di Nicola De Felice

Prima di suggerire come indirizzare gli impegni finanziari della Difesa italiana prospettati al 2% del PIL, ritengo indispensabile esporre quali sono le minacce che sfidano l’Italia.

Cosa minaccia l’Italia

Alcune peculiarità della crisi ucraina e il quadro geostrategico italiano sono subordinati alle dinamiche dei rapporti tra le maggiori Potenze con interessi mondiali, che continuano a contribuire alle cause delle crisi. È di tutta evidenza che, se il conflitto russo-ucraino è da annoverare tra i conflitti simmetrici ad alta intensità, parallelamente è in atto uno scenario da “guerra fredda” tra gli Stati dell’Alleanza Atlantica e la Federazione Russa. Difatti, la globalizzazione delle relazioni – sostenuta dalla tecnologia – costituisce un rilevante fattore di accelerazione dell’evolversi delle instabilità, estendendo il concetto di area di crisi, inglobando nuove dimensioni quale l’ambiente cibernetico, il mediatico e dei social.

Potenze agguerrite e spregiudicate quali la Turchia e la Russia (ma anche la Francia con le sue velleità d’oltremare) scorrazzano nel Mediterraneo a causa della nostra assenza militare e diplomatica, minando alla base lo sviluppo commerciale del popolo italiano. L’acquisizione delle risorse energetiche e la loro distribuzione attraverso le linee strategiche di comunicazione condizionano, in maniera significativa, gli interessi vitali dell’Italia, Stato energivoro per eccellenza. È, dunque, facile comprendere come il garantire un adeguato livello di sicurezza energetica costituisca un elemento di criticità che richiede la diversificazione delle sorgenti e delle fonti di approvvigionamento, la protezione delle linee marittime (l’80% delle materie prime arriva via mare), delle infrastrutture critiche strategiche e lo sviluppo di tecnologie ad elevata efficienza energetica.

Stati non in grado di garantire la propria stabilità interna generano flussi migratori clandestini che impattano negativamente sulla stabilità e sulla sicurezza delle nazioni di transito e di destinazione finale – come l’Italia – anche per le strette connessioni con i traffici illeciti, le attività terroristiche e il contrabbando di droga e armi.

Inoltre, il proliferare di attori non statuali con forti radici etniche (in Libia, in Algeria, nei Balcani, ma anche in Corsica ed in Spagna) e di compagnie militari private (i contractors di nazionalità varia, le russe “Wagner” e “Slavonic Corps” operanti in Africa e nel Medio Oriente, gli ex foreign fighter tunisini in Libia), entrambi con una scarsa propensione a essere sottoposti all’Autorità governativa locale, contrassegnano con crisi continue le aree vicine all’Italia, minando l’auspicato processo di stabilità.

Gruppi multinazionali con enormi potenzialità incidono sui mercati finanziari mondiali in forme speculative, fino al punto di alterare l’economia degli Stati, generando disordine e caos (nel 1992 la lira italiana fu pesantemente svalutata a causa di una speculazione finanziaria del miliardario George Soros tramite il suo fondo “Quantum”).

L’ambiente cibernetico è un fattore di vulnerabilità se non adeguatamente protetto: entità terroristiche ideologizzate, criminalità organizzate transnazionali ed attori statuali sfruttano le potenzialità negative cyber e costituiscono una minaccia da contrastare con operazioni militari cibernetiche.

La proliferazione di ordigni esplosivi, di facile accesso ed a basso costo, costituiscono una minaccia costante nelle mani di gruppi eversivi, Stati totalitari o soggetti mitomani.

Linee di indirizzo strategico-militare

Detto questo, linee d’indirizzo strategico-militare devono guidare la spesa militare. Ritengo sia conditio sine qua non porre l’accento sul ruolo preminente del Mediterraneo nell’economia, nella prosperità e nella sicurezza della Nazione. I principali focolai di crisi sono – de facto – concentrati lungo il cosiddetto arco delle instabilità, dall’Africa occidentale ai Paesi dell’Asia centrale.

Bisogna proporre e sostenere dunque la definizione di una chiara strategia marittima autonoma della Nazione, inserita nella NATO e nell’UE, con un focus specifico non solo verso i Paesi produttori di materie energetiche, ma anche verso Stati di origine e di transito dei flussi migratori irregolari, proprio per le strette connessioni che sussistono con i traffici illeciti ed il relativo impatto sociale ed umanitario che ne discende.

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Occorre esigere dagli Alleati maggiore scambio di intelligence su alcuni punti cardine, l’attuazione di programmi di ricostruzione capacitiva dei vari Stati della sponda sud del Mediterraneo, adattando le offerte alle peculiarità di ciascun Paese, anche – quando necessario – con missioni di stabilizzazione e ricostruzione a guida italiana.

L’Italia deve farsi promotrice di un’ampia proposta politico-strategica nell’UE, armonizzando con i programmi di cooperazione della NATO, perseguendo la realizzazione di un’efficace politica estera e di difesa dell’UE, ricercando un raccordo strutturato tra politica interna ed estera, tra componente militare e civile. Sia l’Italia a farsi promotrice di una concreta sinergia tra la NATO e l’UE attraverso il potenziamento reciproco, ossia lo sviluppo di capacità belliche condivise, comuni ad entrambe le organizzazioni alle quali si possa attingere nel pieno rispetto delle reciproche autonomie decisionali. L’Italia si ponga come partner affidabile e determinante in Europa, trasformando l’asse franco-tedesco in uno strategico triangolo equilatero tra Roma, Parigi e Berlino, evidenziando la natura marittima italiana.

Italia potenza regionale

Il fenomeno migratorio è la punta dell’iceberg di un’instabilità senza precedenti che affligge gran parte dell’Africa e del Medio Oriente. La risposta a tutto ciò deve essere ricercata attraverso un’adeguata combinazione di cinque aspetti necessariamente interconnessi:

  • Sicurezza delle frontiere
  • Sicurezza marittima
  • Tutela degli interessi nazionali
  • Deterrenza e contrasto degli atti illeciti internazionali
  • Lotta al terrorismo e alla pirateria.

Nel Mediterraneo occorre puntare all’egemonia di Potenza regionale attraverso la lotta al traffico di armi di distruzione di massa, alla tratta di esseri umani (anche impedendo alle navi ONG di fungere da pull factor), al traffico di stupefacenti, all’inquinamento deliberato, alla minaccia all’integrità di cavi e condotte sottomarine, allo sfruttamento illecito di risorse marine inclusa la pesca; ma anche attraverso il sostegno ai nostri pescatori nella loro legittima attività in acque internazionali. L’Italia deve assicurare le misure preventive dirette a proteggere il trasporto marittimo nazionale e gli ambiti portuali da azioni illecite intenzionali. L’Italia spinga l’ONU a gestire l’emergenza umanitaria adottando politiche di screening per i requisiti di rifugiato e per la concessione di asilo politico, attraverso la costituzione in Africa di campi di assistenza per migranti/profughi con basi legali e cornice di sicurezza.

In definitiva, alla luce proprio dei conflitti in Libia, in Siria e in Ucraina, la società italiana si convinca finalmente della necessità di possedere una competente e credibile componente militare in grado di svolgere opportuna deterrenza e, quando necessario, compiti significativi e prolungati non solo in confronti asimmetrici ad alta intensità, ma anche in nuovi scenari di tipo simmetrico tra Stati.

Senior Fellow del Centro Studi Machiavelli. Ammiraglio di divisione (ris.), già comandante di cacciatorpediniere e fregate, ha svolto importanti incarichi diplomatici, finanziari, tecnici e strategici per gli Stati Maggiori della Difesa e della Marina Militare, sia in Patria sia all’estero, in mare e a terra, perseguendo l'applicazione di capacità tese a rendere efficace la politica di difesa e di sicurezza italiana.