di Giuseppe Morabito

La situazione sul terreno

La Russia non ha ancora raggiunto gli obiettivi militari che si era prefissata. Il principale impiego (sforzo o direttrice in terminologia militare) era raggiungere la capitale Kiev e prenderne il controllo. Le FF.AA. russe hanno incontrato problemi non previsti per quanto riguarda la velocità di progressione in territorio ucraino; in questo momento sono quasi ferme in prossimità della città, si stanno diradando e sarebbero pronte a iniziare una attività semi-statica di accerchiamento simile ad un antico assedio. Stanno circondando la capitale lasciando aperti, per ora, un solo canale ferroviario in entrata e uscita e un corridoio umanitario in uscita verso ovest.

Ulteriori obiettivi sono stati raggiunti in altre zone del Paese, in particolare nel Sud. Si tratta della conquista di città-chiave come Mariupol (da cui dipartono molte vie di collegamento stradale, incluse soprattutto quelle verso le due repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk). Anche se manca ancora la conquista di Odessa, le forze russe stanno creando una continuità territoriale dalla Crimea al Donbass e l’obiettivo finale è controllare l’intera fascia litoranea sul Mar Nero. In tal modo bloccherebbero ogni collegamento commerciale via mare all’Ucraina e raggiungerebbero la continuità territoriale con la regione russofona della Transnistria, già presidiata da tempo da truppe di Mosca. Da alcune segnalazioni parrebbe che gli ucraini abbiano minato le acque di fronte al porto di Odessa per impedire la navigazione nell’area.

La situazione militare. Fonte: Wikipedia. Clicca sull’immagine per ingrandire

Oltre alle città, i Russi puntano a conquistare le centrali nucleari ucraine, con una quindicina di reattori in funzione, così da poter gestire l’elettricità nel Paese. Parliamo insomma dei gangli vitali dell’Ucraina il cui controllo permette di disarticolarne il sistema difensivo avversario. Inoltre, la scelta di operare su più fronti e lungo molteplici direttrici serve a mettere in difficoltà i difensori ucraini, meno numerosi, chiamati così al difficile compito di tamponare più offensive nemiche in inferiorità numerica.

Ora dobbiamo attenderci – anzi, vi siamo già arrivati – un tempo di riposo e attesa logistica, in cui i russi sostituiranno le forze in prima linea con quelle “fresche” di secondo scaglione. Si tratterà di truppe più riposate, con armi più moderne e manutenzionate, e dunque con maggiore capacità operativa. Esse andranno a confrontarsi con le forze del difensore già logorate dall’attacco del primo scaglione russo e senza possibilità di sostituzione.

L’incursione a Leopoli

Il 14 marzo è stato colpito, nei pressi di Leopoli (ovest dell’Ucraina), un compound dove, prima del conflitto, si svolgevano attività addestrative della NATO a favore del personale ucraino. All’inizio della guerra, ufficialmente, tutto il personale della NATO ha lasciato la base ed è uscito dal territorio ucraino (parrebbe che nell’attacco sia rimasto però coinvolto del personale olandese, tornato o restato sul posto).

Era logico aspettarsi un attacco russo là, dove sono addestrati i militari ucraini chiamati ad utilizzare gli equipaggiamenti attualmente inviati dalla NATO (equipaggiamenti che presumibilmente, almeno in parte, transitavano per quella stessa base/zona a 20 km dal confine polacco). L’incursione serviva a fermare e/o rallentare l’afflusso logistico e di personale da addestrare, nonché a dare un chiaro segnale che chiunque fornisca armi può essere colpito non appena entra nel territorio ucraino. Soprattutto, quanto precede palesa la capacità russa di colpire anche nelle retrovie ucraine in qualsiasi momento, incluse le aree in cui si concentra l’attività logistica di rifornimento di armi (alcune definite letali) dall’estero e di addestramento dei riservisti/mercenari in afflusso a supporto di Kiev.

La situazione nei cieli ucraini

Nelle guerre moderne, prima di avviare qualsiasi operazione terrestre bisogna raggiungere la superiorità aerea – ossia il controllo dello spazio aereo nell’area di combattimento. Malgrado le asserzioni di alcuni analisti, la Russia ha conseguito la superiorità aerea in Ucraina: altrimenti non si spiegherebbe, del resto, la continua richiesta ucraina per una no-fly zone. Prima di cominciare le operazioni terrestri le forze aeree russe hanno completamente distrutto (o per lo meno ridotto in condizione di completa inferiorità) il sistema di comando e controllo della difesa aerea e le basi dell’aeronautica ucraina coi relativi velivoli sul posto. In questo momento sull’Ucraina volano soltanto aerei russi.

Permangono ovviamente delle problematiche per i Russi. Quando i loro aerei scendono a bassa quota per supportare la fanteria, per essere più precisi nei bombardamenti di close-air support (CAS), si trovano a fronteggiare i missili Stinger o similari, capaci di colpire e abbattere i cacciabombardieri russi. Questi ultimi stanno utilizzando bombe che vengono lanciate da media o bassa quota, esponendoli al pericolo degli appena citati MANPADS (missili antiaerei a corto raggio, trasportabili a spalla e il cui addestramento all’uso dura poche ore). Non c’è però battaglia aerea tra i caccia (MIG) delle due parti.

Nella loro campagna di bombardamento i Russi stanno scientemente mantenendo intatte le infrastrutture ucraine. Le più importati distruzioni (ponti in particolare) sembrerebbe siano state effettuate a fini difensivi dagli Ucraini. Le forze russe non hanno lasciato al buio il Paese, non hanno distrutto i ripetitori telefonici e neppure tagliato i cavi della fibra ottica su cui viaggia la massa dei collegamenti Internet. Plausibilmente i Russi, in una prima fase, hanno sacrificato le esigenze di una (ipotetica) guerra-lampo alla volontà di conquistare un Paese il più possibile intatto nelle infrastrutture vitali. Nei primissimi giorni hanno privilegiato attacchi cibernetici, disabilitanti, a quelli cinetici, distruttivi.

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Gli Ucraini dispongono dei droni turchi TB2, già impiegati nella guerra azero-armena o in Libia. Si tratta di mezzi sofisticati dalla grande capacità distruttiva, che possono distruggere mezzi a terra, colonne o carri isolati. Non sappiamo però quanti siano, quali siano le capacità ucraine d’impiegarle e quali le loro future possibilità logistiche. Di certo non sono moltissimi i TB2 a disposizione degli Ucraini e richiedono un certo know-how per essere impiegati. Non si può escludere che siano presenti esperti turchi sul territorio ucraino. Se Ankara dovesse aver invece deciso di ritirare i propri esperti e tecnici all’inizio delle ostilità, è possibile che gli Ucraini, trovatisi soli ad operare questi mezzi, non li stiano utilizzando al massimo delle possibilità. Va infine considerato che, quando rientrano alla base dopo un’attività, i TB2 possono essere tracciati dai Russi: più vengono utilizzati, maggiori sono le chances che siano individuati. Hanno inoltre bisogno di spazi per la manutenzione, il rifornimento di armi e carburante. Più passa il tempo più si riduce la loro capacità operativa.

Analisi

Su un piano meramente tattico, non c’è possibilità per gli Ucraini di invertire le sorti del conflitto in campo aperto (per essere chiari: lo stesso non vale in area urbanizzata). Tuttavia, stante la determinazione mostrata da un fiero popolo di 40 milioni di persone, dove gli uomini abili non sono “fuggiti dalla guerra”, c’è la possibilità che le difese possano resistere a lungo nelle aree urbanizzate, infliggendo tali perdite ai Russi da esaurirne la capacità di progressione. Lo squilibrio di forze è però tale da inficiare le possibilità di difesa a lungo termine: i Russi stanno inviando sul terreno nuovi mezzi, più moderni, e nuove forze, ritirate anche da altri territori – sebbene si segnalano possibili difficoltà di rifornimento logistico e sostituzione delle truppe di prima linea. In tal senso l’impegno europeo, che da un lato sostiene gli Ucraini e dall’altro indebolisce la Russia con le sanzioni, può offrire a Kiev qualche chances di conseguire una pace negoziale favorevole prima che crollino del tutto le sue difese. Le trattative proseguono costantemente, anche online, e c’è un grosso impegno da parte di Israele (che ospita una numerosa diaspora russa ma ha un rapporto col Presidente Zelensky favorito dalla religione ebraica di quest’ultimo).

Effetto domino: attenzione al Nord Africa e al Medio Oriente

Ogni guerra produce un effetto domino: si pensi all’ascesa dei prezzi degli idrocarburi. Va considerata la ripercussione sul Nordafrica e il Medio Oriente del venir meno delle forniture di grano dall’Ucraina. L’Europa ha un sistema capace di assorbire lo choc e compensare la carenza, i Paesi del Nordafrica no. La regione non potrebbe reggere un raddoppio (che è il minimo ipotizzabile) del costo del grano e si verificherebbe una crisi alimentare. Ciò costituirà una leva per la Russia, una volta che avrà occupato la costa del Mar Nero. L’Europa, che ha maggiori capacità d’acquisto, cercherà di accaparrarsi quanto rimane del grano ucraino quando ripartiranno produzione ed esportazione. La Turchia sfrutterà il passaggio dai Dardanelli per ottenere grano o ricchi dazi. Conseguentemente , i Paesi del Nordafrica avranno difficoltà ad approvvigionarsi. Una difficoltà palese di assicurare un sufficiente e non costoso livello alimentare in Nord Africa può provocare rivolte, instabilità interna ed essere la miccia di una nuova ondata di migrazione clandestina verso l’Europa, che si andrebbe a sommare ai profughi dall’Ucraina.

Bisogna infine considerare il bisogno di ricostruzione dell’Ucraina dopo la fine della guerra. Parliamo di un Paese di 40 milioni di abitanti, urbanizzato e moderno. I costi saranno enormi e peseranno probabilmente sull’Europa, i cui cittadini saranno chiamati a pagare una “sovratassa” per la ricostruzione dell’Ucraina.

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Senior Fellow del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Generale di Brigata (aus.) dell'Esercito Italiano, membro del Direttorato della NATO Defence College Foundation. Per anni direttore della Middle East Faculty all'interno del NATO Defence College.