Tecnologia e disabitudine alla complessità
La tecnologia moderna ha avuto indubbiamente un impatto positivo, per molti aspetti, sulla qualità della vita di ciascuno di noi, quantomeno nel cosiddetto mondo occidentale. Tuttavia, la sua pervasività ha iniziato, soprattutto da vent’anni a questa parte, a modificare significativamente il modo stesso con cui noi umani ci rapportiamo alla realtà.
I moderni devices ci permettono di realizzare operazioni estremamente complesse tramite gesti semplici, grazie a interfacce sempre più intuitive. Se questo, da un lato, ha velocizzato e – per l’appunto – semplificato tutta una serie di operazioni quotidiane, dall’altro ci sta disabituando alla complessità, la quale ci risulta, inevitabilmente, sempre meno familiare e sempre più difficile da gestire.
Tale processo riguarda ognuno di noi, a livelli variabili in funzione dell’età e dell’estensione del nostro ricorso alle più moderne tecnologie, e coinvolge naturalmente anche i politici e la politica stessa, che nel nuovo mondo digitale e iperconesso appare sempre più appiattita su di una comunicazione diretta, istantanea e il più possibile semplificata.
La Destra e l’invasione dell’Ucraina
È qui, a mio avviso, che va ricercata la radice profonda delle difficoltà in cui buona parte della Destra italiana sembra dibattersi quando si tratta di tematizzare, alla luce della guerra oggi in atto tra Ucraina e Russia, la propria posizione politica, presente e passata, riguardo alla Federazione Russa e al suo presidente.
Posizione che, del resto, è a mio avviso assai meno problematica di quanto possa apparire a prima vista: non vi è infatti alcuna contraddizione tra il passato apprezzamento per l’abilità di Putin nel gestire un Paese immenso e complesso, da un lato, e la condanna senza appello, dall’altro, delle gravi violazioni dei diritti umani (violazioni che tra l’altro in Russia, vorrei ricordare, non sono certo iniziate ieri). Si tratta, com’è ovvio, di due piani di realtà differenti.
Né, del resto, mi sembra vi sia motivo di scandalizzarsi se la politica italiana ha sempre avuto un occhio di riguardo per la Russia quale partner fondamentale sul piano economico, ma oggi ha scelto praticamente all’unisono di stigmatizzare la scellerata scelta di aggredire militarmente Kiev; né se, di fronte al tema delle sanzioni alla Russia, vi è qualche remora a premere sull’acceleratore, nella consapevolezza che il contraccolpo sull’economia italiana sarà durissimo.
Leggere il mondo a più dimensioni
Sono piani differenti: tanto è vero che le conclusioni tratte a ciascun livello vanno poi integrate nel quadro di una visione complessiva di ciò che sta avvenendo e dei margini di manovra disponibili. Quanto risulta innegabile che prese di posizioni nettissime e assolute (nel senso etimologico di ab-solutae, “sciolte da vincoli” col reale e la sua complessità) rischierebbero di trascinarci verso un’apocalisse umanitaria, sociale, economica e fors’anche nucleare.
Trovo pertanto pericolosa quella sorta di sclerosi cognitiva, oggi diffusissima (non solo a destra, sia chiaro), che appiattisce il pensiero su di una versione ingenua e semplicistica del principio di non contraddizione, dando l’impressione che sia andata perduta la capacità di leggere il mondo nella sua profondità e nella multidimensionalità che lo caratterizza.
Occorre, credo, tornare a valorizzare un pensiero che sappia abbracciare diversi piani di realtà: ossia, in parole povere, recuperare la capacità di gestire a livello intellettivo un certo grado di complessità; ma, poiché oggi la politica è in buona parte comunicazione, è necessario anche saper restituire al pubblico una rappresentazione a tre dimensioni della realtà stessa (sebbene in questo, va detto, i tempi sempre più rapidi dell’informazione e la struttura stessa dei social media non aiutino affatto).
Non vedo tuttavia altra via d’uscita dall’attuale impasse: in un villaggio globale sempre più interconnesso, l’incapacità di distinguere i diversi piani del reale (ontologico, etico, economico, sociale, ideale) porta a erodere progressivamente quella che Blumenberg chiamerebbe la leggibilità del mondo e costringe ad affidarsi a un situazionismo che, oltre a sconfinare facilmente nell’opportunismo, condurrà inevitabilmente, nel lungo periodo, a collassare sotto il peso delle proprie contraddizioni.
Comprendere e studiare prima d’agire
Tale difficoltà a leggere il reale è oggi assai evidente nella Sinistra americana che, incapace di valutare eventi e personaggi in una corretta prospettiva storica, ha sposato ormai convintamente quella cancel culture che vorrebbe eradicare dagli spazi pubblici e dalla memoria collettiva episodi e figure che si discostino dagli standard morali oggi prevalenti, o meglio, da standard propugnati da chi abbia interessi e forze sufficienti a presentarli come tali.
L’eco di questo revisionismo acritico è arrivata anche in Italia, dove abbiamo rischiato una ridicola damnatio memoriae di Dostoevskij (defunto 141 anni or sono) in risposta all’esecrabile invasione dell’Ucraina attualmente in corso.
Se la Destra, fortunatamente, sembra aver rigettato questa sciagurata chiave di rilettura della storia, permane tuttavia il rischio che si finisca con l’attuare un’operazione speculare, basata sulla medesima logica, ossia una riduzione della storia e della cultura a puro feticcio e cartolina per turisti, da conservare per una sorta di istinto reazionario e non perché se ne siano compresi effettivamente il valore e il significato.
Ma, ancor di più, mi preoccupa il rischio che una simile logica, applicata non al passato, ma all’attualità più stringente, conduca a pensare che crisi complesse come quella che stiamo attraversando possano essere risolte con azioni semplice e monodimensionali, cioè a colpi di tweet e frasi a effetto che inevitabilmente non sono in grado di cogliere le sfumature, le implicazioni e la vertiginosa complessità dello scontro in atto, che è economico, culturale, sociale e informativo oltre che bellico.
Mai come oggi occorre comprendere e studiare prima di agire, e uscire dall’ottica del tifoso per adottare il motto di Spinoza: non ridere, non lugere neque detestari, sed intelligere. Ne va della sopravvivenza stessa della nostra civiltà.
Ricercatore del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli, ha lavorato come consulente presso Parlamento Europeo, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Camera dei Deputati e Ministero dello Sviluppo Economico. Laureato in Filosofia all’Università Cattolica di Milano.
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