di Marco Malaguti

A oltre due mesi dallo scoppio della guerra in Ucraina, con la pace che ormai appare come un miraggio sempre più lontano, Berlino deve cominciare a gettare le basi del suo ambizioso programma di riarmo, ossia il raggiungimento della soglia di quel 2% del PIL a lungo richiesto dalla NATO e dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Tra mille tentennamenti alla fine Scholz ha capitolato, destinando come budget annuale per la difesa della Repubblica Federale ben cento miliardi euro. Si tratta di una cifra ragguardevole che collocherà la Germania al rango di terza maggior stanziatore mondiale di fondi per la difesa, dietro a Stati Uniti (801 miliardi di dollari) e Cina (293 miliardi), piazzandosi davanti a India (76,6 mld), Gran Bretagna (68,4 mld), Russia (65,9 mld), Francia (56,6 mld) e Giappone (54,1 mld).

Ma se questo è il budget quale sarà invece la lista della spesa dei generali e degli ammiragli tedeschi? Non c’è ancora nulla di sicuro, ma qualcosa è già trapelato. Se ne è occupato il quotidiano di Düsseldorf “Handelsblatt”, voce informale della grande industria tedesca, equivalente al nostro “Sole 24 Ore”.

Un ombrello antimissile

Le prime voci in lista prevedono innanzitutto un nuovo scudo antimissile per la Bundesrepublik. A questo scopo sono già stati intessuti contatti con Israele per l’acquisizione dello scudo antimissile Iron Dome dotato di equipaggiamento missilistico “Arrow 3”.

La tecnologia israelo-americana di Arrow 3 permetterebbe alla Germania, secondo gli sviluppatori, di allestire un buon ombrello di protezione sullo spazio aereo del Paese, con la possibilità teorica di mettere fuori combattimento vettori ostili in tempi molto rapidi. Arrow 3, in particolare, può distruggere in volo missili balistici (armati sia convenzionalmente sia con testate nucleari) a soli trenta secondi dal lancio, arrivando a colpire fino a centomila metri di altitudine nell’atmosfera.

Basato, come l’Iron Dome dello Stato Ebraico, prevalentemente a terra, i missili Arrow 3 potranno però essere imbarcati dalla Deutsche Marine, fornendo alla Germania (e alle sue forze armate) una protezione più flessibile contro gli attacchi missilistici, in particolare quelli provenienti dall’enclave russa di Kaliningrad e dalla flotta russa del Baltico, al momento la minaccia più diretta alle forze armate della Germania.

Proteggere il Baltico

In vista di tale minaccia anche la marina militare tedesca è destinata ad aumentare i suoi effettivi. Quasi certa è la messa in cantiere, oltre che di due nuovi sottomarini del tipo U212, di cinque nuove corvette di produzione nazionale classe “Braunschweig”, che andrebbero ad aggiungersi alle cinque attualmente in servizio (dal 2013) ed alle ulteriori cinque attualmente in costruzione nei cantieri navali di Amburgo, Brema e Kiel, portando il totale a quindici.

Lunghe novanta metri e con 1840 tonnellate di dislocamento, le nuove corvette tedesche rappresentano il fiore all’occhiello della pur piccola marina da guerra di Berlino. L’armamento missilistico dei nuovi battelli è costituito da quattro batterie di missili antinave svedesi RBS-15 Saab-Bofors che all’occorrenza possono ingaggiare anche bersagli lungo le coste, colpendo obbiettivi fino a duecento chilometri di distanza dal luogo di lancio, cui si aggiungerebbero ulteriori due batterie di missili antinave tedesco-americani RIM-116, sistemi a corto raggio con una gittata massima di circa nove chilometri.

Il nuovo programma di riarmo della marina, così concepito, aumenterebbe sensibilmente la capacità della NATO di infliggere perdite alla flotta russa del Baltico, specialmente se a ciò si aggiungessero le flotte di Paesi attualmente neutrali come la Finlandia e la ben armata Svezia.

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L’aviazione, dal canto suo, non resterebbe a guardare, e si preparerebbe ad accogliere ulteriori cinquanta caccia, molto probabilmente tutti Lockheed Martin F35 di produzione statunitense. A questi si dovrebbero aggiungere almeno sessanta nuovi elicotteri pesanti Boeing-Leonardo CH-47 Chinook, da consegnare con procedura d’urgenza a Berlino entro il 2025.

Un esercito da rifondare

Per quanto riguarda la componente terrestre della Bundeswehr rimangono invece ancora diversi nodi da sciogliere. Ciò che però è già certo è che sono in arrivo almeno 350 nuovi mezzi di combattimento da fanteria “Puma” prodotti dalla Krauss-Maffei Wegmann di Monaco (da non confondersi con gli omonimi mezzi corazzati italiani da trasporto truppe, prodotti invece da Iveco-Fiat).

Il Puma, corazzato leggero di produzione nazionale, andrà a rimpiazzare gli ormai decrepiti Marder IFV, in servizio dalla fine degli anni Sessanta, che verranno invece girati all’esercito di Kiev come “contributo” alla resistenza contro l’invasione di Vladimir Putin.

Massimo riserbo invece sui carri pesanti, dei quali ancora nulla è dato sapere; ma è certo che, se la Germania vorrà rendersi più protetta contro il blocco russo-bielorusso, sforzi e sacrifici dovranno essere portati avanti anche in questo settore. Il parco carri di Berlino è infatti, oltre che vetusto, assolutamente insufficiente.

Secondo gli ultimi dati la Germania avrebbe in servizio circa 255 carri armati (principalmente Leopard 2, di produzione nazionale), ma solo una piccola parte sarebbe effettivamente in grado di combattere. A fine 2017, soltanto 95 Leopard su 244 erano utilizzabili, e la situazione non sembra essere migliorata da allora. A fronte di ciò occorre anche fare un confronto con le forze di altri Paesi alla vigilia dello scoppio delle ostilità in Ucraina: la Federazione Russa disponeva di 12.420 carri armati, la Turchia 3022, l’Ucraina 2596, la Grecia 1243, la Polonia 863, la Bielorussia 601, la Francia 406. Emerge quindi come la Bundeswehr sia pesantemente carente per quanto riguarda la componente corazzata delle sue forze, una carenza grave per un Paese che, come quello teutonico, in caso di aggressione si ritroverebbe ad affrontare il nemico prevalentemente sulla terraferma.

Basteranno 100 miliardi?

Una situazione, quella dei carri pesanti tedeschi, che vale anche in altri campi, a cominciare dagli elicotteri, dei quali soltanto la metà potrebbe al momento essere operativa, per proseguire con gli otto sottomarini u212 (nessuno in grado di prendere il mare a fine 2018) e le munizioni, sufficienti, in caso di guerra, soltanto per pochi giorni.

A fronte di tutte queste spese, i cento miliardi stanziati da Scholz e dal ministro della difesa Christine Lambrecht potrebbero essere addirittura insufficienti: le forze armate tedesche, più che di un aumento di fondi, sembrano avere bisogno di una vera e propria rifondazione, un segno definitivo che il benessere dei cittadini della Repubblica Federale non sarà più gratuito.

Marco Malaguti
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Ricercatore del Centro Studi Machiavelli. Studioso di filosofia, si occupa da anni del tema della rivalutazione del nichilismo e della grande filosofia romantica tedesca.