di Marco Malaguti

Il governo Scholz scricchiola, e scricchiola sulle restrizioni. Lo avevamo già annunciato nell’ultimo articolo, indicando nella Germania l’anello debole del nefasto “patto delle restrizioni” che, all’insegna del pass rafforzato, vede protagonisti, oltre al Paese teutonico, anche Italia e Francia. Avevamo anche sottolineato come le due linee di faglia su cui si sarebbe manifestata la rottura sul tema sarebbero state l’eterogeneità della coalizione di governo e la natura federale del Paese, e le previsioni si stanno rivelando corrette.

I Liberaldemocratici chiedono il ritorno alla normalità entro un mese

La scorsa settimana il capogruppo della FDP al Bundestag Christian Dürr ha reso noto alla stampa che il suo partito non ha intenzione di votare il prolungamento oltre il 19 Marzo delle misure anticovid attualmente in vigore, tra le quali il contestatissimo 2G, l’equivalente del nostro green pass rafforzato, che in molti Länder tedeschi viene addirittura richiesto per l’accesso ai negozi. La posizione di Dürr è stata netta: “Il 19 Marzo si dovrà tornare alla normalità”. Una linea totalmente opposta a quella del ministro della salute Lauterbach e del presidente del Robert Koch Institut (facente funzioni del nostro CTS), Lothar Wieler.

A confermare che non si tratta di un’affermazione estemporanea ma di una scelta condivisa da tutto il partito sono arrivate conferme ed analoghe parole da altri importanti esponenti della FDP, come quelle del vicepresidente del Bundestag Wolfgang Kubicki e del segretario generale del partito Bijan Djir-Sarai.

La notizia ha fatto particolare scalpore, essendo i liberaldemocratici della FDP membri della coalizione di governo. In poche parole, se le opposizioni votassero compattamente no al prolungamento delle misure, esse andrebbero a scadere naturalmente tra poco più di un mese, decretando un “liberi tutti” sul modello di quello inglese e danese.

CDU-CSU: tra desiderio di sgambetto a Scholz e “responsabilità”

Non è però detto che ciò avvenga: il prolungamento delle misure potrebbe comunque essere votato a maggioranza con i voti di forze politiche estranee al governo, in particolare provenienti dalla ancora numerosa fronda merkeliana interna alla CDU; una prospettiva che si qualificherebbe addirittura come probabile se i centristi lasciassero votare i loro deputati secondo libertà di coscienza (o nel caso suggerissero l’astensione).

La situazione si presenta ingarbugliata per la CDU: un voto contrario al prolungamento delle restrizioni significherebbe azzoppare la Ampelkoalition a soli due mesi dall’insediamento, molto prima di quanto lasciassero ipotizzare i sogni più ottimistici, ma porrebbe il partito in imbarazzo affiancandolo agli “impresentabili” populisti di AfD, da sempre aperturisti dichiarati.

In teoria sussisterebbero ancora margini di trattativa tra le posizioni più aperturiste (FDP e AfD), gli oltranzisti delle chiusure (SPD e Verdi) e i sostenitori di una posizione di compromesso (CDU-CSU e Die Linke), e pur potendo Scholz imporsi d’autorità è probabile che sarebbe molto difficile governare dopo aver scontentato i Liberaldemocratici, che detengono lo strategico Ministero dell’Economia e che i sondaggi danno in forte calo a causa delle mancate promesse sulle riaperture. In merito, non meno grande è la confusione nei ranghi della CDU: mentre il segretario Friedrich Merz chiede che si cominci a parlare di exit strategy dall’emergenza, figure di spicco del partito come Hendrik Wüst, governatore del Nordreno-Westfalia, il più ricco e popoloso Land tedesco (18 milioni di abitanti), si dicono favorevoli alla continuazione della linea dura almeno fino a metà Maggio.

Lauterbach e Robert Koch Institut sempre più isolati

In questo contesto di generale confusione, il ministro della salute Karl Lauterbach (SPD) si oppone fermamente all’allentamento delle restrizioni, affermando pubblicamente alla televisione ZDF che in caso di rilassamento delle misure restrittive si avrebbero “almeno cinquecento morti al giorno” (contro i circa duecento attuali). Un’affermazione non corroborata da alcuno studio scientifico, che oltre agli alleati liberali ha fatto insorgere anche la CDU, con il segretario centrista del Land di Amburgo Christoph Ploß che ha definito Lauterbach “ministro dell’ansia”.

In questa prospettiva, l’Angstminister Lauterbach appare sempre più isolato; Stephan Rixen, professore di Diritto Pubblico all’Università di Bayreuth e consulente del governo in qualità di membro del Consiglio Etico Tedesco, ha affermato che le fosche profezie del ministro in merito al mezzo migliaio di morti al giorno in caso di riaperture sono “totalmente casuali” e senza fondamento, rincarando la dose sul fatto che “non si possono restringere i diritti fondamentali delle persone basandosi su cifre non verificate”. A fare eco a Rixen si è aggiunto Thorsten Lehr, docente di statistica all’Università della Saarland, che ha fatto notare come si potrebbe arrivare a cifre paragonabili a quelle di Lauterbach solo se si raggiungesse un tasso di incidenza di quattromila contagi ogni centomila abitanti, mentre al momento il tasso di incidenza tedesco è otto volte inferiore e la pandemia è ormai ampiamente in riflusso in tutto il Paese.

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Dalla Baviera arriva inoltre un preoccupante allarme dall’Associazione degli Psicologi Bavaresi che, nel loro ultimo studio relativo alla salute mentale dei minori, hanno reso noto che in due terzi delle classi delle scuole superiori del Land vi sono da uno a tre studenti che hanno ormai bisogno di un forte sostegno psicologico per far fronte alla pandemia, mentre in un quinto delle classi si arriva fino a sei studenti necessitanti di sostegno. Una situazione insostenibile, che nulla a che fare con la cosiddetta “DAD” ma che invece è strettamente correlata alle restrizioni e all’allarmismo dei mezzi d’informazione.

Le defezioni dei Länder

Anche sul fronte dei Länder continuano a registrarsi defezioni dal fronte chiusurista.

In Baviera, il governatore CSU Markus Söder mantiene un atteggiamento ambiguo, procedendo ad alcune timide riaperture (è stato appena abolito il pass rafforzato per i servizi alla persona) pur sostenendo gli inviti alla prudenza. Dopo Bassa Sassonia, Saarland, Baden-Württemberg e Baviera, che hanno già archiviato il green pass per i negozi ed i servizi alla persona, anche Schleswig-Holstein, Assia e Brandeburgo si sono ormai distanziati dal “protocollo Lauterbach-Wieler”, mentre Meclemburgo-Pomerania Anteriore e la città-stato di Berlino dovrebbero procedere in tal senso entro una settimana. Nei fatti, ai non vaccinati tedeschi residenti in regioni “chiuse” basta ormai spostarsi di pochi chilometri per fare acquisti regolarmente e senza alcuna limitazione.

Si può ben notare, dall’Italia, il generale caos che regna in Germania, mentre nel nostro Paese ed in Francia i lucchetti delle chiusure ed il controllo dei pass sembrano ancora ferreamente nelle mani di governi saldamente coesi e, per di più, corroborati da un sostegno ancora maggioritario da parte dell’opinione pubblica. Come già detto, a meno di improbabili terremoti a Parigi o a Roma, sarà Berlino a cedere per prima e sarà molto difficile, per l’asse Roma-Parigi, mantenere la linea dura in un’Europa ormai quasi del tutto tornata alla normalità.

Marco Malaguti
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Ricercatore del Centro Studi Machiavelli. Studioso di filosofia, si occupa da anni del tema della rivalutazione del nichilismo e della grande filosofia romantica tedesca.