Un manuale “spirituale”
Francesco Borgonovo, vice-direttore de “La Verità” e assiduo frequentatore dei salotti televisivi, prolifico saggista, sul finire dell’anno passato ha pubblicato con Lindau un libro particolarmente interessante: Conservare l’anima. Manuale per aspiranti patrioti.
A dispetto di quanto potrebbe suggerire il sottotitolo, non è un libro dedicato alla pratica politica quanto alla teoria o, si potrebbe dire, all’addestramento “spirituale”. Interrogandosi sui valori più basilari, sui fondamentali, fa comprendere come la scelta del nostro stile di vita sia una scelta politica. In tal senso, fornisce indicazioni di “buon vivere” ai lettori.
Dio, Patria e famiglia
Borgonovo è solito scegliersi battaglie difficili da combattere: ce ne accorgiamo guardandolo in televisione, a difendere con fierezza posizioni messe costantemente in minoranza dagli autori e osteggiate dagli altri ospiti. Nemmeno in Conservare l’anima si smentisce: il libro è, essenzialmente, una dimostrazione del perché “Dio, Patria, Famiglia” debbano essere i valori di riferimento anche nella contemporaneità. Scelta coraggiosa, considerando che tale triade è non solo demonizzata dagli avversari, ma persino nel campo della Destra è spesso guardata con distacco, se non apertamente dileggiata, come qualcosa di antico e per ciò “superato”, inattuale.
Meccanicismo dello Stato liberale
Borgonovo spiega che, se oggi Dio, Patria e Famiglia sono tanto ostracizzati, è proprio perché costituiscono l’antitesi del sistema vigente. Da tale sistema Dio fu espunto dal liberalismo classico secoli fa, et pour cause: si usciva da sanguinose guerre di religione e il desiderio era quello di uno Stato assiologicamente neutrale, in cui si potesse convivere senza massacrarsi. Tuttavia, in questo Stato “neutrale” la politica finì per essere sostituita da processi oggettivi, che governassero in maniera meccanica: il mercato e il diritto. Dal governo degli uomini si passò a quello delle cose.
Secondo l’Autore tale sistema, in cui lo Stato rinuncia a indicare la “via buona”, era adatto agli albori del capitalismo, quando ancora la comunità condivideva una stessa morale. Oggi, però, viviamo nell’epoca della decostruzione, che ha demolito quella morale e ha spostato il dibattito sul buono dalla filosofia (ambito in cui l’aveva relegato il liberalismo) alla giurisprudenza. Il diritto domina oggi sulla politica e ogni legame sociale è divenuto di tipo contrattualistico.
Famiglia e tradizione
In contrapposizione a questa visione “mercatista” dell’esistenza, Borgonovo oppone la tradizione culturale fondata sul “dono”: di oggetti o di sé. Il dono è un mezzo per stabilire una reciproca obbligazione di tipo morale, che non si esaurisce all’ottemperamento di un dovere pattuito, ma rimane in essere finché sopravvivono i due soggetti, garantendo aiuto e solidarietà. Il dono di sé è anche la base della famiglia: i genitori si donano ai figli per allevarli e i figli si donano ai genitori perpetuandone la stirpe.
Dalla famiglia alla nazione il passo è breve. Ogni individuo contiene in sé la moltitudine di chi lo ha preceduto: ha, cioè, una patria. Il sentimento di gratitudine verso gli antenati è ciò che mantiene in vita una nazione. Chi mostra pietas verso la Patria perpetua la stirpe e ne trasmette i valori fondanti (la tradizione). Il senso della tradizione è radicarsi, custodire e incrementare il patrimonio. Concretamente, essa si trasmette nella famiglia, come forza viva, tramite il sovrapporsi delle generazioni.
Il male di una società utilitarista
L’opposto è l’individualismo nel senso più deteriore del termine: la persona che si sente slegata dai suoi antenati come dai posteri, che rifiuta qualsiasi dovere verso la propria stirpe. Purtroppo, ci spiega sempre Borgonovo, la logica familiare dei legami e della gratuità stona con quella della libera scelta e del massimo profitto propria del capitalismo. Una logica che ha permeato di sé tutta la nostra vita, non solo quella economica. Ad esempio, l’amore è divenuto un libero mercato caotico e consumista. L’ossessione per l’affermazione individuale rende difficile costruire una famiglia, cui bisogna donare una grossa parte di sé in maniera durevole.
Un altro esempio proposto dall’Autore è quello della procreazione. Se essa non è più vissuta come dovere ma come scelta, valutata non più come un fatto naturale ma come una decisione da ponderare razionalmente, è scontato che prevalgano le ragioni del “no”: troppi sacrifici, costi, fatiche. Manca inoltre il coraggio, la virtù che rende possibile praticare le altre; la virtù necessaria per scegliere di costruire una famiglia. La virtù, ahinoi, rifiutata dalla logica economica, per cui il benessere materiale è bene supremo.
Ritrovare il padre in una società femminilizzata
Molto interessante, nel libro, è anche la parte dedicata al ruolo del padre e della madre nella formazione dei figli e, di conseguenza, della società. Il padre ha, secondo Borgonovo, il compito di separare il figlio dalla diade con la madre, in cui egli è tutto ed ha tutto. La crisi della figura paterna genera, di conseguenza, individui squilibrati, viziati, narcisi, dipendenti e ingrati, che percepiscono ogni loro desiderio come un “diritto” e scansano qualsiasi dovere. Ciò si ripercuote ovviamente sulla società. Lo vediamo nel capriccioso “dirittismo” imperante, certo, ma anche nella costante ricerca di uno Stato che accudisca, cui abbandonarsi come soggetti del tutto dipendenti. Cambia di conseguenza il modo in cui si esercita il dominio. La forma di dominio patriarcale prevedeva un’obbedienza esteriore alla legge: il padre traccia un perimetro, ma dentro di quello si è liberi e autonomi. La forma di dominio matriarcale è invece totalizzante e pretende non la mera obbedienza, ma l’amore incondizionato del soggetto.
Rivoluzione contro il mondo moderno
Totalizzante e totalitario è il potere che si affaccia sulle nostre vite. A questo totalitarismo bisogna opporre degli argini. Il principale, ci dice Borgonovo, è la famiglia, che trasmette sapere, cultura e senso di comunità. Per tale ragione il potere totalitario la attacca: per distruggere la tradizione e, con essa, i modelli e gli archetipi che permettono di dissentire e immaginare altri mondi. La “libertà” che oggi ci viene concessa è quella che dà una madre ricca al figlio capriccioso. Il sistema esalta la figura del “ribelle” perché è l’individuo irresponsabile, asociale ed egoista: esattamente quello che vuole creare.
Al ribelle, Borgonovo oppone il rivoluzionario. Colui che agisce per la sua comunità e combatte non per distruggere, ma per erigere un nuovo ordine. Colui che ha il coraggio, anzi l’eroismo, per mettersi a rischio (l’opposto dell’attuale culto del “rischio zero”).
Conservare l’anima è un ottimo manuale spirituale per chi vuole essere rivoluzionario. Insegna, tra le altre cose, che non basta conservare ma bisogna saper difendere: letteralmente, respingere il nemico. In politica, sapergli opporre una contro-narrazione, una visione alternativa del mondo. Secondo il vecchio adagio per cui: la miglior difesa è l’attacco.
Fondatore e Presidente del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Scienze storiche (Università degli Studi di Milano) e Dottore di ricerca in Studi politici (Università Sapienza), è docente di "Storia e dottrina del jihadismo" presso l'Università Marconi e di "Geopolitica del Medio Oriente" presso l'Università Cusano, dove in passato ha insegnato anche in merito all'estremismo islamico.
Dal 2018 al 2019 è stato Consigliere speciale su immigrazione e terrorismo del Sottosegretario agli Affari Esteri Guglielmo Picchi; successivamente ha svolto il ruolo di capo della segreteria tecnica del Presidente della Delegazione parlamentare presso l'InCE (Iniziativa Centro-Europea).
Autore di vari libri, tra cui Immigrazione: le ragioni dei populisti, che è stato tradotto anche in ungherese.
Scrivi un commento