di Fabio Bozzo
Tutti noi a scuola abbiamo studiato (in attesa che la cancel culture lo proibisca) l’antica Grecia, culla della Civiltà occidentale. Quando si dice Grecia i primi due nomi che vengono in mente sono Atene e Sparta: una mercantile, fondatrice del concetto di democrazia e spregiudicata in politica estera; l’altra oligarchica, militarista ed alla ricerca di un impossibile isolazionismo.
Il sistema castale tra India e Grecia
La caratteristica più unica che rara di Sparta era però la sua divisione gerarchica interna, derivante da fatto che la città nel Peloponneso fu l’unico posto in Europa in cui gli indoeuropei instaurarono un sistema di caste su base etnica, similmente a quanto fatto dai loro cugini arii che invasero il subcontinente indiano. Il fatto che in India il sistema castale sia divenuto parte dell’identità stessa del Paese non deve stupire: in ogni epoca ed in ogni luogo, quando due etnie molto differenti si scontrano e si sovrappongono, quella vincente, specie se numericamente minoritaria, tende a creare delle barriere che evitino il proprio assorbimento demografico nella massa sottomessa.
Ciò è esattamente quello che successe in India, dove il ramo orientale degli arii, d’etnia bianca, si incontrò/scontrò con le popolazioni dravidiche, le quali invece erano assai più scure e culturalmente molto differenti. In Grecia, invece, la migrazione dorica che contribuì al crollo della Civiltà Micenea andò a scontrarsi/sovrapporsi con popolazioni molto più simili, ossia gli altrettanto indoeuropei greci micenei, o con i resti dei pelasgi antecedenti ai micenei stessi. Questa sostanziale similitudine etnica fece sì che, dopo l’iniziale conquista violenta, le varie popolazioni si mescolassero e dessero il via a quel trionfo ineguagliato che fu la Civiltà greca. L’eccezione fu appunto Sparta.
Schiavismo ed egualitarismo a Sparta
Per motivi complessi, che esulano dal presente testo, i Dori che occuparono la Laconia istituirono un regime di caste, diviso nella più classica delle ripartizioni politico-sociali: gli spartiati (la classe dominante) aveva il monopolio del potere istituzionale e della guerra; i perieci (di incerta origine) erano liberi ma privi di diritti politici e si dedicavano al commercio; gli iloti (discendenti delle popolazioni sconfitte e sottomesse) erano infine una sorta di servi della gleba di proprietà statale.
Con Stato, Sparta identificava la comunità dominante degli spartiati. Ed è qui, infatti, che sorge la grande contraddizione della città lacedemone, che mentre attuava una segregazione razziale ante litteram manteneva, all’interno dell’etnia dominante, una democrazia assai più completa e paritaria della stessa Atene. Questo perché, per mantenere un regime così particolare, gli spartiati furono costretti a trasformarsi in una casta militare dalla culla alla tomba, che al suo interno fortificava la propria coesione attraverso l’uguaglianza e la meritocrazia. Al tempo stesso i soldati per nascita che dominavano lo Stato spartano condussero sempre, con pochissime eccezioni, una politica estera pacifista: l’equilibro interno era talmente fragile che ogni scossone esterno avrebbe messo a repentaglio la supremazia della casta dominante.
Sparta-Israele: analogie e differenze
Oggi vi è uno Stato che, con un’iperbole un po’ impegnativa, offre delle interessanti analogie con l’antica Sparta. Questo Stato è Israele. Vediamo quali sono le suddette analogie, cercando di presentarle in un parallelo ordine cronologico.
Così come la Sparta post-micenea venne creata da una massiccia migrazione dorica, la nuova Israele nacque grazie a circa cinquant’anni di trasferimenti ebraici in loco. Entrambi gli spostamenti di popoli furono effetto di due immani stravolgimenti geopolitici: il Medioevo ellenico e la Seconda Guerra Mondiale. Sia i Dori sia gli Ebrei dovettero combattere, i primi per conquistare i nuovi insediamenti, i secondi per riprendersi la patria ancestrale.
Una volta stabilizzata la situazione gli spartiati crearono il loro sistema diviso in caste, mentre gli israeliani garantirono pari diritti anche alla popolazione musulmana, impedendo al contempo il ritorno degli arabi fuggiti nel 1948: questo perché un tale ritorno in massa significherebbe, sic et simpliciter, la fine di Israele attraverso la sua distruzione demografica.
Circondata da nemici e con un fragile equilibrio interno, Sparta trasformò la casta dominante in un’élite guerriera collettiva. In modo similare Israele nasce e si sviluppa come nazione in armi, in grado di effettuare una mobilitazione di massa in brevissimo tempo. In entrambi i popoli la fratellanza d’armi ha contribuito a cementare l’uguaglianza e la democrazia interna (interna alla casta suprema quella spartana, più collettiva quella israeliana).
Infine, ultimo ma non per ultimo, sia la nazione antica sia quella moderna si sono trovate a dover essere una delle punte di lancia nell’eterno conflitto tra la Civiltà occidentale e le masse autocratiche orientali. Che queste masse prima si identificassero con un Dio-Re assoluto ed oggi con una religione che reclama il dominio mondiale e rifiuta i concetti stessi di libertà e democrazia poco cambia: la geopolitica è figlia tanto della geografica quanto dell’antropologia, pertanto i nemici dell’Occidente restano sostanzialmente gli stessi, così come il contenuto di una bottiglia non muta anche se a questa viene cambiata l’etichetta.
Con tale nostro brevissimo viaggio storico-geopolitico abbiamo analizzato alcune curiose similitudini tra due realtà statuali che apparentemente non potrebbero sembrare più diverse: l’antica Sparta e l’Israele contemporanea. Molti troveranno questo parallelo accademico, se non addirittura opportunistico. Resta tuttavia innegabile che, a modo suo, l’odierno Stato ebraico abbia delle analogie con la patria che fu di Leonida.
Un motivo in più, per ogni occidentale, di difenderlo a spada tratta.
Laureato in Storia con indirizzo moderno e contemporaneo presso l'Università di Genova. Saggista, è autore di Ucraina in fiamme. Le radici di una crisi annunciata (2016), Dal Regno Unito alla Brexit (2017), Scosse d'assestamento. "Piccoli" conflitti dopo la Grande Guerra (2020) e Da Pontida a Roma. Storia della Lega (2020, con prefazione di Matteo Salvini).
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