Giorni fa, leggendo altri contributi sulle pagine del blog, ho trovato un pezzo in particolare che ha destato la mia attenzione: mi riferisco all’articolo sulla situazione dei media conservatori.
Le conclusioni che s’evincono dalla ricerca del signor Fall sono state tema di svariate discussioni domestiche, tutte terminate con la stessa considerazione: per conservare i valori tradizionali italiani dobbiamo imparare a conversare in maniera non tradizionale con gli italiani.
Una nuova visione dell’elettorato
Parto da una considerazione di base: non possiamo più guardare agli italiani come a potenziali elettori strictu sensu. L’idea d’elettorato non è più la stessa. Bisogna iniziare a guardar agli elettori come puri consumatori. Cosa che agli ideologi di sinistra è già molto chiara, come testimoniato dal modo in cui è articolata la loro offerta mediatica. L’approccio che caratterizza la comunicazione progressista, sempre più affine ai tentativi di vendita dei commercianti berberi attivi nelle medine, fa sì che di prodotti da offrire, regalare (apparentemente) o tirare dietro per frustrazione non vi sia mai carenza.
A destra il problema è ben diverso. Come testimonia il succitato pezzo di Fall, lo scenario è prossimo a quello di un encefalogramma piatto: manca praticamente tutto – prodotto, strategia e rete commerciale. Ma questo catastrofismo, se collocato in un fenomeno più generale, può diventare catarsi e rinascita. La crescente sfiducia nei media mainstream è un fenomeno che le ridicole narrative sul COVID hanno alimentato ulteriormente.
Buone nuove: la crisi del mainstream è sempre più profonda
La realtà che emerge, analizzando recenti studi di Pew Research, Reuters e dell’Università di Princeton, è che l’America (e in particolare i conservatori americani) stiano attraversando una sorta di epifania in termini di consapevolezza mediatica. L’80% dei Republicans ha infatti recentemente dichiarato d’informarsi tramite media indipendenti e solo il 29% degli americani ha dichiarato d’aver fiducia nelle news (in Italia il 40%, fonte Reuters). Altra considerazione importante, guardando sempre all’America, è che i locali abbiano riscontrato che il loro livello di fiducia nelle news sia inversamente proporzionale al tempo che spendono ad ascoltarle.
Parlavamo della sfiducia degli americani di destra. Una sfiducia che, a differenza dell’Italia, trova consolazione ed alternativa alle narrative globaliste su tantissime testate, siti, tv, podcast e video podcast.
America ed Italia: un abisso nel mezzo
Se facciamo infatti un confronto tra i media conservatori italiani e quelli americani, sul fronte carta stampata o media digitali, la risultante è impietosa. Ma se proviamo a farlo su quello del vero media del futuro per la Destra, il podcast, il confronto non esiste nemmeno. Ed il problema è che nemmeno un potenziale confronto con altre nazioni del vecchio continente c’aiuterebbe. Eppure, il podcast numero uno per ascolti al mondo, “The Joe Rogan Experience“, è palesemente d’impronta anti neoliberista. Un Joe Rogan ormai diventato, rubando le parole a Matt Taibbi, il vero e proprio Mefistofele dei media mainstream.
Il caso di Joe Rogan
Un fenomeno capace di catalizzare cosi tanto di quel malcontento e sfiducia nel mainstream di cui parlano le summenzionate ricerche, al punto da permettergli di raggiungere un audience superiore a quella di CNN, MSNBC e FOX messi assieme (enfasi necessaria), come testimonia Saagar Enjeti di “Breaking Points” durante il suo intervento al podcast di Lex Fridman.
Non sorprende infatti rilevare i costanti progressi, in termini di bacino d’utenza, di figure come lo psicologo rockstar Jordan Peterson, il giornalista ed opinionista Ben Shapiro, l’istrionico reporter non allineato Alex Jones di “Info Wars“, il nuovo “Breaking Points” di Krystal & Sagaar o, dulcis in fundo, l’esilarante ed altrettanto intelligente podcast dell’astro nascente della comedy americana anti-establishment, Tim Dillon. Un Tim Dillon tanto dissacrante quanto performante, economicamente parlando, verrebbe da dire. Prego notare gli introiti mensili medi generati dal comico con base a Omaha tramite donazioni via “Patreon”: come dice il pezzo linkato “he’s making millions”.
Peterson, Rogan, Dillon, “Breaking Points”: vivide testimonianze che dissenso ed intelletto possano ancora proliferare, seppur debbano comprendere ed accettare che devono incanalarsi su di un binario comunicativo ben diverso da quello tradizionale. “Formato Podcast o Videopodcast, su network decentralizzati, non regolamentati da algoritmi, né soggetti ad alcuna influenza esercitabile da parte della Silicon Valley e pagati in Bitcoin”, chioserebbe il genio di Adam Curry per arricchire l’idea. È questa infatti la sintesi più rapida per una ricetta di successo quando trattasi di comunicare, far informazione e proselitismo senza nulla temere in termini di censura o deplatforming.
La lezione di Adam Curry
Quando nel 2005 è stato pioniere d’una nuova frontiera nei new media, Curry cercava uno spazio dove poter far veramente informazione, dicendo qualsiasi cosa volesse, senza doversi preoccupare di linee editoriali imposte, interessi privati, politicamente corretto et cetera. Come ha detto giorni fa commentando il nuovo progetto di podcast hub di “Spotify” a Los Angeles, “questo genere d’iniziative sono esattamente l’antitesi della ragione per cui nel 2005 ho creato il podcast”. Il suo podcast “No Agenda Show”, realizzato in collaborazione con l’editorialista John C. Dvorak, è il non plus ultra per la decostruzione delle narrative mainstream oltre che fonte di alcune delle più interessanti notizie che colà non trovano spazio.
Ha una forma che assomiglia molto all’idea di giornalismo curatoriale e partecipativo verso cui pare improntato il futuro del giornalismo indipendente, dove notizie di ogni genere e tipo vengono riunite dai due autori assieme alle segnalazioni degli ascoltatori e poi decostruite dagli autori nel corso dello show. È una forma di shared podcast, dove gli ascoltatori possono vestire i panni del produttore tramite segnalazioni di notizie, commenti, correzioni e donazioni, prendendo attivamente parte alla linea editoriale del podcast. Il che offre chiaramente anche maggior spinta motivazionale sul fronte delle donazioni con cui il podcast si alimenta.
Curry è infatti anche l’ideatore del sistema di pagamento streaming “Value 4 Value”, dove gli ascoltatori possono fare micropagamenti in Bitcoin durante l’ascolto e per la durata del loro ascolto, cosi da orientare la produzione dei contenuti dei podcaster, oltre che chiaramente riconoscere il giusto valore del loro lavoro.
Per maggiori referenze sull’attendibilità di Curry, consiglio la visione o l’ascolto integrale delle sue ultime apparizioni al “Joe Rogan Experience Show” ed al “Megyn Kelly Show”, entrambe molto recenti.
Tornando alla natura etica del Podcast, risulta sempre più difficile discordare con Curry. Ad oggi, il Podcast è l’unico strumento per ovviare alla tirannia corporativista di cui si fa esperienza ogniqualvolta si sfogli la maggior parte dei quotidiani o si guardi un telegiornale.
Perché e come puntare sul podcast
In Italia, in virtù della sempre più crescente segregazione mediatica dei contenuti conservatori, non c’è terreno più fertile di questo dove lavorare. I temi conservatori necessitano di una spinta alimentata da podcast come da una visione più giovane e variegata dell’informazione conservatrice. I podcast ed i video podcast sono semplicemente fondamentali al giorno d’oggi, sono gli unici canali dove poter ancora discutere senza incorrere in censura e politicamente corretto.
È necessaria anche una riconsiderazione delle tematiche. I giovani hanno perso interesse nella politica e non sarà la politica a riavvicinarli. Joe Rogan offre spunti di riflessione anche su questo fronte. L’approccio curioso, spesso scettico, quasi investigativo talvolta, che contraddistingue la maggior parte dei contradditori di Rogan, sommato alla trattazione di temi politici con interlocutori non appartenenti al mondo politico ed in parallelo alla discussione di temi non politici, cambia profondamente la percezione del valore delle tematiche trattate oltre che offrirgli un bacino d’utenza molto più ampio, visto che gli ascoltatori tendono a selezionarne i podcast a seconda degli ospiti.
Finito d’incensare Joe Rogan, chiudo con una considerazione generale. L’imperante tecnologia che domina la vita dei giovani e la comunicazione che avviene tramite d’essa è di sinistra e, in quanto tale, sarà sempre più rivolta alla censura e mistificazione, oltre che all’individualizzazione. “La tecnologia spingerà sempre più all’individualizzazione, i social media creeranno sempre più gated communities” c’ammoniva Zygmunt Bauman. Delle comunità chiuse in cui verrà fatto di tutto affinché le istanze conservatrici vengano letteralmente cancellate.
Tra quanto visto sopra, l’imminente lancio della trumpiana “Truth” e il discreto successo che stanno avendo “Gettr” e “ThinkSpot“, le buone nuove, non mancano: c’è da aspettarsi una sempre maggior disponibilità di contenuti conservatori.
L’Italia ed i conservatori italiani, non possono più restare a guardare. È tempo di agire.
Nato a Padova nel 1980, appassionato di lingue, storia e filosofia. Scrive fin da giovanissimo e dal ‘99 collabora con organi di stampa. Ha lavorato nel settore della musica elettronica, distinguendosi come talent scout e agente di alcuni degli artisti più importanti degli ultimi 15 anni. Ha fatto esperienze nella moda e nel tessile e vissuto in nove città differenti. Attualmente vive in Tunisia.
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