecc.).
Podcast e newsletter esclusive sono contenuti che avranno grande crescita nei prossimi anni. Stabilendo un rapporto diretto tra giornalista e lettore permettono di superare la tradizionale sfiducia nei confronti dell’informazione. Creano bacini di pubblico fedeli e dunque ben disposti ad acquisire servizi a pagamento o a fare donazioni, a fronte di un impegno per la loro realizzazione tutto sommato contenuto. Soprattutto, permettono ai lettori di ricevere contenuti “on demand”, legati solo ai propri argomenti di interesse, direttamente sulla propria mail.
Ci sono poi alcune piattaforme, come “Substack“, che permettono di creare newsletter a pagamento tramite abbonamenti, con prospettive economiche ben più rosee rispetto ai servizi canonici offerti dai giornali. Proprio a fronte di questi elementi, non sorprende che anche progetti di piccole dimensioni si dotino di questi strumenti. In generale non esiste oggi un qualsiasi giornale (di successo) che ne sia sprovvisto. O quasi.
Cosa fanno i giornali conservatori?
Se analizziamo i casi dei tre principali giornali conservatori italiani (“Libero”, “La Verità” e “Il Giornale”), ci rendiamo conto di come nessuno di questi strumenti sia mai stato implementato in maniera continuativa. “Il Giornale” ha una newsletter a tema salute (dunque non l’argomento di punta della linea editoriale) a cui risulta impossibile iscriversi tramite “Google” o “Facebook”. “Libero” dovrebbe mantenere attive tre newsletter (Salute, Tech e Alimentazione, dunque non politica), ma dopo dieci minuti impiegati nel tentativo di iscrivermi ho dovuto convenire che non esistessero più o fossero riservate a pochi eletti. “La Verità” invece utilizza una newsletter per aggiornare i lettori sugli ultimi articoli. Anche qui, una piattaforma priva di contenuti esclusivi. Insomma, male.
Stessa situazione per quel che riguarda i podcast. Né “Il Giornale” né “Libero” producono dei podcast audio. Parziale eccezione fa il podcast curato da Daniele Capezzone per “La Verità” (“La Verità alle 7”), che in ogni caso non è presente sulle principali piattaforme di ascolto, “Spreaker” e “Spotify”.
Raffronto con quelli mainstream
Facciamo un confronto rapido con i giornali mainstream. Citeremo alcuni casi ma sappiate che praticamente tutti gli altri giornali di tiratura nazionale utilizzano con successo questi strumenti. Nella sezione podcast del “Sole 24 ore” troviamo 31 titoli, di cui almeno una decina attivi al momento. Per quel che riguarda le newsletter, lo stesso giornale ne ha 14 “generaliste” e altre 8 di carattere specialistico, indirizzate alle imprese. Sebbene il Sole abbia un business di mole maggiore rispetto ai tre quotidiani conservatori grazie ad altre attività (Scuola, Radio24, ecc.), i dati qui sotto (settembre 2021) fanno comprendere che non stiamo parlando di bacini di lettori enormemente differenti, almeno in potenza.
Anche se prendiamo in considerazione un progetto giornalistico molto più contenuto in termini di mezzi e risorse, come “Domani Editoriale”, la situazione non cambia. Il piccolo quotidiano mantiene attive dieci newsletter tematiche, con contenuti esclusivi, insieme a un podcast fisso, a cui si aggiungono altri podcast temporanei di volta in volta. Ricordiamo che, parlando di accessi web, il sito di “Domani” viene letto da circa 2 milioni di persone (dati “Similarweb“). Cioè circa la metà rispetto a “La Verità” (3,8mln), un tredicesimo rispetto al “Giornale” (26mln) e addirittura un ventesimo rispetto a “Libero” (39mln). Parliamo quindi di un giornale con un bacino di lettori e una serie di mezzi molto limitati. Eppure, capace di utilizzare strumenti informativi in maniera ben più efficace.
Anche per quel che riguarda altri strumenti “innovativi” del giornalismo digitale, come mappe e grafici interattivi, di cui avremo modo di parlare in altri articoli di questa serie, la situazione non cambia. A destra tutto tace.
Un trend pericoloso
Chi scrive crede che si possa individuare un trend, tutto negativo, che affligge il giornalismo di destra.
È come se i progetti di informazione conservatori partissero dal fatto che per il loro business sia sufficiente mantenere una linea editoriale di destra. Approccio pericoloso perché tralascia sistematicamente l’innovazione. Specie i lettori giovani si trovano davanti a un panorama giornalistico in continua evoluzione, sempre più on demand e appagante dal punto di vista del rapporto con il giornalista. La differenza tra un progetto curato, attento al consumatore e tecnicamente ineccepibile e uno che è rimasto indietro di un decennio buono salta immediatamente all’occhio – le conseguenze le possiamo facilmente immaginare.
Dal canto loro i giornali mainstream e i giornali di sinistra risultano più attenti a carpire e sfruttare le novità e gli strumenti del nuovo giornalismo digitale – anche se non al livello dei colleghi anglofoni. Ne consegue che questo genere di progetti aumenta continuamente il gap in termini di qualità del prodotto con i giornali conservatori. Anche su questo si gioca la partita per conquistare nuove fette di pubblico, specie quello giovane le cui idee politiche sono meno definite e lo rendono potenzialmente aperto anche a un’informazione di carattere conservatore.
La morale è sempre la stessa: evolversi o perire.
Studia la comunicazione politica, la narrazione, la capacità di creare miti e simboli per comprendere fino a che punto questo velo sia in grado di mascherare la realtà dei fatti. Proviene dal mondo del giornalismo, incubatore assieme all'università dei grandi miti post-moderni.
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