Nuovi documenti, recentissimamente pubblicati dal “Riformista”, sull’attentato del 9 ottobre 1982 alla Grande Sinagoga di Roma, nel quale perse la vita il piccolo Stefano Gaj Tache di soli due anni e che causò il ferimento di 37 persone, stanno creando serio imbarazzo istituzionale, confermando quanto dichiarato da Cossiga al quotidiano israeliano “Yediot Aharonot” il 3 ottobre 2008: “Vi abbiamo venduto”.
Secondo quanto emerso dall’inchiesta, dal 18 giugno al 9 ottobre 1982 (giorno dell’attentato) il Sisde inviò al governo e alle forze dell’ordine almeno 16 segnalazioni di imminenti attentati in Italia. Nell’ultima segnalazione del 2 ottobre era persino indicata la sinagoga come target, mentre in quella del 25 settembre si indicava anche la fazione coinvolta, quella guidata da Abu Nidal. Anche l’ambasciata israeliana aveva allertato che i terroristi palestinesi puntavano a colpire obiettivi ebraici italiani, essendo quelli israeliani troppo difficili da attaccare.
Nonostante i continui avvisi del Sisde (su segnalazione di una fonte indicata come “abitualmente attendibile”), la Grande Sinagoga di Roma non fu presidiata e il 9 ottobre non c’era neanche la pattuglia della polizia, nonostante la Festa dei bambini e il Bar Mizvah in corso. Perché?
Ecco dunque nuovamente emergere il “lodo Moro”, accordo fatto dopo la strage di Fiumicino del 1973 col quale l’Italia garantiva ai palestinesi libertà di passaggio di armi ed esplosivi sul proprio territorio nazionale. In cambio i palestinesi garantivano all’Italia di non colpirla con attentati, ad eccezione degli interessi israeliani nel nostro Paese.
Perché le dichiarazioni del 2008 dell’ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, vennero ignorate dalle istituzioni italiane?
C’è poi un ulteriore aspetto su cui ponderare ed è ben illustrato nel libro La Trattativa Stato-Islam di Francesca Musacchio. Se esiste, cioè, un ulteriore accordo con il terrorismo di stampo jihadista. È infatti interessante come l’Italia, nonostante sia più volta finita al centro della propaganda jihadista (in particolare Roma e il Vaticano), non sia mai stata colpita da attentati come quelli avvenuti nel resto d’Europa. Diversi dei terroristi che hanno colpito nel Vecchio Continente sono arrivati in Italia, vi hanno transitato e uno, Anis Amri, c’era anche tornato. Numerose cellule hanno fatto base in Italia. Un aspetto su cui riflettere.
Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Laureato in Sociologia (Università di Bologna), Master in “Islamic Studies” (Trinity Saint David University of Wales), specializzazione in “Terrorism and Counter-Terrorism” (International Counter-Terrorism Institute di Herzliya, Israele). È analista senior per il britannico Islamic Theology of Counter Terrorism-ITCT, l’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies (Università Cattolica di Milano) e il Kedisa-Center for International Strategic Analysis. Docente in ambito sicurezza per security manager, forze dell’ordine e corsi post-laurea, è stato coordinatore per l’Italia del progetto europeo Globsec “From criminals to terrorists and back” ed è co-fondatore di Sec-Ter- Security and Terrorism Observation and Analysis Group.
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