di Stefano Vaj

Approfitto volentieri dell’ospitalità del Centro Studi Machiavelli, “il cui scopo è promuovere valori tradizionali e politiche di impronta conservatrice”, per commentare brevemente, anche nella mia qualità di segretario nazionale dell’Associazione Italiana Transumanisti, un recente articolo di Giulio Montanaro che tira in ballo il transumanismo stesso in rapporto a tematiche quali tecnocrazia, Grande Reset, disoccupazione di massa, capitalismo della sorveglianza, etc., rispetto a cui condivido la preoccupazione e l’ostilità dell’autore.

Non è la prima volta d’altronde che vedo il medesimo toccare l’argomento, ad esempio con riferimento alla singolarità o all’accelerazionismo. E se sui social network il riferimento al transumanismo a fini di “squalificazione per associazione” si affianca a quelli più coloriti al satanismo, alla massoneria o al “comunismo”, il fatto che la mutazione genetica subita dalla Sinistra occidentale in partito dell’oligarchia e della stagnazione rende ormai scarsamente utilizzabile quest’ultimo come strawman nella polemica contro di essa fa sì che, ad un livello più nobile, vari autori che sono poco entusiasti della realtà contemporanea e dell’accentuarsi delle sue caratteristiche negative si appuntino sul tema transumanismo quasi “parlando a nuora perché suocera intenda”.

Questo indubbiamente mi pare fare ad esempio l’amico Aleksandr Dugin, cui molto mi lega in termini di politica spicciola, ma che in alcuni interventi ho visto singolarmente e paradossalmente allinearsi a… Francis Fukuyama, il profeta dell’ultimo uomo nietzschano e della fine della storia, nel giudicare il transumanismo “l’idea più pericolosa al mondo”!

Al tempo stesso, altri contano evidentemente di suscitare nel proprio pubblico uno yuck factor, appunto per associazione, rispetto a cose che hanno ben poco a che fare con la prospettiva di una trasformazione postumana o una singolarità tecnologica, ma che invece riguardano per esempio la demenziale, ossessiva e fallimentare politica sanitaria della repubblica italiana in materia di pandemia, e la strumentalizzazione di quest’ultima a fini dell’espansione di misure di controllo sociale.

Ora, la tesi che mi permetto di sottoporre sommessamente al pubblico del Centro Studi Machiavelli è che forse questi discorsi, soprattutto dal dichiarato punto di vista del centro studi stesso, vengono fatti alla nuora sbagliata.

Mentre non ho mai avuto problemi a rivendicare da sempre una posizione identitaria e populista, a me personalmente cale poco, per non dire “per nulla”, di collocarmi all’interno di una visione assiale della politica o della filosofia definita da poli come “destra” e “sinistra”, “conservazione” e “progresso”, etc. Ma mentre è corretto notare che la (ex?) sinistra occidentale oggi, lungi dal promuovere una qualche “dittatura del proletariato”, il proletariato semplicemente lo odia, come del resto odia la piccola borghesia, e rappresenta l’espressione politica degli interessi dei poteri forti, delle burocrazie internazionali, dei circoli finanziari mondialisti, e dei lobbisti e chierici di costoro, è difficile capire in cosa il transumanismo sarebbe compromesso con le forze in questione.

La ristrutturazione della società occidentale, nel suo tentativo di diventare planetaria e di distruggere anche al proprio interno i residui di sovranità nazionale e popolare ancora in essere, converge anzi ormai dichiaratamente, ed anche a livello teorico, non certo verso lo scenario “1984” a lungo paventato, ma verso quello ancora più inquietante del “Brave New World” denunciato da Aldous Huxley, fratello del resto dell’inventore della parola “transumanismo”, in cui ogni cambiamento è per sempre e deliberatamente congelato in vista appunto della stabilità ed eternità di un ordine mondiale completamente stagnante, in cui la tecnica stessa viene pervertita per prevenire qualsiasi ulteriore trasformazione e sviluppo anche tecnologico.

Ora, in questo quadro, non esiste un singolo centro studi, circolo, autore allineato a quest’ordine di idee, a cominciare dal famoso Klaus Schwab, che si definisca transumanista. Ed ovviamente tanto meno possono essere imputati di “transumanismo”, prometeismo, tecnofilia o spirito faustiano le versioni regressive, ecologiste, umanitarie, animaliste, decrescentiste della stessa ideologia che spesso servono anche da alibi – da Greta Thunberg a Peter Singer a Serge Latouche – per i più concreti ed ahimè realistici obbiettivi della versione dominante.

Di converso, non esiste un singolo centro studi, circolo, autore che si autodefinisca transumanista che veda tale tipo di involuzione, che io stesso ho preconizzato sin dall’inizio del secolo come uno dei due futuri alternativi aperti al nostro destino, altro che come una terribile iattura, capace di togliere qualsiasi significato desiderabile alla nostra stessa presenza sul pianeta.

Nel mio ultimo libro è contenuta questa citazione:

La domanda è: l’uomo, in quanto uomo nella sua natura sinora, pronto ad assumere la signoria del pianeta? Se no, cosa deve succedere all’uomo perché egli sia capace di sottomettere la terra e rivendicare così un antico legato? Non deve l’uomo, così com’è ora, essere portato oltre se stesso per adempiere a questo compito?

E, no, la domanda non è di Schwab quando, come ricorda Montanaro, si chiede se l’uomo è “effettivamente pronto ad affrontare un tale cambiamento”, né di qualche apprendista stregone annidato nel Deep State o nei circoli mondialisti; è di… Heidegger, ed è tratta dal suo saggio sul significato dello Zarathustra di Nietzsche.

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Non a caso, l’intera cultura dominante tende simmetricamente ad attribuire a ragione o a torto radici “di destra”, per svariate accezioni del termine, al transumanismo, del resto con vivo imbarazzo di chi destra non è o non si sente. Il dito viene puntato ad esempio sulle ascendenze nietzschane apertamente rivendicate da Max More, uno dei maggiori esponenti del transumanismo americano. Viene ugualmente ricordata, e persino esagerata, l’influenza specie iniziale su tale ambiente di Ayn Rand, esule russa profetessa dell’anticomunismo, dell’opposizione allo statalismo, e dell’iniziativa privata.

L’immaginario cyberpunk, nerd, hacker, “pirate”, che pure ha contribuito alla creazione della relativa mentalità, è incentrato sull’opposizione al potere attuale, o futuro, di multinazionali monopoliste e politicanti ad esse legati, potere che viene chiaramente percepito e presentato come distopico. Nel mondo della Silicon Valley, l’unico imprenditore di spicco che si dichiara transumanista è il fondatore di “PayPal”, Peter Thiel, che… ha finanziato e sostenuto in prima persona la campagna elettorale di Trump. Il leader del (marginalissimo) “US Transhumanist Party” viene a sua volta considerato nella politica statunitense “a destra del centro”. Ciò vale doppiamente per l’accelerazionismo di Nick Land, accusato anche di prestare temi alla lunatic fringe dell’estrema destra americana, e ancora più per Jason Reza Jorjani, il cui recente Prometheism è stato pubblicato da “Arktos”, casa editrice difficilmente considerata pro-establishment nel mondo editoriale anglofono.

Tutte queste cose possono piacere o non piacere, ovviamente. Alcune non piacciono neanche a me. Ma è singolare vedere come alcuni che si autoidentificano con un tipo o un altro di destra considerino prioritario aggiungere la propria voce a quella di Jürgen Habermas o di Pietro Barcellona che già nel 2007 in L’epoca del postumano. Lezione magistrale per il compleanno di Pietro Ingrao (!) coglie l’occasione per denunciare i rapporti di Adriano Scianca con “CasaPound” e per presentare il sottoscritto come autore in odore di tendenze ancora più sulfuree. Non che dal punto di vista di personaggi con le stesse appartenenze di Barcellona le nostre idee non debbano suscitare preoccupazioni, ovviamente.

La connessione con il futurismo italiano è ovvia, ed almeno nel nostro Paese è stata fatta da tutti. Si può discutere se l’“archeofuturismo” di Faye sia di destra in tutti i sensi del termine, ma l’autore non gode certo di unanime simpatia tra i ranghi degli intellettuali di regime. Apertamente di destra si definisce invece Romain d’Aspremont, recensito da Scianca sul “Primato Nazionale”; lo stesso Scianca che abbiamo visto menzionato dal noto allievo di Ingrao e che oggi è animatore dell’iniziativa “Prometheica: Rassegna di studi sul sovrumanismo, la tecnica e l’identità europea“, in cui non vedo certo firme di frequentatori dell’Aspen Institute, della Trilateral Commission o anche solo dell’Istituto Gramsci. E quando Sigfrido Ranucci in una nota puntata di “Report” mi intervista sul transumanismo, con ovvie intenzioni ostili e di denuncia, ad intervenire con minacce sconclusionate contro il giornalista non sono né Mario Monti né Laura Boldrini né Romano Prodi, ma un militante del M5S pre-conversione antipopulista, già gestore della pagina Facebook “Transumanisti a 5 Stelle”.

Chiaramente, esistono parimenti esponenti, gruppi e correnti transumanisti che restano più legati ad autori ed esperienze tradizionalmente considerati “di sinistra” (in realtà, soprattutto a quelli completamente rinnegati dalla sinistra occidentale contemporanea); o anche più raramente alcuni che manifestano un pericoloso aperturismo ed ottimismo rispetto al sistema di potere in essere ed alla sua evoluzione futura. Cosa che comporta non da oggi la presenza di un vivace dibattito interno tra varie componenti di tale movimento. Ma il punto è che neppure tra questi troviamo alcuna sponsorizzazione o condivisione o sostegno per le derive tecnocratiche che Montanaro denuncia e che, in realtà, sono invariabilmente marcate da un anelito alla stabilità, alla normalizzazione ed alla omologazione che rappresenta l’esatto opposto dello spirito faustiano, transumanista e futurista. Tanto più che, come ben vediamo, in questo caso per “tecnici” si intende in realtà specialisti di “tecnica” finanziaria, propagandistica e burocratica, che con la tecnoscienza hanno ben poco a che fare.

Quand’anche esistessero eccezioni, lo spirito di crociata con cui viene talora in certi quartieri affrontato l’argomento, per altro senza troppo indicare quale sarebbe l’alternativa (la “vera” tecnologia essenzialmente è pericolosa… soprattutto per chi non la possiede), appare largamente ingiustificato rispetto alla disponibilità ed attenzione altre volte manifestate verso compagni di strada che per gli interessati dovrebbero risultare ben più imbarazzanti ed estranei.

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Noto professionista milanese e docente universitario. Si occupa di metapolitica dalla fine degli anni '70. Ha collaborato con varie testate, tra cui "La Padania", "L'Uomo Libero" e "La Gazzetta Ticinese".